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Mortalità evitabile in forte calo, ma ancora alta negli uomini
Inserito il 17 maggio 2007 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Rispetto al 1996 sono diminuiti in Italia i decessi per mortalità "evitabile", sia tra gli uomini che tra le donne, tuttavia nell'uomo la mortalità evitabile è ancora il doppio rispetto a quanto osservato nella donna.

Una causa di morte viene detta "evitabile" quando si conoscano interventi capaci di ridurre il numero di decessi da essa provocati, con particolare riferimento all'età non avanzata. La mortalità evitabile si distingue in tre categorie, che si differenziano a seconda del tipo di intervento in grado di contrastare le varie cause. Vi è la mortalità evitabile con interventi di prevenzione primaria (ad esempio il tumore al polmone attraverso la lotta al tabagismo), quella evitabile attraverso interventi di prevenzione secondaria (ad esempio il tumore al collo dell'utero attraverso la diffusione di screening per la diagnosi precoce) e quelli evitabili attraverso interventi di igiene e assistenza sanitaria (le gravi patologie cardiache che si giovano di tempestivi interventi di soccorso).

E stato recentemente pubblicato il rapporto ERA 2007 che estende
l’arco di osservazione ed analisi della mortalità evitabile da 5-69 anni a tutte le età comprese fra 0 e 74 anni.

L'indicatore appositamente progettato per l'Atlante ERA è il numero medio, per persona di età compresa tra 0 e 74 anni, di giorni perduti ogni anno per decessi evitabili; il numero di giorni persi viene calcolato come distanza in giorni tra il momento del decesso per cause evitabili e l'età media alla morte rilevata nel triennio in esame. Questo vuol dire che un decesso evitabile di un bimbo di 6.5 anni ha portato alla perdita di un lungo periodo di vita potenziale (70, dato da 76.5 - 6.5) mentre un decesso evitabile di una persona di 70 anni ha comportato la perdita di un periodo di vita potenziale pari a 6.5 anni. L'indicatore riflette quindi le diverse età in cui sono deceduti i morti per cause evitabili, dando un peso maggiore alle morti più precoci.

Il rapporto 2007 indica che diminuiscono in Italia i decessi per mortalità evitabile, sia tra gli uomini che tra le donne: si passa dagli 83.600 decessi tra gli uomini di età inferiore ai 75 anni nel 1996 a 71.200 nel 2002, con un decremento del 15%; tra le donne si ha un'analoga riduzione (del 16%) che ha portato dalle 42.700 donne decedute per cause evitabili nel 1996 a un valore di 36.000 nel 2002. In sette anni, dunque, sia per le donne che per gli uomini il numero di morti evitabili è sceso in media di uno ogni sei.
Ciò costituisce una sollecitazione alle Autorità sanitarie ad impegnarsi attivamente a non considerare “normale” nel nostro Paese morire prima dei 75 anni, per cause che la letteratura scientifica segnala come efficacemente contrastabili. Un ulteriore rilevante approfondimento conoscitivo di Era 2007 è il tentativo di cogliere le profonde differenze fra donne e uomini in tema di mortalità evitabile. Ancora due importanti dati sono utili per inquadrare la dimensione generale del problema: gli uomini morti per cause evitabili nell’ultimo anno disponibile sono 71 mila, 36 mila le donne. Questa semplice evidenza sottolinea efficacemente che la mortalità evitabile è prevalentemente un problema maschile: i decessi evitabili sono il doppio tra gli uomini rispetto alle donne.

Conseguenza di questa situazione sfavorevole per il genere maschile, che si protrae lungo un percorso che dura 75 anni, è che la mortalità evitabile accorcia la vita media degli uomini di 4,5 anni e quella delle donne di 2,5 anni.


Uomini e donne si differenziano dunque nettamente nella caratterizzazione delle cause di morte contrastabili. Gli uomini, infatti, muoiono soprattutto per tumori maligni dell'apparato respiratorio (circa 16.200 decessi nel 2002) e per malattie ischemiche del cuore (15.600 decessi), seguiti dai decessi per tumore dell'apparato digerente e per incidente (circa 10.000 decessi per ciascuna delle due cause). Diverso è il quadro per il genere femminile, dove spiccano i tumori maligni del seno e dell'apparato riproduttivo (con circa 8.000 decessi). Altre cause rilevanti sono: tumori maligni dell'apparato digerente, malattie ischemiche e malattie cerebrovascolari, responsabili, ciascuna, all'incirca di 5.000 decessi.

Si evidenzia dunque che per entrambi i generi, e soprattutto per gli uomini, sono appropriate le iniziative di prevenzione primaria, mentre per le donne è opportuno estendere le iniziative di screening, quali quelle riguardanti le mammografie e i Pap-test, che, insieme allo screening per il tumore del colon-retto per entrambi i generi, sono contenute nel Piano Nazionale di Prevenzione Attiva, approvato con l'accordo Stato-Regioni.


Le conseguenze sulla speranza di vita

La speranza di vita alla nascita è per gli uomini attualmente di circa 77 anni. In assenza di mortalità evitabile, salirebbe a 81.6 anni, con un guadagno di circa 5 anni. Nel caso delle donne, la speranza di vita, in assenza di mortalità evitabile, salirebbe dagli attuali 83 anni a 85.5, con un aumento di circa due anni e mezzo.

La geografia della mortalità evitabile

Una polarizzazione geografica è particolarmente evidente per la mortalità evitabile degli uomini: tutte le regioni del nord del Paese hanno valori più elevati della media nazionale, ad eccezione della Liguria e, all'opposto, la Campania e la Sardegna sono le regioni meridionali con i valori più elevati. Nella mortalità evitabile femminile, invece, si ha una situazione più articolata: tre delle quattro regioni del Centro Italia (Umbria, Marche, Toscana) hanno i valori più bassi, mentre il Lazio si segnala sopra la media nazionale; fra le regioni meridionali, in generale, con valori ridotti di mortalità evitabile, si notano le eccezioni di Sicilia e Campania.


L’analisi per USL

Per ciascuna USL viene presentata una scheda ricca di informazioni specifiche che vanno dai tassi standardizzati specifici per cause, ai giorni di vita persi per mortalità evitabile, ad indicatori di contesto demografico, quali l'indice di vecchiaia e la proporzione di persone al di sopra dei 74 anni.
L'iter informativo si conclude con una classifica per USL, realizzata sulla base dell'indicatore dei giorni pro-capite persi per mortalità evitabile.

Tale classifica non misura l'efficienza dei servizi sanitari ma ha la funzione di esporre in modo sistematico, su basi verificabili e confrontabili, i diversi livelli di attenzione al problema delle morti evitabili, in modo da favorire opportune e consapevoli decisioni in termini di Sanità Pubblica.
Un rapido sguardo alla classifica, sempre mantenendo la distinzione per genere, mostra per gli uomini che 8 delle 13 USL nazionali in posizione migliore si trovano nel Centro Italia (3 toscane e 4 marchigiane), 4 nel meridione (2 calabresi e 2 pugliesi) e solo una nell'Italia settentrionale (USL genovese). In coda alla classifica, 8 delle 14 USL con livelli nazionali critici sono dell'Italia del nord-ovest ( 4 piemontesi, 3 Lombarde e l'USL della Valle D'Aosta), e 4 dell'Italia del nord-est ( 2 venete,1 friulana e una alto-atesina).

Per le donne, in posizione migliore risultano 9 USL: 4 centrali (2 marchigiane e 2 toscane) e 4 meridionali (Calabria, Basilicata, Abruzzo e Campania); in area critica vi sono 11 USL, 5 del nord-ovest (3 piemontesi, 1 lombarda e l'USL della Valle D'Aosta), 1 friulana, 3 campane e 2 sicule.

Fonte: ISS http://www.e-r-a.it/

scarica la versione integrale dell'atlante (7,3 megabytes) http://www.pillole.org/public/aspnuke/downloads.asp?id=265

Commento di Luca Puccetti

L'atlante ERA rappresenta una miniera di dati epidemiologici, scomposti per piccole aree geografiche e dunque un plauso grandissimo deve essere rivolto per tutti gli Autori del progetto. Alcune affermazioni lasciano tuttavia perplessi come quella che è stata sopra evidenziata riguardante la riduzione della mortalità evitabuile grazie alla prevenzione, in quanto non ci pare affatto che ci siano elementi di prova sufficienti a sostegno. Anzi, le più recenti evidenze della letteratura ridimensionano le possibilità di riduzione della mortalità in virtù dei programmi di screening universali (1,2,3). Ciò sembra ancor più evidente nell'uomo in cui le campagne di prevenzione del tumore polmonare e prostatico mediante screening su soggetti a rischio non hanno dato risultati positivi.
Pertanto occorre molta cautela nel far credere alla pubblica opinione che si possa raggiungere una riduzione della mortalità evitabile evitabile meramente grazie alla prevenzione, che appare più uno slogan pubblicitario che un'affermazione basata su dati scientifici, tanto più che ci si ostina a far passare per prevenzione quello che invece è pura diagnosi precoce. Queste affermazioni, specialmente se rivolte al pubblico e riprese acriticamente dai media, rischiano di indurre false speranze, di ingenerare un aumento del consumismo sanitario, delle sovradiagnosi e degli effetti collaterali legati ad interventi che non migliorano affatto la mortalità creando spesso solo un effetto lead time bias.

Referenze

1) http://www.pillole.org/public/aspnuke/newsall.asp?id=2805
2) http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3044
3)http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2622

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