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Stratificazione del rischio nel paziente con sincope
Inserito il 20 dicembre 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Le linee guida dell'ACEP sono state pensate per aiutare i medici di Pronto Soccorso a decidere quali accertamenti eseguire nel paziente con sincope e quando predisporre il ricovero.


L' American College of Emergency Physicians (ACEP) ha pubblicato delle linee guida che dovrebbero servire ai medici del Pronto Soccorso per aiutare a stratificare il rischio di eventi avversi in caso di paziente con sincope. Infatti non è tanto importante identificare immediatamente una causa di sincope, quanto da una parte evitare di dimettere pazienti ad alto rischio e dall'altra non eseguire esami diagnostici non necessari.
Queste le principali raccomandazioni delle linee guida

Raccomandazione 1
Sulla base delle storia clinica e dell'esame obiettivo possono essere classificati a rischio di esiti gravi i seguenti pazienti: scompenso cardiaco, età avanzata, anomalie strutturali cardiache, storia di coronaropatia, comparsa della sincope dopo sforzi. Sono invece da considerare a basso rischio di eventi avversi i pazienti giovani senza storia e senza segni di cardiopatia, senza storia familiare di morte improvvisa, senza comorbidità.

Raccomandazione 2
Tutti i pazienti con sincope dovrebbero essere sottoposti ad ECG.
Ecocardiogramma, TAC cranio ed altri test di laboratorio o strumentali non dovrebbero essere effettuati di routine in assenza di specifici segni anamnestici o clinici che indirizzino verso una particolare diagnosi

Raccomandazione 3
Dovrebbero essere ricoverati i seguenti pazienti: evidenza di scompenso cardiaco o di cardiopatie strutturali, età avanzata, ischemia cardiaca, aritmie, anomalie della conduzione cardiaca, ematocrito inferiore al 30%.


Fonte:

Huff JS et al. Clinical policy: critical issues in the evaluation and management of adult patients presenting to the emergency department with syncope.
Ann Emerg Med. 2007 Apr;49(4):431-44.



Commento di Renato Rossi

Anche se queste linee guida sono state pensate per i medici che lavorano in Pronto Soccorso, possono essere di aiuto anche al medico di cure primarie. In effetti è relativamente frequente essere consultati da pazienti che riferiscono di aver avuto un episodio lipotimico o sincopale. Spesso si tratta di soggetti che quando vengono visitati sono apparentemente asintomatici e si pone il problema di cosa fare, quali accertamenti richiedere, fin dove spingersi con gli accertamenti. Purtroppo non esiste un iter diagnostico a prova d'errore [1]. L'anamnesi e l'esame obiettivo possono aiutare nell'identificare un certo numero di cause di sincope (sincope riflessa di tipo vaso-vagale o situazionale, sincope da ipotensione ortostatica, crisi epilettica, etc.). Spesso tuttavia non si riesce ad evidenziare una causa e la decisione di come procedere dipende dal quadro clinico generale: diverso sarà il comportamento di fronte ad un giovane senza patologie degne di nota oppure ad un anziano con precedente infarto miocardico o ancora ad un paziente seppur giovane ma che ha presentato episodi recidivanti.
Il ricovero andrà comunque proposto se sono presenti segni certi o probabili di cardiopatia organica, ischemia cardiaca, aritmie, comparsa della sincope dopo sforzi, dispnea o tachipnea (nel sospetto di un' embolia polmonare), sintomi neurologici, marcata ipotensione, anemia, età medio-avanzata, anamesi familiare positiva per morte cardiaca improvvisa. E' stato visto infatti che in presenza di questi segni il rischio di eventi avversi nel breve-medio periodo è elevato. In assenza di segni di allarme si può ragionevolmente studiare un percorso diagnostico più o meno complesso, da valutare caso per caso. Un ulteriore elemento che può aiutare a suddividere le sincopi in probabilmente benigne e a prognosi favorevole da quelle potenzialmente gravi è la presentazione clinica: nelle prime compaiono sintomi premonitori di malessere e non ci sono traumi da caduta, nelle seconde l'inizio è improvviso e il paziente perde conoscenza e, nella caduta, può procurarsi lesioni di tipo traumatico.


Referenze

1. Rossi R. Se è il cuore a venir meno. Occhio Clinico 2008;2:14-17.







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