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Quanto deve durare il follow-up in una donna operata per cancro mammario?
Inserito il 30 marzo 2008 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo uno studio il follow-up dovrebbe durare almeno 10 anni.


In questo studio sono state analizzate le recidive neoplastiche in 1312 donne trattate per cancro mammario operabile. Le pazienti erano state sottoposte a chirurgia mammaria conservativa e successiva radioterapia.
L'incidenza di recidive metastatiche raggiunge il picco di circa il 3% all'anno nei primi 2-3 anni dopo la cura e rimane attorno al 2% all'anno fino al 5° anno, per poi diminuire. Al contrario l'incidenza di recidive loco-regionali rimane costante (circa 1-1,5% all'anno) per l'intero periodo di osservazione, che è stato di 10 anni.
Inoltre lo studio ha dimostrato la superiorità della mammografia rispetto all'esame clinico nello svelare recidive trattabili. Su 110 recidive trattabili 37 furono diagnosticate per la comparsa di sintomi, 56 grazie alla mammografia e solo 15 furono svelate con l'esame clinico. Di più: le donne nelle quali la recidiva veniva diagnosticata o per la comparsa di sintomi o con la mammografia avevano una sopravvivenza decisamente migliore rispetto a quelle in cui la ricaduta veniva svelata con l'esame clinico.


Fonte:

Montgomery DA et al. Changing pattern of the detection of locoregional relapse in breast cancer: the Edinburgh experience. British Journal of Cancer 2007; 96: 1802-1807.



Commento di Renato Rossi

Sebbene si assista nella pratica a follow-up intensivi dopo intervento per cancro mammario vi sono evidenze che, con questa strategia, non si ottengono risultati migliori rispetto alla mammografia annuale e all'esame clinico periodico [1,2]. Ma quanto deve durare il follow-up? E' evidente che non si tratta di una domanda banale, sia perchè il follow-up comporta o può comportare stress psicologico nella donna che rimane continuamente sotto la spada di Damocle dell'esito degli accertamenti, sia perchè smettere troppo presto potrebbe portare ad un peggioramento degli esiti clinici. Le linee guida generalmente raccomandano un follow-up di 5 anni: dopo tale periodo il follow-up dovrebbe diventare meno frequente o addiritture cessare. In effetti si ritiene che il massimo pericolo di recidiva si concentri nei primi cinque anni dopo il trattamento chirurgico. In realtà lo studio di Edinburgo suggerisce che, se questo è vero per le recidive metastatiche a distanza, non lo è per le recidive loco-regionali che continuano a presentare un'incidenza di circa 1-1,5% all'anno, almeno fino a 10 anni dopo l'intervento. Gli autori dello studio infatti ritengono che non ci siano motivi per non eseguire, nelle donne operate per cancro mammario, una mammografia annuale per 10 anni o più. L'esame clinico periodico, invece, sembra perdere di importanza in quanto riesce a svelare solo in pochi casi ricadute trattabili e comunque in questi casi la prognosi è peggiore rispetto a quando le recidive sono scoperte o per la comparsa di sintomi o con l'esame mammografico. Nonostante questo lo si può comunque consigliare, ma rimane importante informare la paziente di riferire la comparsa di eventuali sintomi che potrebbero essere la spia di una metastasi a distanza o di una recidiva locale, anche se questi compaiono nel periodo intervallare tra un follow-up e l'altro.


Referenze

1. GIVIO Investigators. Impact of follow-up testing on survival and health-related quality of life in breast cancer patients. JAMA 1994; 271: 1587.
2. Rosselli Del Turco M et al. Intensive diagnostic follow up after treatment of primary breast cancer. JAMA 1994; 271: 1593.

Commento di Luca Puccetti

Lo studio è molto importante anche per le implicazioni pratiche. Il cancro della mammella una volta operato, in base al risultato dello studio diventa una malattia cronica. Tale possiamo definire una condizione che per almeno 10 anni presenta la possibilità di recidivare. Questo dato impone un cambiamento radicale dell'attuale sistema di monitoraggio che è sostanzialmente delegato allo specialista. Il numero dei nuovi casi che ogni anno si originano si accumula alla massa dei casi da seguire ingolfando l'attività dei centri specialistici. Lo studio ci fornisce inoltre un ulteriore base per proporre un cambiamento nel follow-up del cancro mammario operato rispetto a quello attualmente attuato, ossia il fatto che le recidive trattabili siano scoperte mediante il riferimento di sintomi da parte della paziente o di esami strumentali e che le recidive scoperte mediante mammografia abbiano una prognosi migliore. Dunque una buona istruzione delle pazienti, con raccomandazioni reiterate sistematicamente ad ogni contatto con il medico di medicina generale, unitamente all'effettuazione della mammografia annuale, sono raccomandabili per almeno 10 anni. Questi compiti possono essere svolti, in linea di principio, in modo efficace anche dal MMG, sollevando in tal modo i centri specialistici da gravose incombenze e liberando in tal modo risorse umane e strumentali per i casi complessi ed abbattendo le liste di attesa.
E' auspicabile che si realizzi uno studio per validare questo modello di follow-up che deve essere adeguatamente implementato, anche mediante un programma formativo dedicato ed incentivazioni idonee.

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