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Fattori di rischio per sanguinamento durante terapia anticoagulante per fibrillazione atriale
Inserito il 14 gennaio 2009 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Gli eventi emorragici risultano simili tra i pazienti anziani e quelli più giovani in termini di gravità, insorgenza, sede anatomica dell’emorragia e valori di INR durante l’evento, ma l'assunzione di molti farmaci è un fattore di rischio negli anziani.

La fibrillazione atriale non valvolare (NVAF) rappresenta la più comune aritmia cardiaca nel mondo. La prevalenza della fibrillazione atriale aumenta con l’età, colpendo circa il 5% dei soggetti >65 anni e quasi il 10% dei pazienti >80 anni. La fibrillazione atriale incrementa di 5 volte il rischio di stroke, mentre la terapia anticoagulante con warfarin lo riduce di 2/3.
I maggiori benefici derivanti dal trattamento con warfarin sono stati osservati nei pazienti a più alto rischio di trombosi (>75 anni o nei soggetti di qualunque età con storia di ipertensione, ridotta funzionalità ventricolare sinistra, diabete mellito, stroke o attacco ischemico transitorio). Ciononostante, a causa del rischio di complicanze emorragiche, i medici appaiono spesso riluttanti a prescrivere la terapia anticoagulante, soprattutto ai pazienti anziani.
Alla luce di tali premesse, l’obiettivo di questo studio, osservazionale di tipo prospettico, era identificare i fattori di rischio per sanguinamento durante il trattamento con warfarin per NVAF in pazienti anziani (=75 anni) rispetto a soggetti più giovani (<75 anni). La descrizione completa dei metodi è stata pubblicata in precedenza nello studio principale (Abdelhafiz AH et al. Clin Ther 2004; 26: 1470-8; Abdelhafiz AH et al. Am J Geriatr Pharmacother 2003;1: 53-60).

Nello studio sono stati inclusi tutti i pazienti con una nuova diagnosi di NVAF, sottoposti a trattamento con warfarin per un periodo di 21 mesi in un grande ospedale universitario di Sheffield nel Regno Unito. I pazienti sono stati divisi in 2 gruppi di età (<75 anni e =75 anni) ed intervistati durante la prima visita, nell’ambito della quale hanno anche rilasciato un consenso informato verbale; per ogni singolo paziente sono state altresì raccolte informazioni su età, sesso, storia medica e terapia farmacologica. Successivamente, tramite intervista telefonica, sono stati ricavati, ogni 4-6 settimane, i dati relativi agli eventi emorragici (sia maggiori che minori) per un periodo compreso tra 1 e 31 mesi (media 19 mesi DS; 8,1 mesi). Un evento emorragico maggiore è stato definito come un’emorragia che ha causato il ricovero ospedaliero o una procedura di emergenza (come gastroscopia, colonscopia o broncoscopia d’emergenza) e/o una trasfusione ematica. Tutte le altre emorragie senza conseguenze mediche sono state considerate eventi emorragici minori.
I valori di INR, ottenuti tramite l’aggiustamento della dose di warfarin, sono risultati compresi tra 2.0 e 3.0.
L’identificazione dei fattori di rischio per emorragia è stata effettuata mediante analisi di regressione logistica.
In totale, 402 pazienti sono stati inclusi nello studio: 203 pazienti di età <75 anni (età media 64,3 anni) nel primo gruppo, 199 pazienti di età =75 anni (età media 80,4 anni) nel secondo. Rispetto al gruppo dei pazienti più giovani, il braccio dei soggetti anziani comprendeva un numero significativamente maggiore di donne, un’incidenza maggiore di patologie tromboemboliche sistemiche e di stroke cerebrovascolari sistemici. La fibrillazione atriale parossistica era invece più frequente nel gruppo dei pazienti più giovani.
Durante il follow up, gli eventi emorragici osservati nei 2 gruppi sono risultati sovrapponibili. Episodi minori di sanguinamento sono stati osservati in 47 pazienti anziani e in 42 soggetti più giovani, per un totale di 107 episodi. Le emorragie maggiori si sono manifestate in 6 pazienti anziani (3%) e in 5 pazienti più giovani (3%) per un totale di 11 episodi. I valori medi di INR e la frequenza delle misurazioni dell’INR sono risultati sovrapponibili tra i 2 gruppi.
Nel gruppo degli anziani sono stati osservati 14 decessi (7%) rispetto agli 8 (4%) del gruppo dei più giovani. Nessun decesso correlato ad eventi emorragici è stato osservato in entrambi i gruppi.

Dei 14 potenziali fattori di rischio esaminati, 8 (età, sesso, INR medio, frequenza delle misurazioni dell’INR, diabete mellito, stroke ischemico, insufficenza cardiaca congestizia e patologie vascolari periferiche) non hanno evidenziato alcun effetto significativo nei confronti sia delle emorragie maggiori che di quelle minori in entrambi i gruppi.
Delle restanti variabili, il numero di farmaci utilizzati è risultato un fattore di rischio significativo per i pazienti anziani. In particolare, per ogni incremento nel numero di farmaci assunti l’OR per le emorragie maggiori è aumentato di 3 volte (1,2-7,8; p=0,02), mentre il range di INR è risultato significativo per entrambi i gruppi. Per ogni incremento di 1 unità nei valori di INR, l’OR per le emorragie maggiori è aumentato di 0,6 (OR 1,6, 1,2-2,4; p=0,03) nei pazienti più giovani e di 0,4 (OR 1,4, 1,07-1,9; p=0,04) in quelli anziani
Nel gruppo dei pazienti anziani, la storia di ipertensione è risultata il solo fattore di rischio significativo per le emorragie minori (OR 3,3, 1,3-8,1; p=0,01), mentre la storia medica di malattia ischemica cardiaca è stato l’unico fattore di rischio per i pazienti più giovani (OR 1,9, 1,1-5,4; p=0,04).


Lo studio dimostra che gli eventi emorragici risultano simili tra i pazienti anziani e quelli più giovani in termini di gravità, insorgenza, sede anatomica dell’emorragia e valori di INR durante l’evento. Lo studio sottolinea inoltre la possibilità di un basso rischio emorragico per i pazienti che vengano seguiti in setting clinici specializzati per terapie anticoagulanti.

Inoltre, sebbene il numero di farmaci assunti dai pazienti sia risultato simile tra i 2 gruppi, la politerapia si è dimostrata un fattore di rischio significativo per le emorragie maggiori soltanto nei pazienti anziani, suggerendo una maggiore predisposizione degli stessi allo sviluppo di complicanze, probabilmente a causa di una ridotta clearance metabolica.
In definitiva, i pazienti anziani, pur evidenziando una maggiore sensibilità al trattamento con warfarin, non necessitano di un controllo più rigido rispetto a quelli più giovani.
Un importante limite dello studio è stato il bias di selezione che comunque rappresenta un errore peculiare degli studi osservazionali, nei quali la scelta di un trattamento si basa sull’opinione di medici e pazienti. Un altro importante limite è costituito dal numero limitato di eventi emorragici che ha ridotto la capacità di identificare i fattori predittivi di emorragie maggiori o minori. Infine, nello studio non si è tenuto conto di altri fattori di rischio per emorragia durante terapia con warfarin (quali storia di emorragie gastrointestinali, anemia, insufficienza renale, tumori, storia di abuso d’alcol o di sostanze stupefacenti e terapia antiaggregante) che in altri studi hanno dimostrato di essere importanti.

Dottor Alessandro Oteri

Riferimento bibliografico

Abdelhafiz AH, Wheeldon NM. Risk factors for bleeding during anticoagulation of atrial fibrillation in older and younger patients in clinical practice. Am J Geriatr Pharmacother. 2008;6:1-11.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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