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Diabete gestazionale: una messa a punto |
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Inserito il 27 dicembre 2008 da admin. - metabolismo - segnala a:
Lo stato dell'arte su una condizione clinica ancora per certi aspetti controversa.
Il diabete gestazionale è un argomento ancora controverso, a partire dalla stessa definizione. In effetti alcuni autori non riconoscono nel DG un'entità clinica a sè stante, bensì l'espressione di una resistenza all'insulina slatentizzata dalla gravidanza. In generale, comunque, per diabete gestazionale (DG) si intende un' alterazione del metabolismo glucidico che compare durante la gravidanza in una donna precedentemente non diabetica. Si tratta pertanto di una condizione che va distinta da quella di una donna diabetica che entra in stato di gravidanza. A seconda delle statistiche e dei criteri diagnostici usati, il DG complica dal 3% al 6% circa delle gravidanze. Si tratta di una condizione associata ad un aumentato rischio di complicanze perinatali. Inoltre le donne con DG vanno attentamente seguite dopo il parto perchè possono sviluppare un vero e proprio diabete mellito.
Quale test diagnostico si usa per diagnosticare un DG? Secondo le linee guida dell'American Diabetes Association [1] il DG viene diagnosticato con gli stessi criteri previsti al di fuori della gravidanza: riscontro di almeno due valori di glicemia a digiuno > 125 mg/dL oppure di glicemia random >= 200 mg/dL associata a sintomi di diabete. Per quanto riguarda lo screening l'ADA consiglia di eseguire, tra la 24° e la 28° settimana di gestazione, un OGTT con 100 grammi di glucosio (approccio ad uno step) oppure la cosiddetta minicurva dopo carico di 50 grammi e determinazione della glicemia a 60 minuti (approccio a due step). Se la minicurva mostra una glicemia a 60 minuti >= 140 mg/dL si deve eseguire il test con 100 grammi. In questo modo si identifica almeno l'80% delle donne con DG, se si riduce la soglia a 130 mg/dL si identifica circa il 90% delle donne con DG. Il test da carico con 100 grammi va interpretato secondo quanto proposto da Carpenter e Coustan su plasma venoso. Si diagnostica DG se due o più valori di glicemia sono superiori ai seguenti: - basale > 105 mg/dL - 1 ora > 180 mg/dL - 2 ore > 155 mg/dL - 3 ore > 140 mg/dL Tuttavia l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) propone un approccio diverso, cosnigliando di eseguire unicamente un test da carico con 75 grammi, come si usa al di fuori della gravidanza. Normalmente il test si interpreta come segue: - diabete se glicemia a digiuno > 125 mg/dL oppure se glicemia a 2 ore >= 200 mg/dL - ridotta tolleranza al glucosio (IGT) se glicemia a digiuno > 110 e inferiore a 126 mg/dL e glicemia a 2 ore compresa tra 140 e 199 mg/dL. Tuttavia in gravidanza l'OMS raccomanda di diagnosticare come DG sia il diabete così determinato sia l'IGT. L'ADA ritiene che il metodo proposto dall'OMS non sia ben validato per svelare il rischio della madre o del neonato ad esiti avversi rispetto al test di Carpenter e Coustan. Altri sono di parere opposto e inoltre sottolineano che il test WHO è meglio confrontabile con l'OGTT standard e permette di eliminare i due step. Recentemente lo studio HAPO [2] ha dimostrato, su un campione molto ampio di donne in gravidanza con OGTT alterato, che in realtà non esiste una soglia di iperglicemia che permette di dividere con un taglio netto le gravidanze a rischio e quelle che non lo sono: il rischio mostra un andamento di tipo continuo con l'aumentare dell' iperglicemia, ma è presente anche per valori che sono al di sotto della soglia diagnostica per DG. Ci si può chiedere allora se valga la pena di ritoccare al ribasso tale soglia diagnostica. Due editorialisti, commentando lo studio HAPO, non ne sono convinti [3] e consigliano per ora di non derogare da quanto raccomandato dalle linee guida. In effetti non ci sono, al momento, studi che abbiano dimostrato che interventire nelle gravide con livelli di glicemia alterati ma al di sotto della soglia diagnostica per DG porti a risultati clinici migliori: nello studio ACHOIS [7] il numero di donne che era necessario trattare per evitare un evento avverso, sottolinea l'editoriale, era di 43 ed è probabile che se si trattano iperglicemie più lievi i risultati sarebbero molto meno evidenti, a scapito di possibili effetti avversi come ipoglicemia materna e neonatale.
Quando screenare per il DG? Le linee guida dell'ADA ammettono che si può non eseguire lo screening per il DG in alcune categorie di pazienti, purchè siano contemporaneamente presenti queste condizioni: - età inferiore ai 25 anni - peso normale prima della gravidanza - assenza di diabete nei parenti di primo grado - etnia con bassa prevalenza di diabete - assenza di pregressa intolleranza la glucosio - assenza di precedenti ostetrici negativi Negli altri casi viene consigliato lo screening da eseguire tra la 24° e la 28° settimana di gestazione. In generale però la tendenza è di effettuare sempre e comunque lo screening in tutte le gravide. Tuttavia non ci sono ancora studi di tipo randomizzato e controllato che abbiano dimostrato i benefici dello screening. Infatti una revisione sistematica di qualche anno fa [4] concludeva che ci sono evidenze insufficienti per determinare se lo screening porta a benefici importanti per la madre e per il neonato. Non vanno taciuti i potenziali pericoli, soprattutto per le donne con iperglicemie lievi, nè ci sono evidenze che lo screening sia una strategia costo/efficace. La revisione concludeva che senza un RCT ben disegnato molte questioni rimarranno insolute. Questa mancanza di evidenze porta a raccomandazioni differenti tra le varie linee guida [5].
Come trattare il diabete gestazionale? Nella maggior parte dei casi (fino al 90%) il DG può essere trattato solo con la dieta. Nei casi non controllati con l'approccio dietetico viene usata la terapia insulinica che può ridurre il rischio di macrosomia fetale e di taglio cesareo. Tuttavia questa terapia, soprattutto se attuata con schemi intensivi, può portare a ipoglicemie materne e neonatali. Una revisione Cochrane del 2003 [6] concludeva che non vi erano dati sufficienti per determinare l'efficacia del trattamento nel DG. La revisione aveva trovato, infatti, solo 3 RCT per un totale di 223 donne. Più recentemente uno studio di tipo randomizzato e controllato [7] ha arruolato 490 donne alla 24°-34° settimana di gravidanza affette da diabete gestazionale. Le pazienti hanno ricevuto un trattamento convenzionale o un monitoraggio intensivo con eventuale somministrazione di insulina, se necessaria. Gli end points primari erano rappresentati dalla morbidità perinatale (morte neonatale, distocia di spalla, fratture e paralisi nervose), ricovero in neonatologia, ittero che richiedeva fototerapia, induzione di travaglio, taglio cesareo, ansia e depressione materna e stato globale di salute della madre. Lo studio ha evidenziato che il trattamento con dieta, monitoraggio della glicemia e insulina quando necessaria a mantenere il controllo glicemico portava ad una riduzione delle complicanze perinatali e ad un miglioramento della qualità di vita rispetto al controllo. Vi è da notare tuttavia che nel gruppo trattato in maniera aggressiva si aveva un maggior numero di ricoveri dei neonati e di induzione terapeutica del parto. Questi risultati vanno quindi presi con cautela perché se è vero che il trattamento intensivo del DG porta a migliori esiti nel contesto sterilizzato degli RCT non è detto che questo sia vero nel mondo reale ove le pazienti sono seguite in modo meno rigoroso e una terapia insulinica esagerata potrebbe portare a episodi ipoglicemici pericolosi per la madre e per il feto. Oltre all'insulina sono stati usati anche alcuni antidiabetici orali. Per esempio la gliburide non attraversa la barriera placentare ed in uno studio su 404 ha ottenuti risultati simili all'insulina [8]. In un altro recentissimo studio su 751 donne anche la metformina si è dimostrata efficace e sicura come l'insulina [9] e più accettata dalle pazienti. Studi diretti di paragone dovrebbero chiarire, a questo punto, quale dei due ipoglicemizzanti orali è preferibile. La FDA classifica sia l'insulina che la metformina come farmaci di classe B per l'uso in gravidanza, mentre la gliburide viene considerata di classe C [10]. Se si rendesse necessario instaurare una terapia farmacologica ovviamente va debitamente considerato anche questo aspetto.
Renato Rossi
Referenze
1. American Diabetes Association (ADA). Standards of medical care in diabetes. III. Detection and diagnosis of GDM. Diabetes Care 2007 Jan;30(Suppl 1):S7. 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3991 3. Ecker JL and Greene MF. Gestational diabetes — Setting limits, exploring treatments. N Engl J Med 2008 May 8; 358:2061. 4. Brody S et al. Screening for gestational diabetes mellitus. Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ). 2003. Preventive Services Task Force Systematic Evidence Review No. 26 5. Vogel L et al. Screening for gestational diabetes: variation in guidelines. Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol. 2000 Jul;91:29-36. 6. Tuffnell DJ, West J, Walkinshaw SA. Treatments for gestational diabetes and impaired glucose tolerance in pregnancy. Cochrane Database of Systematic Reviews 2003, Issue 3. Art. No.: CD003395. DOI: 10.1002/14651858.CD003395 7. Crowther Ca et al. for the Australian Carbohydrate Intolerance Study in Pregnant Women (ACHOIS) Trial Group. Effect of Treatment of Gestational Diabetes Mellitus on Pregnancy Outcomes.N Engl J Med 2005 Jun 16; 352: 2477-2486. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1791 8. Langer O et al. A comparison of glyburide and insulin in women with gestational diabetes mellitus. N Engl J Med 2000 Oct 19;343:1134-1138 9. Rowan JA et al. for the MiG Trial Investigators. Metformin versus Insulin for the Treatment of Gestational Diabetes. N Engl J Med 2008 May 8; 358:2003-2015 10. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3970
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