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Non vale più la pena fare il medico
Inserito il 14 maggio 2008 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Per 47 per cento camici bianchi non vale più la pena di fare il medico.

Il medico è una professione da non intraprendere, un'attività che è meglio non consigliare ai giovani. Ben il 47 per cento così si è espresso tra circa 300 medici partecipanti ad un sondaggio promosso da 'Quotivadis', quotidiano online di informazione medico-scientifica di Univadis. A fronte di un 47% che consiglia quindi ai giovani di stare alla larga dalla medicina, c'è però un 49 per cento che sembra invece spronarli e incoraggiarli verso questa professione. Circa la metà dei camici bianchi la ritiene infatti un'attività che, nonostante tutto, può dare molte soddisfazioni. Solo il 4 per cento degli intervistati non prende posizione. Se tra gli uomini il 34 per cento per cento incoraggia i giovani alla medicina, il 33 per cento li scoraggia. Per le donne stesso discorso. A fronte di un 14 per cento che considera ancora la professione medica come un'attività su cui investire, il 14 per cento dei medici donna sembra invitare i giovani a starne lontani

Fonte: ADNKronos

Commento di Luca Puccetti

Questo giudizio negativo è il risultato di molti fattori:

- eccessive aspettative riposte nella medicina a causa anche di un'esaltazione scientista della vita e delle rappresentazioni dei serials televisivi

- enorme carico burocratico

- impedimento alla medicina creativa ossia a provare qualcosa di nuovo anche nell'ambito della professione quotidiana

- irrigidimento delle scelte in base a protocolli e linee guida spesso per nulla condivise e pochissimo partecipate

- timori per le denunce e relativa medicina difensiva a causa di giudici che, a colpi di sentenze creative, senza che nessun rigo della legge sia cambiato, hanno sovvertito la prassi rovesciando l'onere della prova ed infrangendo il sacro confine tra impiego di mezzi e obbligo di risultato.

- compensi ridicoli, tanto che il presidente dell'Ordine dei medici ha affermato che ormai quella del medico è una professione da ceto medio traballante. Alcuni medici, dopo tanti anni di studi, non sono in grado di far fronte, ad esempio, al mutuo per l'acquisto di una casa.

Adesso la pletora non esiste più e dunque i medici potrebbero avere la forza di porre la questione sia del ruolo che del compenso, misura concreta del valore che la società riconosce ad una professione.

Sarà però difficile liberarsi dalla stretta mortale dei medici sindacalisti professionisti, che vedono come il fumo negli occhi le forme dure di protesta, come ad esempio l'assistenza indiretta nell'ambito dei convenzionati, in quanto il loro ruolo verrebbe smascherato clamorosamente. Questi sindacalisti spesso, di fatto, non fanno più i medici e dunque perdono contatto con la realtà dei colleghi che dovrebbero rappresentare e si adeguano alle regole della casta, del linguaggio politicamente corretto, delle regole formali da rispettare, così' prima o poi un bel posto in qualche consiglio di amministrazione arriva. Nel frattempo la categoria cade sempre più in basso nella scala sociale e nel prestigio. Se l'Italia è al secondo posto dopo la Francia nel rapporto sulla salute del mondo dall'OMS Health Systems: Improving Performance, che è stato pubblicato nel 2000 e la spesa è tra le più basse è ovvio che in mezzo ci sta lo sfruttamento dei medici e di tutto il personale del comparto sanitario, strozzato dal grande cartello pubblico del SSN. Come si fa a voler ancora fare il medico in Italia?

Commento di Daniele Zamperini

Non e' mai opportuno generalizzare troppo: non tutti i sindacalisti medici sono dei "professionisti che non fanno piu' i medici", lontani dalla realta' deli colleghi e della professione. Purtroppo la natura umana vuole che spesso si pretenda dagli altri cio' che noi stessi non vogliamo impegnarci a fare...
Cio' premesso, e' indubbio che talvolta certi rappresentanti usino il loro ruolo piu' come trampolino di lancio verso altri orizzonti che come mezzo per difendere gli interessi della categoria; categoria del resto troppo frammentata negli interessi e nelle prospettive, dove ciascun medico. fortemente ancorato ad una propria visione personale, porta avanti il suo discorso senza sentire nessun altro. E questo spiega probabilmente la dispersione delle risposte: accanto a categorie scontente e sull' orlo del collasso esistono probabilmente isole felici, soddisfatte dell' attuale situazione.
E' impossibile, secondo noi, citare "il medico" come se si tratti di una figura omogenea; i medici sono un arcipelago, portatori di interessi multiformi e non abituati ad una visione corale e prospettica. Per questo, se non cambieranno (ma il cambiamento deve nascere dal basso) la categoria vedra' dei momenti ancora piu' difficili.

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