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Perindopirl/indapamide nel diabete tipo 2: studio ADVANCE.
Inserito il 12 maggio 2008 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La miscela perindopril/indapamide riduce gli eventi cardiovascolari e i decessi nei diabetici tipo 2 rispetto al placebo, ma alcuni punti dubbi meritano una riflessione.




In questo RCT, denominato ADVANCE, sono stati reclutati 11.140 pazienti affetti da diabete tipo 2, randomizzati a ricevere placebo oppure un' associazione fissa di perindopril/indapamide, oltre alla terapia usuale. Per i primi tre mesi la dose fu di 2 mg di perindopril e di 0,625 mg di indapamide, successivamente raddoppiate entrambe. Durante lo studio l'uso di altri farmaci antipertensivi rimaneva a discrezione del medico responsabile del paziente; però non era possibile usare un diuretico tiazidico mentre se si decideva di usare un ace-inibitore era permesso solo, in aperto, il perindopril alla dose di 4 mg/die (in modo che nel gruppo trattamento non si potesse superare la dose totale di perindopril di 8 mg/die).
L'end-point primario era composto da morte da cause cardiovascolari, infarto e stroke non fatali, nefropatia o retinopatia diabetica (di nuova comparsa o pegggiorate). L'analisi dei dati è stata eseguita secondo l'intenzione a trattare.
Dopo un follow-up medio di 4,3 anni rimasero assegnati al gruppo trattamento il 73% dei soggetti e il 74% nel gruppo controllo. La pressione arteriosa all'inizio dello studio era mediamente di 145/81 mmHg; alla fine del trial risultò essere, in media, di 135/75 mmHg nel gruppo trattato e di 140/77 nel gruppo controllo.
L'end-point primario si verificò nel 15,5% del gruppo trattato e nel 16,8% del gruppo controllo (HR 0,91; IC95% 0,83-1,00). Gli eventi macrovascolari, presi nel loro insieme, non risultarono significativamente ridotti (HR 0,92; IC95% 0,81-1,04), e neppure quelli microvascolari (HR 0,91; IC95% 0,80-1.04). Per quanto riguarda i singoli sotto-end-point risultò ridotta la morte da cause cardiovascolari (HR 0,82; IC95% 0,68-0,98) e la morte da ogni causa (HR 0,86; IC95% 0,75-0,98).
Secondo gli autori la somministrazione routinaria di perindopril/indapamide ai diabetici tipo 2 riduce il rischio di eventi cardiovascolari e si risparmia un decesso da ogni causa ogni 79 pazienti trattati per 5 anni.

Fonte:

Anushka Patel and the ADVANCE Collaborative Group. Effects of a fixed combination of perindopril and indapamide on macrovascular and microvascular outcomes in patients with type 2 diabetes mellitus (the ADVANCE trial): a randomised controlled trial. Lancet 2007 Sept 8; 370:829-840.



Commento di Renato Rossi

Lo studio è stato presentato, qualche giorno prima della pubblicazione sul Lancet, a Vienna, in occasione del Congresso annuale della Società Europea di Cardiologia. Mentre molti degli esperti presenti si sono detti favorevolmente impressionati dai risultati del trial, alcuni hanno notato che lo studio comunque dimostra che nel diabete tipo 2 si deve arrivare ad un controllo ottimale della pressione, ma non che è necessario usare la particolare miscela di aceinibitore/diuretico usata nell'ADVANCE (anche se questa associazione fissa rende sicuramente più semplice per il medico la scelta del trattamento).
Un editorialista, commentando lo studio, fa notare che i migliori outcomes ottenuti nel gruppo trattamento non dovrebbero essere attribuiti solo al perindopril/indapamide. Pur se l'83% dei partecipanti, alla fine, assumevano antipertensivi, si chiede come mai nel gruppo trattamento la pressione risultò più bassa e conclude che probabilmente non è tanto il tipo di farmaco usato ma proprio questo risultato ad aver portato ad una riduzione dell'end-point primario. Insomma, quello che conta alla fine, non sarebbe tanto con quali farmaci arrivare all'obiettivo, ma ridurre la pressione al di sotto dei valori target consigliati dalle linee guida.
Dal canto nostro proponiamo alcune spiegazioni per questa differenza di pressione riscontrata nei due gruppi al termine del follow-up. La prima è che il gruppo controllo era, già in partenza, composto da pazienti ipertesi più gravi, che, quindi, hanno risposto meno al trattamento: questo getterebbe un'ombra sulla qualità della randomizzazione. La seconda è che il gruppo controllo sia stato trattato peggio: se fosse vero bisognerebbe capire perchè, ma appare una spiegazione un poco contorta. La terza è che in effetti la miscela perindopril/indapamide sia più efficace di altri cocktail antipertensivi: dato che anche nel gruppo controllo si poteva usare il perindopril è possibile che la differenza sia dovuta al fatto che nelle varie miscele adoperate nel braccio controllo mancava, a causa del disegno del trial, l'indapamide? In altre parole è il diuretico presente solo nel gruppo trattamento che ha fatto la differenza?
In attesa che gli esperti si esprimano, da parte nostra sottolineiamo un altro particolare che nessuno sembra aver notato: se si deve giudicare lo studio sulla base dell'end-point primario e su stretti binari statistici bisognerebbe dire che il risultato non ha raggiunto la significatività statistica, anche se per poco, in quanto l'estremità destra dell'IC95% cade esattamente sull'unità. Secondo un' interpretazione formale trattamento e placebo potrebbero, nell'ipotesi peggiore, anche aver fatto pari.



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