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Radioterapia e soppressione androgenica nel cancro prostatico localizzato |
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Inserito il 17 agosto 2008 da admin. - urologia - segnala a:
Nel cancro prostatico localizzato ad alto rischio l'aggiunta della sopressione androgenica alla radioterapia porta ad un aumento della sopravvivenza totale ma solo se non vi è comorbidità.
In questo studio sono stati arruolati 206 pazienti con cancro prostatico localizzato ad alto rischio di progressione. I partecipanti sono stati randomizzati a radioterapia oppure a radioterapia associata a soppressione androgenica per 6 mesi. L'end-point primario era la mortalità totale. Dopo un follow-up medio di 7,6 anni (range da 0,5 a 11,0) si ebbero 44 decessi nel gruppo radioterapia e 33 decessi nel gruppo radioterapia associata a soppressione androgenica (HR 1,8; 1,1-2,9; p = 0.01). Tuttavia l'aumento di mortalità osservato nel gruppo radioterapia risultò limitato solo ai pazienti senza comorbidità o con comorbidità minima: se al cancro prostatico erano associate patologie di media o elevata gravità non si notarono differenze tra i due gruppi. Gli autori concludono che nel cancro prostatico localizzato ad alto rischio l'aggiunta di 6 mesi di soppressione androgenica alla radioterapia aumenta la sopravvivenza, ma il dato sembra valido solo per i pazienti con scarsa o nulla comorbidità; necessitano ulteriori studi per chiarire questo aspetto.
Fonte:
D'Amico AV et al. Androgen Suppression and Radiation vs Radiation Alone for Prostate Cancer. A Randomized Trial. JAMA 2008 Jan 23; 299: 289-295
Commento di Renato Rossi
Il trattamento del cancro prostatico localizzato è ancora oggetto di discussione, come s'è fatto notare in una pillola recente a commento delle ultime linee guida [1]. Secondo i risultati dello studio qui recensito l'aggiunta della sopressione androgenica alla radioterapia per sei mesi comporta una riduzione della mortalità totale, ma l'analisi per sottogruppi evidenzia che i benefici sono limitati ai pazienti senza importanti patologie associate. Questo studio porta un contribuito alla controversa questione di quale sia la terapia di scelta nel cancro prostatico localizzato, ma lascia aperte numerose questioni. Intanto non è detto che i risultati siano validi anche per i tumori localizzati a basso rischio evolutivo; inoltre non sappiamo se nei casi a prognosi meno favorevole sia preferibile l'intervento chirurgico (eventualmente associato alla terapia androgeno-soppressiva) oppure la radioterapia con soppressione androgenica. Infine rimane il problema della selezione del paziente: se si deve stare ai risultati dello studio di D'Amico e collaboratori i pazienti ideali sono quelli con cancro prostatico localizzato a rischio evolutivo elevato ma senza importanti comorbidità. Vi è il timore che nella pratica reale possano essere sottoposti al trattamento combinato anche pazienti diversi, per i quali non sappiamo, al momento, se i benefici superino i rischi della terapia, anche se sei mesi di trattamento soppressivo appaiono un lasso di tempo abbastanza breve in cui gli effetti collaterali sono probabilmente più accettabili. Come ammettono gli stessi autori sono necessari ulteriori studi per chiarire questi aspetti per ora incerti. Comunque l'associazione radioterapia/soppressione androgenica sembra acquistare popolarità: in uno studio recente [2] sono stati reclutati 456 pazienti (età media 70 anni) con tumore prostatico localmente avanzato (dimensioni 5x5 cm o più, stadio da T2 a T4, con/senza interessamento dei linfonodi pelvici), trattati con radioterapia esterna oppure radioterapia associata a sopressione androgenica (geserelin 3,6 mg ogni 4 settimane e flutamide 250 mgx2/die per 2 mesi) oppure a sola radioterapia. Gli end-point includevano la sopravvivenza totale, la mortalità specifica, la comparsa di metastasi, la sopravvivenza libera da malattia e il fallimento biochimico. La sopravvivenza totale stimata a 10 anni era del 43% nel gruppo radioterapia + terapia soppressiva androgenica e del 34% nel gruppo radioterapia mentre la mediana di sopravvivenza era rispettivamente di 8,7 anni vs 7,3. Queste differenze non risultarono statisticamente significative ( p = 0,12). Tuttavia con la terapia combinata migliorava la mortalità specifica a 10 anni (23% vs 36%; P = 0,01), si riducevano le metastasi a distanza ((35% vs 47%, p = 0,006), la sopravvivenza libera da malattia (11% vs 3%; p < 0,0001) e il fallimento biochimico (65% vs 80%; p < 0,0001). Non si registrarono differenze per gli eventi cardiaci fatali. Anche se questo studio ha ottenuto risultati meno eclatanti di quello di D'Amico perchè non c'è stato un miglioramento della sopravvivenza totale e della sopravvivenza mediana i dati sono comunque meritevoli di considerazione: la riduzione della comparsa di metastasi a distanza e il miglioramento della sopravvivenza libera da malattia, con un follow-up più prolungato, avrebbero forse potuto (il condizionale è d'obbligo) tradursi in una riduzione della mortalità totale. In ogni caso una terapia androgeno-soppressiva di qualche mese sembra una opzione a rischi accettabili e a costi sostenibili.
Referenze
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3694 2. Roach III M et al. Short-Term Neoadjuvant Androgen Deprivation Therapy and External-Beam Radiotherapy for Locally Advanced Prostate Cancer: Long-Term Results of RTOG 8610 Journal of Clinical Oncology; pubblicato online il 2 gennaio 2008; doi: 10.1200/JCO.2007.13.9881
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