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Confronto fra i vari farmaci antidiabetici
Inserito il 18 luglio 2007 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo una revisione sistematica tutti i farmaci antidiabetici orali possiedono un'efficacia paragonabile nel controllare l'equilibrio glicemico nel diabete tipo 2.


Questa revisione sistematica è partita dalla constatazione che negli ultimi anni sono entrati in uso, e continuano ora ad emergere, nuovi antidiabetici. E' necessario quindi paragonare tra loro i vari farmaci per decidere la terapia più appropriata. E' stata, perciò, effettuata una revisione sistematica al fine di stabilire i benefici e i rischi degli antibiabetici orali. Sono stati considerati le sulfoniluree di seconda generazione, le biguanidi, i glitazoni, le meglitinidi e gli inibitori dell'alfa-glucosidasi.
La revisione ha permesso di ritrovare ben 216 studi controllati e di coorte e due revisioni sistematiche.
Siccome le evidenze erano inconclusive su end-point importanti come la mortalità cardiovascolare, la revisione si è limitata a valutare end-point intermedi.
I glitazoni, la metformina e la repaglinide portano ad un controllo glicemico paragonabile a quello ottenuto con le sulfoniluree di seconda generazione: con tutti questi farmaci si ottiene una riduzione media della emoglobina glicata di circa l'1%. La nateglinide e gli inibitori dell'alfa-glucosidasi possono avere un effetto minore, ma questa conclusione deriva da paragoni indiretti.
I glitazononi sono gli unici farmaci che aumentano il colesterolo HDL (aumento medio di 3-5 mg/dL) ma hanno un effetto negativo sul colesterolo LDL (aumento medio di circa 10 mg/dL).
La metformina riduce il colesterolo LDL, in media, di 10 mg/dL, mentre gli altri farmaci hanno, su questo parametro, un effetto neutro.
Molti farmaci, ad eccezione della metformina, provocano un aumento di peso che va da 1 a 5 kg.
Il rischio maggiore di ipoglicemia era associato alle sulfoniluree e alla repaglinide, i glitazoni erano associati ad un maggior rischio di scompenso cardiaco e la metformina a problematiche di tipo gastrointestinale.
L'acidosi lattica, in pazienti senza comorbidità, non risultò più frequente con la metformina che con gli altri farmaci.
Gli autori dello studio lamentano il fatto che i dati sugli eventi clinici maggiori erano limitati e che venivano poco riportati gli eventi avversi differenti dall'ipoglicemia.
Essi concludono che i farmaci più vecchi ed economici (sulfoniluree di seconda generazione e metformina) hanno un' efficacia simile o superiore ai farmaci più nuovi e costosi sul controllo glicemico, dei lipidi e su altri end-point intermedi. Sono necessari ulteriori studi per valutare end-point hard.

Fonte:
Bolen S et al. Systematic Review: Comparative Effectiveness and Safety of Oral Medications for Type 2 Diabetes Mellitus. Ann Intern Med 2007 Sept 18; 147: Pubblicato anticipatamente online il 16 luglio 2007.


Commento di Renato Rossi

Questa revisione sistematica si è limitata ad esaminare studi in lingua inglese, ma i risultati sono in linea con studi precedenti [1] ed è improbabile che si sia verificato un bias dovuto alla lingua.
Si possono, al momento, fare alcune considerazioni.
La prima è che, dal confronto, la metformina esce come il farmaco che appare avere il miglior profilo benefici/rischi: riduce la glicomeoglobina come gli altri, non provoca aumento di peso, riduce il colesterolo LDL. Quello che più conta però è che si tratta dell'unico farmaco che ha al suo attivo uno studio (il famoso e sempre citato UKPDS) in cui ha dimostrato di ridurre anche le complicanze cliniche "hard" del diabete tipo 2. Tutto questo giustifica la raccomandazione delle linee guida attuali che la considerano il farmaco di prima scelta in tutti i tipi di diabete tipo 2, anche in quelli senza franca obesità [2].
La seconda considerazione è che tutti gli antidiabetici possiedono effetti positivi ma anche effetti negativi, quindi la scelta va pesata e tarata sul singolo paziente, considerando, tra gli altri parametri, anche il costo, oltre alla tollerabilità. Ma questa considerazione è così ovvia che non andrebbe neppure fatta.
La terza invece lascia davvero sorpresi: nonostante il diabete sia una patologia ad alta prevalenza e ci siano centinaia di studi la revisione di Bolen e collaboratori non è riuscita a determinare l'efficacia dei vari farmaci sugli end-point hard, quelli che più interssano al medico e che dovrebbero determinare la preferenza per un trattamento piuttosto che per un altro. Questo dipende dalla qualità degli studi che, evidentemente, in molti casi si limitano a follow-up troppi brevi ed end-point intermedi. Neppure gli effetti avversi differenti dall'ipoglicemia sembrano interessare molto ai ricercatori e questo è un difetto che non può essere taciuto. E' noto che gli studi randomizzati e controllati sono costosi, richiedono molto tempo ed impiego di risorse umane notevoli, ma davvero verrebbe da dire: "Signori, un po' più di qualità!".


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3457
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2844

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