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Studi sugli antidepressivi con risultati negativi non vengono pubblicati
Inserito il 29 gennaio 2008 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una parte rilevante dei trials effettuati su antidepressivi di ultima generazione con risultati negativi non risultano essere stati pubblicati.

Premessa

La EBM è valida solo se tutti i dati ottenuti nei trials sono pubblicati e dunque accessibili, sia pure con il filtro delle riviste a pagamento in full text. Il bias di pubblicazione, ossia la pubblicazione dei soli articoli i cui risultati sono positivi e dunque funzionali ali portatori di interesse di un dato studio sono una grave piaga che può condurre ad una valutazione non reale dell'efficacia di un dato trattamento alternadone il rapporto rischio/beneficio.
Il registro delle sperimentazioni dei farmaci sui pazienti della FDA è accessibile a tutti dal 1996, ma il database risulta di difficile consultazione per la sua complessità. Ll'équipe guidata da Erick Turner, farmacologo e psichiatra dell'università dell'Oregon ha spulciato l'archivio FDA relativamente a12 antidepressivi di nuova generazionei approvati dalla Fda dal 1987 al 2004.

Metodi

La ricerca ha riguardato nel complesso 12564 pazienti. I risultati degli studi registrati nel database sono stati confrontati con quelli pubblicati, attraverso una ricerca delle banche dati delle pubblicazioni medico scientifiche. Per i trials i cui risultati erano stati pubblicati si è verificato se i risultati pubblicati erano coerenti con quelli dello studio registrato sul databse della FDA ed infine si è paragonato l'effect size derivato dagli studi pubblicati con quello derivante da tutti i dati registrati nel database della FDA.

Risultati

Tra i 74 studi registrati nel database FDA il 31% (riguardanti 3449 partecipanti) non era stato pubblicato. 37 studi tra quelli registrati presso la FDA che avevano dato risultati positivi erano stati pubblicati mentre uno studio con risultati positivi non era stato pubblicato. Tra gli studi con risultati negativi 3 sono stati pubblicati 22 non sono stati pubblicati ed 11 sono stati pubblicati in una forma che fornisce un risultato positivo (anziché negativo). Se si fa riferimento alla letteratura pubblicata il 94% degli studi presenta risultati positivi, mentre in riferimento a tutti gli studi registrati presso la FDA solo il 51% degli studi fornisce risultati positivi. L'aumento dell' effect size dovuto al publication bias è del 32% considerando tutti i farmaci ed oscilla oscilla dal 11% al 69% a seconda della molecola considerata.

Conclusioni

Gli autori dell'articolo recensito non hanno potuto acclarare se il publication bias dipenda dai ricercatori, dagli sponsor o dalle riviste mediche, tuttavia quel che è certo è che la pubblicazione selettiva può avere conseguenze dannose per tutti.


Fonte: NEJM 2008; 358:252-260.


Commento di Luca Puccetti

La questione è di enorme portata. Lo studio dovrà essere valutato in profondità. Ad esempio un problema potrebbe risiedere nel fatto che si sia proceduto solo ad un' analisi numerica degli studi, senza considerare il peso che studi di diversa qualità metodologica e di diversa dimensione possono avere. Alcuni autori ritengono che gli studi su piccole casistiche siano più proni ad avere bias, anche se altri ritengono che il bias sia solo spalmato su un maggior numero di soggetti, quindi, dando credito alla prima tesi, dato che mediamente gli studi pubblicati e sponsorizzati da aziende sono generalmente di buona qualità, potrebbe essere che gli studi non pubblicati siano di bassa qualità. La domanda dunque in tal caso sarebbe se gli studi non pubblicati fossero di bassa qualità quale informazione potrebbe derivarne? Un altro problema è la strategia di ricerca che gli Autori hanno adottato per cercare i trials pubblicati che potrebbe essere stata troppo selettiva. Ancora, molte riviste non sono recensite nell'index medicus e quindi potrebbe essere che alcuni studi non siano stati ritenuti adeguati per una pubblicazione su una rivista ad alto impatto e siano stati dirottati verso riviste non indexate e dunque pubblicatiu ma su riviste a scarsa diffusione e meno accessibili anche per barriere linguistiche.
Già nel 2003 era stato trovato che sebbene gli studi sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche avessero meno probabilità di essere pubblicati, tuttavia gli studi pubblicati sponsorizzati dalle ditte avevano una probabilità 4 volte maggiore di avere risultati positivi rispetto agli studi pubblicati aventi finanziatori diversi dalle ditte. Da notare che la qualità degli studi pubblicati e sposnorizzati dalle ditta era buona (1). recentemente sono stati analizzati i rapporti tra riviste mediche e conflitto di interessi ed è stato riportato che (2) :

La maggior parte delle riviste mediche non ha policy sul conflitto di interesse dei loro editori

I reprints sono una fonte di finanziamento sostanziale delle riviste

Le organizzazioni mediche no-profit possono ricevere più fondi dalla pubblicità sulle riviste che dalle quote associative

I giornali non sembrano poter sopravvivere senza la pubblicità

Le riviste che pubblicano articoli contrari agli interessi dell'industria sembrano avere riduzioni sostanziali delle entrate pubblicitarie

Nel periodo antecedente al 2000 i trials finanziati da enti a scopo di lucro davano più spesso risultati positivi rispetto a quelli finanziati da enti non a scoipo di lucro. Per valutare se tale tendenza fosse cambiata e quale fosse l'impatto dei finanziamenti misti sono stati analizzati 324 trials di superiorità su argomenti cardiovascolari, pubblicati tra il gennaio 2000 ed il luglio 2005 su JAMA, The Lancet, and the New England Journal of Medicine (3). La principale misura era valutare se il trial favorisse il trattamento oggetto di valutazione rispetto a quello standard in base al tipo di finanziamento ricevuto per effettuare lo studio. Tra i 324 trials considerati 21 non riportavano la citazione della fonte di finanziamento. Tra i 104 trials finanziati esclusivamente da enti non profit 51 (49%) riportavano evidenze che favorivano significativamente il nuovo trattamento rispetto allo standard, mentre 53 (51%) riportavano evidenze in favore dello standard (P = .80). In contrasto con questi risultati, 92 (67.2%) dei 137 trials finanziati solo da enti a scopo di lucro riportavano dati che favorivano significativamente i nuovi trattamenti rispetto allo standard di cura (P<.001). Tra i 62 trials che avevano ricevuto un finanziamento misto (sia da enti a scopo di lucro che non a scopo di lucro), 35 (56.5%), presentavano risultati favorevoli ai nuovi trattamenti. Prendendo in esame i 205 trials randomizzati che valutavano farmaci, le proporzioni degli studi con risultati a favore dei nuovi trattamenti rispetto allo standard erano il 39.5%, tra quelli finanziati da enti non a scopo di lucro; il 54.4%, tra quelli con finanziamento misto; e il 65.5%, tra quelli finanziati da enti a scopo di lucro (P per la tendenza tra gruppi = .002). Dei 39 trials randomizzati che erano finalizzati a valutare devices cardiovascolari, le percentuali in favore dei nuovi trattamenti erano rispettivamente: il 50%, tra quelli finanziati da enti non a scopo di lucro, il 69.2%, tra quelli con finanziamento misto, e l'82.4%, tra quelli finanziati da enti a scopo di lucro (P per la tendenza tra gruppi = .07). Indipendentemente dal tipo di finanziamento, i trials che usavano end points surrogati, come angiografia quantitativa, ecografia intravascolare, parametri ematochimici, e misure funzionali riportavano più spesso risultati positivi (67%) rispetto ai trials che usavano end points clinici (54.1%; P = .02). Gli Autori concludono che anche i trials pubblicati di recente in ambito cardiovascolare riportano più spesso risultati positivi a favore del nuovo trattamento rispetto allo standard di cura se sono finanziati da enti a scopo di lucro e se vengono usati end points surrogati. I trials finanziati sia da enti a scopo di lucro che non mostrano una percentuale di risultati positivi a favore del nuovo trattamento che è intermedia tra quelle evidenziate dai trials finanziati esclusivamente da enti a scopo di lucro e non a scopo di lucro.

In un editoriale pubblicato nel 2005 su PLOS Medicine di R. Smith, past editor del BMJ, chiedeva la cessazione della pubblicazione dei trials sponsorizzati sulle principali riviste per evidenti conflitti di interesse.. Con un'uscita in contemporanea tramite una early release sulle principali riviste mediche (5) il comitato internazionale degli editori medici (ICMJE) ha riproposto la sua decisione di non pubblicare più trials clinici non iscritti preventivamente in un pubblico registro. Inoltre è stato ritenuto valido il minimun data set stabilito in una recente riunione dell'OMS che consta di 20 parametri. Enfasi è stata rivolta alla necessità di evitare immissioni incomplete o fornendo informazioni generiche che in realtà non consentono di individuare con chiarezza le finalità e le caratteristiche del trial.
La soluzione prospettata dal comitato internazionale degli editori medici è un tentativo di migliorare la situazione, ma è largamente insufficiente. La proposta degli editori non risolve il problema principale ossia la non pubblicazione di risultati negativi o dubbi o inconcludenti. Sarà sempre possibile, infatti, non pubblicare i dati di un trial negativo. Anche se i risultati saranno accessibili a tutti chi si assumerà l'onere di diffonderli? Una proposta più incisiva che ci sentiamo di avanzare prevede che lo sponsor, gli Autori dello studio e gli estensori del report clinico firmino con ICMJE od altro soggetto garante un contratto reso pubblico in cui tutti si impegnano, ognuno per la propria parte, a pubblicare i risultati dello studio registrato, qualunque essi siano. I costi delle pubblicazioni negative dovrebbero essere equamente ripartiti tra enti pubblici, lo stesso ICMJE (rischio d’impresa per finalità pubbliche) e sponsor. A carico degli Autori non dovrebbe andare nessuna penalizzazione, né in termine di ritorno scientifico, né in termini economici, se lo studio desse risultati negativi. I membri del ICMJE dovrebbero inoltre impegnarsi a dare ad un trial con risultato negativo lo stesso risalto che sarebbe stato accordato qualora lo studio avesse prodotto risultati positivi. Solo in questo modo saremo certi che risultati negativi saranno divulgati con la stessa enfasi di ogni altro lavoro. Se il fine è la valorizzazione e la diffusione della conoscenza, gli editori dovrebbero rinunciare alla politica di far pagare per consultare le riviste, almeno nella forma elettronica, magari con un ritardo, purchè minimo, rispetto alla edizione cartacea a pagamento.


Referenze

1) BMJ 2003;326:1167-1170
2) BMJ 2006;332:1444-1447
3) JAMA. 2006;295:2270-2274
4) PLoS Med 2(5): e138 doi:10.1371/journal.pmed.0020138
5) JAMA. 2005;293:(DOI 10.1001/jama.293.23.jed50037).

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