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Vaccino bivalente per l' HPV |
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Inserito il 12 aprile 2008 da admin. - ginecologia - segnala a:
Un vaccino bivalente contro i ceppi HPV 16 e 18 riduce del 90% il rischio di lesioni cervicali CIN2+.
Questo studio è un'analisi ad interim di un trial in fase III in cui viene testato un vaccino bivalente contro i ceppi 16 e 18 dell'HPV. Nel trial sono state arruolate 18.644 donne (età 15-25 anni), randomizzate a ricevere il vaccino HPV 16/18 oppure il vaccino conto l'epatite A in 3 dosi (0, 1 , 6 mesi). Il follow-up medio di questa analisi ad interim è stato di 14,8 mesi: si sono registrati 2 casi di CIN2+ nel gruppo vaccino HPV e 21 nel gruppo controllo. L'efficacia del vaccino nel ridurre lo sviluppo di lesioni CIN2+ è stata dunque del 90,4% (p < 0,0001). Non si sono notate differenze per quanto riguarda gli effetti collaterali tra i due gruppi. Gli autori concludono che il vaccino bivalente per l'HPV è efficace nel ridurre il rischio di lesioni cervicali CIN2+ e quindi potrebbe essere usato per la prevenzione del cancro cervicale.
Fonte:
Paavonen J et al. for the HPV PATRICIA study group.Efficacy of a prophylactic adjuvanted bivalent L1 virus-like-particle vaccine against infection with human papillomavirus types 16 and 18 in young women: an interim analysis of a phase III double-blind, randomised controlled trial Lancet 2007 Jun 30; 369:2161-2170
Commento di Renato Rossi
Questa testata si è già occupata del vaccino quadrivalente contro l'HPV, analizzando i benefici ma anche le zone d'ombra che ancora vi sono [1]. Il Ministero della Salute ha autorizzato una campagna vaccinale per tutte le dodicenni, primo in Europa, con ampia grancassa dei mass media. Tuttavia, come si faceva già notare, il vaccino agisce contro i ceppi 16 e 18 dell'HPV, ma in realtà sono molti di più i ceppi che sono stati associati al rischio di sviluppare un cancro della cervice uterina. Inoltre la prevalenza dei ceppi 16 e 18 nella popolazione femminile è relativamente bassa [2]. Vi è quindi il timore che, di fronte ad un uso esteso del vaccino, con il tempo prendano il sopravvento altri ceppi oncogeni, rendendo vana l'azione del vaccino stesso. Ancora: gli studi hanno avuto, per ora, una durata di soli 5 anni e valutato end-point surrogati come lo sviluppo di lesioni pre-cancerose. E' noto però che tali lesioni possono regredire spontaneamente in una percentuale di circa 2 casi su 3. Non sappiamo quindi se il vaccino ridurrà effettivamente lo sviluppo di cancri cervicali e la mortalità correlata, anche se è abbastanza ragionevole presumerlo. D'altra parte non è neppure realistico progettare studi con follow-up di qualche decennio, visto che questo è il lasso di tempo che passa tra l'inizio dell'infezione da HPV e lo sviluppo di un cancro cervicale invasivo. Un altro punto importante, che è ancora occasione di dibattito negli USA, è la sostenibilità economica della vaccinazione di massa, considerato l'alto costo del vaccino. Qualcuno ha calcolato che per salvare una vita umana si dovrebbero spendere miliardi di dollari. Vi è da definire anche se, nel tempo, siano o meno necessarie dosi di richiamo dopo aver completato la vaccinazione primaria. Infine , come già si è fatto notare precedentemente [1], vi è il rischio che la vaccinazione crei un falso senso di sicurezza nelle donne immunizzate, convincendole che non è più necessario sottoporsi allo screening con PAP-test.
Commento di Luca Puccetti
Si stima che attualmente, in Italia, si verifichino 3.500 casi di tumori invasivi del collo dell'utero all'anno e circa 1000 decessi. Se il PAP test fosse eseguito dai 25 ai 65 anni con una periodicità triennale, darebbe luogo ad una riduzione dell'incidenza del carcinoma invasivo del collo dell'utero di oltre l'80%. Nel 2005 in Italia l'adesione allo screening è stata del 37% (46% al Nord, 36% al centro, 24% al sud), ma il 70% della popolazione femminile tra i 25 e 65 anni avrebbe effettuato il Pap-test negli ultimi 3 anni anche al di fuori di programmi di screening. Pertanto da alcuni anni si registra un progressivo calo nella sua incidenza e mortalità per cervicocarcinoma. Queste considerazioni servono ad inquadrare l'intervento nell'attuale contesto in cui per ogni donna morta di cancro della cervice ce ne sono 25 che muoiono per cancro al seno. I ceppi 16 e 18 sono in causa nel 70% dei carcinomi indipendentemente dal tipo istologico. I ceppi 6 ed 11 sono responsabili di circa il 90% dei condilomi genitali. La prevalenza di infezione da HPV in donne italiane sottoposte a controlli ginecologici di routine o a programmi di screening varia dal 7 al 16% mentre nelle donne con lesioni CIN2+ è del 96%. La prevalenza dell'infezione è massima nelle giovani donne sessualmente attive e si riduce progressivamente con il passare dell'età tanto che in epoca perimenopausale è di circa il 5%. La maggior parte delle infezioni è transitoria e può guarire spontaneamente tanto che dopo 18 mesi circa l'80% delle donne in cui era stata diagnosticata l'infezione risulta HPV-DNA negativa. La probabilità di eliminare il virus diminusce con l'avanzare dell'età ed è più elevata pèer il ceppo 16 . Le considerazioni effettuate sulla durata del vaccino sulla lunghezza del follow-up in rapporto alla latenza di estrinsecazione clinica della malattia sono già state ricordate.
L'efficacia dei vaccini quadrivalente e bivalente non sono del tutto confrontabili per l'arruolamento di popolazioni diverse e per diversi modelli sperimentali, quindi con queste doverose considerazioni preliminari un confronto globale non sembra mostare differenze di rilevo vedi tabella:
Il vaccino bivalente potrebbe avere anche vantaggi rispetto al quadrivalente poiché la pressione selettiva e conseguentemente il rischio di favorire la diffusione di altri ceppi proncogenici attualmente meno frequenti potrebbe essere meno forte.
Referenze
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3369 2. Dunne EF et al. Prevalence of HPV infection among females in the United States. JAMA 2007 Feb 28; 297:813-819 3. Vaccine 2004;23: 569-78. 4. http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_016696_264%20csr.pdf
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