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I farmaci sono sicuri? il caso delle eparine
Inserito il 08 gennaio 2009 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nessun farmaco è totalmente sicuro per nessun paziente e l’autorizzazione alla commercializzazione non deve essere interpretata come un segnale di assenza assoluta di rischio.

Il problema della sicurezza dei farmaci è tornato alla ribalta in queste ultime settimane, quando è stato reso noto che la Baxter International ha ritirato tutta la produzione di determinati lotti di eparina dopo che centinaia di pazienti hanno manifestato reazioni allergiche ed almeno 19 sono deceduti (l’FDA ha riportato addirittura 62 decessi).
L’FDA ne ha identificato la causa nella contaminazione dei lotti con un prodotto alimentare che mima l’attività dell’eparina quando testato. L’impurezza è stata introdotta in uno stabilimento cinese prima che esportasse il prodotto alla Baxter, la quale confeziona il prodotto finito.

Il contaminante è il condroitin solfato supersolfato, la cui struttura chimica, che contiene delle ripetizioni di disaccaride tetrasolfato, è particolarmente inusuale. Prima di tutto la presenza di un acido glucuronico 3-O-solfato è rara, osservata solo in specifici contesti di alcuni organismi. Inoltre, il disaccaride tetrasolfato ripetuto non è stato isolato in alcun tessuto animale.
I condroitin solfato A e C sono espressi dalle cellule umane ed in genere non evocano alcun tipo di risposta immunologica. I polisaccaridi con elevato grado di solfatazione invece, come il condroitin supersolfato, si sono dimostrati potenti mediatori della risposta immunologica. Inoltre, è stato dimostrato come il condroitin solfato supersolfato ha un’elevata attività di anti-fattore IIa, il che può spiegare come la sua presenza sia potuta passare inosservata ai test di coaugulazione su sangue intero e possa determinare un aumento degli effetti collaterali.

Questo tipo di problemi dovrebbero essere in teoria prevenuti dall’FDA stessa, che ispeziona gli stabilimenti stranieri produttori di componenti chimici e farmacologici destinati al mercato statunitense. Le ispezioni sono continue, ma dati preliminari suggeriscono che l’FDA non abbia ispezionato la suddetta industria sebbene fosse in programma di farlo.

Il programma ispettivo dell’FDA è stato “travolto” dalla rapida crescita di industrie farmaceutiche. L’FDA utilizza due database in cui sono raccolti i dati relativi a tutte le industrie estere soggette ad ispezione. In accordo con il resoconto del 2007 del Government Accountability Office (GAO), un database conta circa 3200 stabilimenti, l’altro ne conta 6800. Da questi numeri si desume che l’agenzia abbia ispezionato solamente il 7% delle ditte estere in un anno e che per poterle ispezionare tutte almeno una volta necessiterebbe di un periodo di circa 13 anni.
Queste ispezioni sono condotte sia durante le fasi di sviluppo del farmaco che dopo l’approvazione da parte dell’FDA.
Tra il 2002 ed il 2007 l’FDA ha condotto 11384 ispezioni di cui solamente 1445 (12.7%) all’estero. Di queste ultime solamente 179 sono state effettuate per valutare l’aderenza alla Good Manifacturing Practice (GMP), tutte le altre sono state condotte in fase di sviluppo del farmaco.
Il resoconto del GAO sottolinea anche come ci sia stata una riduzione del 25% dal 2002 nel numero degli ispettori addetti alla valutazione della fase post-approvazione e come le ispezioni all’estero siano ricche di difficoltà. Per esempio, un ispettore dell’FDA non può effettuare un sopralluogo improvviso, nonostante le linee guida affermino che un’ispezione debba essere condotta senza preavviso. L’FDA si giustifica affermando che l’ispettore debba essere sicuro di trovare nello stabilimento le persone a lui necessarie per svolgere il suo compito. Le barriere linguistiche sono un altro ostacolo ad un’ispezione rigorosa dal momento che spesso gli ispettori devono dipendere da rappresentanti dell’industria estera che sono in grado di parlare inglese ma che non sono interpreti addestrati per questo.

Sulla base di queste risorse limitate, l’FDA ha pianificato un metodo basato sulla “valutazione del rischio” per fissare la priorità nelle ispezioni. È stato sviluppato un modello per predire quali possono essere gli stabilimenti che corrono un maggior rischio di non soddisfare i criteri della GMP e le ispezioni si focalizzano su queste strutture.

Come risolvere questo problema? Gli autori propongono che un approccio potrebbe essere promuovere l’efficienza dell’FDA, un obiettivo che l’agenzia ha perseguito cercando di concentrare le ispezioni per favorire il rispetto delle regole della GMP. Nella speranza di aumentare le sue risorse, l’Agenzia ha chiesto un aumento del budget a disposizione. Una possibilità potrebbe essere quella di imporre una tassa alle manifatture che possa aiutare a finanziare le ispezioni; naturalmente qualunque aumento del budget prevede un aumento dei costi, e questo si potrebbe tradurre in un aumento del prezzo dei farmaci.
In alternativa si possono prendere in considerazione le responsabilità dell’FDA. È ingenuo pensare che l’approvazione di un farmaco da parte dell’FDA possa garantire la sicurezza dello stesso, dal momento che nessun trial clinico può prevedere tutti i rischi.


Gli autori concludono affermando che nessun farmaco è totalmente sicuro per nessun paziente. Piuttosto, medici e pazienti hanno il diritto di conoscere i rischi legati all’utilizzo di un farmaco in modo tale da poter essere in grado di stabilire il rapporto beneficio/rischio legato al suo utilizzo.
L’autorizzazione alla commercializzazione da parte dell’FDA non deve essere interpretata come un segnale di assenza assoluta di rischio. I produttori, da parte loro, si prendono una grossa responsabilità quando decidono di semplificare la produzione o di rifornirsi all’estero per i componenti chimici.



Riferimenti bibliografici

1) Stuart O. Schweitzer Trying times at the FDA – the challenge of ensuring the safety of imported pharmaceuticals. N Engl J Med 2008; 358; 1773-7.
2) Guerrini M. Oversulfated chondroitin sulfate is a contaminant in heparin associated with adverse clinical events. Nat Biotechnol 2008; doi:10.1038/nbt1407.

Commento

In Europa, solo in Germania sono stati segnalati casi di sospette reazioni avverse associati all’uso di eparina con presenza di contaminante di provenienza cinese.

In Italia, a scopo cautelativo sono stati ritirati alcuni lotti di medicinali a base di eparina sodica e un lotto di enoxaparina che conteneva il contaminante. Inoltre, poichè è stato accertato che alcuni produttori importano eparina in forma grezza dalla Cina, è stato richiesto a tutte le Aziende produttrici italiane di implementare delle verifiche. È stato disposto il campionamento da parte dei NAS di tutti i lotti di materia prima grezza proveniente dalla Cina e delle materie prime ottenute. Attualmente, i campioni ottenuti sono oggetto di controlli da parte dell’Istituto Superiore di Sanità.

Dato che il rafforzamento dei controlli sia sulle materie prime che sul prodotto finito porterà ad un transitorio rallentamento nella fornitura di eparina e poichè in diversi lotti di enoxaparina, non ancora immessi in commercio, è stata rilevata la presenza di basse concentrazioni di contaminante è possibile che ciò determinerà uno stato di carenza soprattutto di enoxaparina. L’AIFA, a questo proposito, ha formulato delle raccomandazioni sulle eparine sia non frazionate che a basso peso molecolare rivolte agli operatori sanitari per fare fronte ad una possibile situazione di carenza.

Daniela Carli

Comunicato AIF. http://www.aifa.gov.it/PRIMO_PIANO/primo_piano013.html



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