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Nuove linee guida americane per l'infarto
Inserito il 13 luglio 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L' American Heart Association e l'American College of Cardiology hanno pubblicato le linee guida 2007 sul trattamento dell'infarto miocardico con ST elevato (STEMI).








Queste linee guida aggiornano le precedenti che risalivano al 2004.
I punti principali sono riassunti nei flash che seguono.


1) La morfina solfato è il farmaco di scelta per il trattamento del dolore

2) Se il paziente prima dell'infarto stava assumendo un FANS diverso dall'aspirina deve sospenderlo

3) Entro 24 ore deve essere iniziato un beta-bloccante a meno che non vi siano controindicazioni al suo uso (scompenso cardiaco, rischio di shock cardiageno, blocco atrio-ventricolare, ecc.)

4) Se il paziente arriva in un ospedale provvisto di attrezzature adeguate dovrebbe essere sottoposto ad angioplastica (PCI) entro 90 minuti. Se questo non fosse possibile (diagnosi incerta, ospedale non attrezzato per la PCI, impossibilità a raggiungere un reparto attrezzato entro il tempo ottimale) si dovrebbe iniziare la fibrinolisi entro 30 minuti.

5) La PCI "facilitata" può essere effettuata quando il paziente sia ad alto rischio, la PCI non sia disponibile entro 90 minuti e il rischio di sanguinamento sia basso (pazienti giovani, assenza di ipertensione non controllata, peso corporeo normale). In questi casi si deve somministrare un trombolitico a dosi ridotte e poi trasportare il paziente ad un centro attrezzato per la PCI. La PCI facilitata usando dosi piene di trombolitico può invece essere pericolosa.
La PCI di salvataggio o il by-pass sono ammessi dopo una trombolisi in alcune tipologie di pazienti (per esempio quelli con meno di 75 anni che presentano uno shock cardiogeno, una grave insufficienza cardiaca o instabilità emodinamica per aritmie ventricolari).

6) Il clopigogrel dovrebbe essere aggiunto all'asa per almeno 14 giorni dopo uno STEMI; la terapia a lungo termine con clopidogrel (almeno 12 mesi) è raccomandata se il paziente ha avuto uno stent medicato, per 1 e fino a 12 mesi se lo stent era di tipo non medicato. Se il paziente è stato riperfuso ma non ha subito l'impianto di uno stent l'uso di clopidogrel per 12 mesi è comunque ragionevole.

7) Se il paziente è stato trattato con trombolisi si raccomanda un aunticoagulante per almeno 48 ore (eparina non frazionata, eparina a basso peso molecolare, bivaluridina, fondaparinux). Se non viene usata un' eparina standard l'anticoagulazione è preferibile duri per tutta l'ospedalizzazione.

8) Per la prevenzione secondaria dell'infarto nuove raccomandazioni rispetto a quelle già esistenti sono l'aggiunta di steroli vegetali o fibre per ridurre ulteriormente il colesterolo LDL, ridurre il colesterolo non HDL a meno di 100 mg/dL se vi è contemporaneamente una ipertrigliceridemia e incoraggiare l'attività fisica di resistenza almeno due volte alla settimana.

9) Se un paziente con pregresso infarto necessita di analgesici i farmaci di prima scelta sono aspirina oppure paracetamolo o basse dosi di narcotici; FANS e coxib dovrebbero essere evitati

10) Un aceinibitore dovrebbe essere usato in tutti i pazienti con storia di infarto




Fonte:

Antman EM et al. 2007 focused update of the ACC/AHA 2004 Guidelines for the Management of Patients With ST-Elevation Myocardial Infarction: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Group to Review New Evidence and Update the ACC/AHA 2004 Guidelines for the Management of Patients With ST-Elevation Myocardial Infarction). Circulation. Pubblicato anticipatamente 11 dicembre 2007. DOI: 10.1161/CIRCULATIONAHA.107.188209
http://circ.ahajournals.org/cgi/reprint/CIRCULATIONAHA.107.188209v1


Commento di Renato Rossi

Questo aggiornamento delle due maggiori società cardiologiche americane è stato elaborato in collaborazione con la Società di Malattie Cardiovascolari Canadese ed è stato sottoscritto anche dall' American Academy of Family Physicians.
Lasciando agli esperti di critical appraisal il compito di effettuare un'analisi sulla qualità delle linee guida valutate secondo metodi e griglie formalizzate, ci preme invece evidenziare alcuni punti che ci sembrano interessanti.
Un primo aspetto che viene sottolineato dagli autori è la criticità del fattore tempo. La PCI deve essere effettuata nel più breve tempo possibile: il lasso di tempo che deve intercorrere tra il primo contatto con i servizi sanitari e la PCI è molto ristretto (appena un'ora e mezza) e questo presuppone un Pronto Soccorso molto efficiente ed una altrettanto efficiente unità di emodinamica. Il problema però non è solo di organizzazione sanitaria ma, anche, di educazione dei pazienti che, al primo insorgere dei sintomi, dovrebbero subito recarsi in ospedale. Spesso invece il paziente infartuato perde tempo perchè scambia il dolore ischemico per dolore di tipo gastroenterico oppure muscoloscheletrico o nevralgico. Altre volte tempo prezioso viene perso per contattare il medico di famiglia, che, anche ammesso venisse subito reperito, può fare ben poco se non avere il sospetto giusto, somministrare aspirina e inviare immediatamente il paziente al ricovero. La raccomandazione delle linee guida di effettuare quanto prima una PCI si scontra, al di fuori del contesto sterilizzato degli RCT, con enormi difficoltà pratiche. Un ulteriore aspetto da considerare è che non tutti gli ospedali sparsi nel territorio hanno la disponibilità di un servizio di interventistica cardiologica per cui, anche nei casi in cui la finestra temporale fosse utile per la PCI, questa non può essere effettuata perchè manca il reparto adatto. In questi casi è giocoforza ricorrere alla trombolisi, a meno che non si preveda di poter trasferire in paziente in un ospedale idoneo, nel qual caso si può effettuare una trombolisi a dosi ridotte per avviare in seguito il paziente alla PCI (cosiddetta PCI facilitata), ma solo in pazienti ben individuati dalle linee guida. Viene invece riconosciuta la potenziale pericolosità di una PCI effettuata dopo una trombolisi a dosi piene: in questi casi una PCI di salvataggio può essere prevista solo in soggetti molto selezionati ed a elevato rischio.
Altri due punti da evidenziare sono il ruolo del clopidogrel e le avvertenze circa l'uso dei FANS.
Le linee guida raccomandano l'uso di clopidogrel in associazione all'asa per almeno 12 mesi negli infartuati trattati con stent eluenti farmaci. Se lo stent impiantato è di metallo il periodo minimo d'uso del clopidogrel deve essere di un mese, ma può essere prolungato fino ad un anno. Se non è stato impiantato uno stent la terapia standard è l'aspirina ma l'associazione con il clopidogrel fino a 12 mesi è comunque un' opzione possibile. Gli studi citati dalle linee guida a questo proposito sono il COMMIT [1] ed il CLARITY-TIMI 28 [2], ma, in realtà, questi due studi prevedevano l'uso del clopidogrel associato all'asa solo per alcune settimane. Le linee guida ammettono che non vi sono RCT in cui la doppia antiaggregazione sia stata usata long term nei pazienti infartuati non sottoposti a stent. La possibilità di usarla in questi casi fino a 12 mesi si basa solo sull'analogia che viene fatta con il trattamento delle sindromi coronariche acute senza elevazione di ST e dei pazienti trattati con stent, cosa peraltro sottolineata onestamente dagli stessi autori
Infine vengono recepiti gli studi che hanno suggerito un aumentato rischio ischemico associato sia ai FANS non selettivi che ai coxib: nel caso sia necessario usare un analgesico in un infartuato meglio evitare queste classi farmacologiche e ricorrere all'aspirina, al paracetamolo o ai narcotici a basse dosi.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2069
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1671



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