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Sicurezza delle statine nella pratica clinica
Inserito il 07 agosto 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Le statine, a dosi terapeutiche, presentano un buon profilo di sicurezza e che, pertanto, rappresentano uno dei più significativi contributi alla terapia del rischio cardiovascolare.

Le statine rappresentano una classe di farmaci efficaci nel ridurre l’ipercolesterolemia e, quindi, il rischio associato di eventi cardiovascolari, come infarto del miocardio, ictus e la necessità di rivascolarizzazione arteriosa.
Miopatia e rabdomiolisi sono rare reazioni avverse associate all’uso di dosi standard di questi farmaci, mentre l’incremento asintomatico dei livelli delle transaminasi, rilevato con tutte le statine, non è chiaramente associato ad un aumento del rischio di insufficienza epatica.

Le statine agiscono come inibitori competitivi della 3-idrossi 3-metilglutaril CoA (HMG CoA) reduttasi, enzima coinvolto nella tappa limitante della biosintesi del colesterolo.
Dalla loro introduzione in commercio, numerosi trial clinici randomizzati, di ampie dimensioni e alta qualità, hanno dimostrato la capacità di queste molecole nel ridurre il rischio di morbidità e mortalità cardiovascolare. Il grado di riduzione del rischio cardiovascolare è direttamente proporzionale alla riduzione dei livelli di colesterolo LDL (low-density lipoprotein) ed entrambi gli effetti sono attribuibili al principale meccanismo d’azione delle statine. Questo motivo e l’evidenza di un maggiore beneficio associato ad una terapia più intensiva hanno incoraggiato l’utilizzo di dosaggi più elevati di statine. Inoltre, poiché, attualmente, il mantenimento di livelli bassi di colesterolo resta un fattore essenziale raccomandato ad un’ampia popolazione a rischio cardiovascolare, la sicurezza delle statine ha assunto un ruolo di notevole importanza.

In questa revisione sono stati valutati due aspetti della sicurezza delle statine: la safety nel realizzare e mantenere bassi livelli di colesterolo totale e LDL e la sicurezza di ogni statina disponibile a diversi intervalli di dosaggio.
Le informazioni sulla sicurezza delle statine sono state estrapolate da studi randomizzati di specifiche statine, prendendo in considerazione le segnalazioni spontanee di eventi avversi e altre fonti. I trial randomizzati e controllati, infatti, sono privi dei bias tipici delle segnalazioni spontanee o di studi retrospettivi e, quindi, maggiormente idonei a valutare gli eventi indesiderati comuni. Al contrario, gli studi osservazionali senza gruppo di controllo forniscono minori informazioni sui sintomi più frequenti ma, insieme ad altre fonti, restano fondamentali per la rilevazione di un evento raro.

I soli eventi avversi delle statine ben documentati sono la tossicità muscolare, che include la miopatia e la rabdiomiolisi e gli effetti sugli enzimi epatici.

Tutte le statine possono provocare occasionalmente miopatia che potrebbe progredire in rabdomiolisi. Il richio, tuttavia, varia in funzione del principio attivo scelto e aumenta in corrispondenza dell’assunzione di dosi elevate.
La miopatia è definita come un generico sintomo muscolare (dolore, flaccidità o debolezza) accompagnato da un aumento della concentrazione di creatinchinasi dieci volte maggiore del limite superiore del valore normale (detta anche miosite).
La rabdomiolisi è una miopatia più severa che comporta danno muscolare e rilascio nel circolo sanguigno di miogoblina, che può provocare una colorazione marrone delle urine e un rischio di danno renale. La diagnosi di rabdomiolisi, in genere, è certa quando i valori della concentrazione di creatinchinasi superano di 40 volte il limite superiore del valore normale e/o c’è un’evidenza di danno d’organo, come insufficienza renale acuta o peggiorata funzionalità renale.
La mialgia, Invece, si riferisce al dolore muscolare in assenza di aumento della concentrazione di creatinchinasi.
Il rischio di miopatia a dosi standard è estremamente basso (<0,01%), con una bassa variabilità tra le diverse statine, ad eccezione della rosuvastatina, per la quale i dati estrapolati dai vari trial sono insufficienti a formulare delle conclusioni.

Le dosi standard considerate in questa revisione si riferiscono alle prescrizioni giornaliere con le quali si ottiene una riduzione del colesterolo del 30-45% (atorvastatina 10–20 mg, fluvastatina 40–80 mg, lovastatina 40 mg, pravastatina 40 mg, rosuvastatina 10 mg, e simvastatina 20–40 mg).
Tuttavia, il rischio di miopatia aumenta con l’incremento della dose per tutte le statine, anche se per alcune è più evidente che per altre, mentre con atorvastatina a dosi giornaliere di 80 mg il rischio rimane molto basso (5,5% atorvastatina 80 mg vs 6,0% placebo), per simvastatina a dosi giornaliere di 80 mg risulta un’incidenza di miopatia dello 0,53% rispetto allo 0,08% calcolato per simvastatina 40 mg/die.

Un incremento del rischio si osserva anche in seguito a fenomeni di interazione farmacologica. Casi di miopatia e rabdomiolisi sono stati riportati più frequentemente in associazione all’uso concomitante di statine e altri ipolipemizzanti (in particolare i fibrati).
Nonostante tali eventi indesiderati si manifestino con più probabilità dopo pochi mesi dall’inizio del trattamento con statine, o all’aumentare del dosaggio, sono stati documentati casi anche dopo alcuni anni di trattamento, probabilmente dovuti a fenomeni di interazioni tra farmaci. Infatti, vari farmaci possono interferire con il metabolismo di alcune statine attraverso la via del citocromo P450 e/o con altri meccanismi di interazione.
Nonostante sia ampiamente noto che le statine determinano miopatia, la sperimentazione clinica non ha dimostrato una chiara correlazione tra statine e mialgia. Inoltre, non è semplice diagnosticare una miopatia, anche perché la patogenesi coinvolge numerosi fattori; è necessario, comunque, sospendere il trattamento con statine qualora sintomi patognomonici di miopatia dovessero manifestarsi. Se i livelli di creatinchinasi sono sostanzialmente elevati (>10000 IU/L), è raccomandata la somministrazione di terapia reidratante per minimizzare il rischio di danno renale. In seguito a questo intervento, i livelli di creatinchinasi dovrebbero ritornare a valori normali e la sintomatologia regredire, generalmente con recupero completo.

Dopo i primi sei mesi di trattamento con statine, è stato osservato un aumento asintomatico della concentrazione di alcune transaminasi epatiche, in particolar modo alanina e aspartato transaminasi. Questo effetto indesiderato è del tutto asintomatico e reversibile in seguito all’interruzione della terapia o alla diminuzione del dosaggio pertanto, non è associato ad un aumentato rischio di malattia epatica.
Dal momento che anche altri farmaci ipolipemizzanti, inclusi fibrati, niacina ed ezetimibe, determinano un incremento di tutti gli enzimi epatici, questa condizione suggerisce che potrebbe trattarsi di una risposta epatica alla riduzione della frazione lipidica piuttosto che di epatotossicità.

L’uso di statine, soprattutto a dosi più elevate (atorvastatina e simvastatina 80 mg/die), è associato ad altri eventi avversi non gravi, principalmente disturbi gastrointestinali come diarrea, dolore addominale, nausea.

La revisione conferma che le statine, a dosi terapeutiche, presentano un buon profilo di sicurezza e che, pertanto, rappresentano uno dei più significativi contributi alla terapia del rischio cardiovascolare.


Dottoressa ssa Carmen Ferrajolo

Riferimento bibliografico
Armitage J. The safety of statins in clinical practice. Lancet 2007; 370: 1781-90.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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