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Deficit di vitamina D e rischio cardiovascolare
Inserito il 27 luglio 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Uno studio osservazionale suggerisce che il deficit di vitamina D è associato ad un aumento del rischio cardiovascolare, ma sono necessari RCT ad hoc prima di poter suggerire supplementi di vitamina D al fine di ridurre gli eventi cardiaci.


In questo studio osservazionale sono stati reclutati 1.739 soggetti di razza bianca (età media 59 anni, 55% donne). Ai partecipanti vennero misurati i livelli plasmaticidi 25-diidrossi-vitamina D: nel 28% dei casi si riscontrarono livelli inferiori a 15 ng/mL (deficit moderato) e nel 9% inferiori a 10 ng/mL (deficit grave).
Il follow-up medio dello studio fu di 5,4 anni. Si verificò un primo evento cardiovascolare in 120 partecipanti. Dopo aver aggiustato i dati per vari fattori di confondimento si notò che coloro che avevano livelli di vitamina D inferiori a 15 ng/mL mostravano un rischio cardiovascolare superiore a chi aveva livelli maggiori di 15 ng/mL (OR 1,62; IC95% 1,11 - 2,36). Il rischio più elevato si riscontrò in coloro che avevano livelli inferioi a 15 ng/mL ed erano ipertesi (OR 2,13; IC95% 1,30 - 3,48). In chi aveva livelli di vitamina D inferiori a 15 ng/mL ma non erano ipertesi l'aumento del rischio era di entità trascurabile e non significativo dal punto di vista statistico (OR 1,04; IC95% 0,55 - 1,96).


Fonte:

Wang TJ, Pencina MJ, Booth SL, et al. Vitamin D deficiency and risk of cardiovascular disease. Circulation. 2008. Pubblicato online. DOI: 10.1161/CIRCULATIONAHA.107.706127.



Commento di Renato Rossi

Il termine vitamina D è inteso genericamente per indicare un gruppo di sostanze, tra cui la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), che, nell'organismo, regolano il metabolismo calcio-fosforo, facilitano l'assorbimento intestinale di calcio e sono indispensabili per il mantenimento della massa ossea. Gli alimenti che più contengono vitamina D sono i pesci grassi (salmone, tonno, sardine), il fegato, il latte e i latticini, il torlo d'uovo. Tuttavia l'organismo è in grado di sintetizzare vitamina D a livello cutaneo grazie alla espozione ai raggi ultravioletti.
Lo studio recensito in questa pillola conferma studi precedenti e mostra che una carenza di modesta entità di vitamina D è presente in circa un anziano su tre in apparente buona salute. Tale carenza può essere dovuta ad un diminuito apparto alimentare e/o ad una ridotta esposizione alla luce solare.
Lo studio suggerisce anche che livelli moderatamente ridotti di vitamina D sono associati ad un aumento del rischio cardiovascolare, soprattutto se coesiste ipertensione. Le ragioni non sono del tutto chiare: la vitamina D agisce anche sul sistema renina-angiotensina e influisce sulla proliferazione delle cellule muscolari lisce dei vasi; inoltre potrebbe avere un effetto anti-flogistico e anti-trombotico. Tuttavia è necessaria cautela nell'interpretare questi dati sia perchè i valori di OR riscontrati non sono eclatanti sia perchè la natura osservazionale dello studio non assicura che l'aumento degli eventi cardiovascolari associato al deficit di vitamina D sia di tipo causa-effetto nè la possibile interferenza di bias, anche se gli autori hanno cercato di correggere i dati per fattori confondenti. Soprattutto sono necessari studi di tipo controllato e randomizzato che dimostrino che la somministrazione di vitamina D negli anziani con deficit di tale sostanza è in grado di ridurre l'incidenza di eventi cardiovascolari. Gli autori dello studio, sponsorizzato dai National Institutes of Health e dall'American Heart Association, ammettono correttamente i limiti del loro lavoro e citano lo studio Women's Health Initiative in cui la somministrazione di supplementi di vitamina D non furono in grado di ridurre il rischio cardiovascolare. Fanno notare però che l'end-point primario dello studio erano le fratture e non gli eventi cardiovascolari, che le dosi di vitamina D somministrate erano troppo basse per correggere eventuali deficit, che il gruppo controllo poteva assumere vitamina D e questo potrebbe aver smorzato l'effetto nel gruppo trattato. In ogni caso sarebbe forse il caso di organizzare un RCT con una potenza statistica ed una durata tali da poter confermare o confutare l'ipotesi di un beneficio della vitamina D sul versante cardiovascolare, anche perchè si tratterebbe di un intervento di costo economico accettabile e con effetti collaterali generalmente trascurabili.





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