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Risarcimento per perdita della virilita' per incidente stradale
Inserito il 25 settembre 2007 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La perdita di capacita’ sessuale comporta un danno grave alla salute, usurante e tale da comportare una apprezzabile perdita della capacita’ lavorativa, che va considerata nella valutazione del danno biologico, ma va considerata anche come danno esistenziale. Cass. Sez. III civile - Sentenza 2 febbraio 2007, n. 2311

C.L., danneggiato da incidente stradale la cui responsabilita’ ricadeva interamente sulla controparte, citava in giudizio il conducente danneggiantee la sua Assicurazione.
Benche’ avesse ottenuto un sostanzioso risarcimento, il danneggiato chiedeva una migliore liquidazione delle voci di danno biologico per la grave compromissione dell'attività sessuale.
La Corte di merito respingeva la richiesta affermando che "Il Collegio ritiene che il danno esistenziale o la lesione dei diritti umani non sono categorie che esulano dal danno biologico, così come inteso dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Se cosi è, deve ritenersi che il c.t.u. abbia tenuto conto di tutte le circostanze, nel momento in cui ha determinato i postumi nella misura del 20%".
La Cassazione cosi’ respingeva tale affermazione :
“Quanto al diritto alla sessualità, occorre ricordare l'incipit della Corte costituzionale (Corte cost. 561/1987) che lo inquadra tra i diritti inviolabili della persona (art. 2), come modus vivendi essenziale per l'espressione e lo sviluppo della persona. Certamente la perdita della sessualità costituisce anche danno biologico (la cui valutazione nelle tabelle medico legali convenzionali supera normalmente il livello della micropermanente e determina un rilevante ritocco del punteggio finale) consequenziale alla lesione per fatto della circolazione (come è nel caso di specie), ma nessuno ormai nega (v. da ultimo Cass., sez. un., 6572/2006 e 13546/2006) che la perdita o la compromissione anche soltanto psichica della sessualità (come avviene nei casi di stupro e di pedofilia) costituisca di per sé un danno esistenziale, la cui rilevanza deve essere autonomamente apprezzata e valutata equitativamente in termini non patrimoniali e con una congrua stima dell'equivalente economico del debito di valore.
Non vengono qui in questione altri aspetti inerenti alla procreazione o alla vita sessuale familiare, dato lo status della vittima, ma certamente questi ulteriori aspetti sarebbero rilevanti ai fini della equilibrata valutazione del danno anche ai fini di un congruo ristoro.”
Viene anche effettuato un esame approfondito del concetto di danno biologico.
Come è noto la valutazione del danno in seguito a Responsabilita’ altrui si e’ basata, per molti decenni, sul riconoscimento della perdita della capacità lavorativa generica.
In epoca successiva la valutazione ha interessato il cosiddetto “danno biologico”, di cui tale perdita di capacita’ lavorativa e’ soltanto uno dei componenti.
Infatti nella valutazione globale del danno biologico, la indicazione del punteggio finale deriva dalla valutazione di tutte le componenti, fisiche e psichiche, interrelazionali ed esistenziali.
Cio’ si desume dalla definizione analitica del danno biologico contenuta nell'art. 138 del codice di assicurazione, che considera i criteri uniformi di risarcimento ai fini dell'illecito civile della circolazione, al fine della realizzazione del principio fondamentale del risarcimento integrale del danno alla persona (cfr. Corte cost. 184/1986 e Cass. 8899/2001 e successive, sino a Cass. 22599/2004).
La esclusione di tale componente da una compromissione non lieve e permanente della salute, appare una contraddizione in termini e deve essere adeguatamente motivata.
“Si vuol dire che per la regola causale della probabilità elevata, la lesione grave della salute reca come conseguenza negativa una apprezzabile perdita della capacità lavorativa. Il negare tale rilevanza costituisce fattore eccezionale, presente in taluni casi in cui, per la eminente attività intellettuale prestata, una menomazione psicofisica potrebbe non incidere sulla potenzialità delle capacità lavorative, pur compromesse. Esigere dal lavoratore una prova rigorosa in relazione al c.d. danno futuro, o negare la natura biologica di tale perdita, contraddice la stessa configurazione del danno biologico come danno a struttura complessa, che incide su vari aspetti della vita fisica e psichica della persona. Il motivo appare dunque fondato in relazione alla illogicità della motivazione, che non personalizza il danno biologico in relazione a tale componente essenziale, data la gravità del danno”.
Cassazione, Sezione III civile, Sentenza 2.2.2007 n° 2311
Daniele Zamperini.- Fonte: www.laprevidenza.it

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