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E' utile lo screening delle calcificazioni coronariche mediante TAC? |
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Inserito il 06 febbraio 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
La TAC multislice permette di valutare le calcificazioni coronariche ma si tratta di una metodica utile a stratificare il rischio cardiovascolare?
Normalmente il rischio cardiovascolare viene determinato ricorrendo all'algoritmo di Framingham o ai suoi derivati. In Italia è disponibile un software (www.cuore.iss.it) messo a punto dell'Istituto Superiore di Sanità, specifico per la nostra popolazione. Nel 2006 l'American Heart Association ha emanato un "scientific statement" in cui raccomanda ai medici di effettuare la valutazone del rischio in soggetti asintomatici [1] ma, d'alto canto, si è espressa contro l'uso della TAC coronarica multislice per la valutazione delle calcificazioni coronariche sia nei soggetti asintomatici con un rischio calcolato secondo Framingham inferiore al 10% a dieci anni sia nei pazienti a rischio superiore al 20%. Può invece essere ragionevole misurare le calcificazioni coronariche in pazienti selezionati a rischio intermedio al fine di definire meglio il loro profilo e scegliere quelli che dovrebbero essere sottoposti ad una terapia antidislipidemica più aggressiva.
Fonte
Budoff MJ et al. Assessment of coronary artery disease by cardiac computed tomography: a scientific statement from the American Heart Association Committee on Cardiovascular Imaging and Intervention, Council on Cardiovascular Radiology and Intervention, and Committee on Cardiac Imaging, Council on Clinical Cardiology. Circulation 2006;114:1761-91.
Commento di Renato Rossi
Queste raccomandazioni derivano da un'istituzione prestigiosa come l'American Heart Association, tuttavia dovrebbero essere soppesate con cautela. Intanto la TAC coronarica è molto costosa e non può costituire un mezzo adatto allo screening. Inoltre i consigli dell'AHA non derivano da studi clinici randomizzati e controllati che abbiano dimostrato che misurare il calcio coronarico migliori gli esiti della cardiopatia ischemica (limite riconosciuto dalla stessa società cardiologica). In pratica si tratta di una raccomandazione di classe IIb, il che significa che le evidenze a disposizione sono conflittuali tra loro oppure che si basa sulla opinione di esperti. In conclusione ci sembra sia ancora presto usare markers diversi da quelli classici per stratificare il rischio coronarico, posizione già espressa da questa testata in più di un'occasione [1,2,3]. Non sembra ancora giunta l'ora di incorporare la TAC coronarica fra gli strumenti da usare routinariamente in soggetti asintomatici, anche se qualche medico potrebbe prenderla in considerazione in alcune tipologie di pazienti (per esempio nei diabetici con manifestazioni aterosclerotiche periferiche). Attualmente l'argomento è sotto revisione della U.S. Preventive Service Task Force.
Referenze
1. Servono i nuovi markers di rischio cardiovascolare? 2. Servono dieci nuovi biomarkers per migliorare la valutazione del rischio cardiovascolare? 3. E' utile misurare la quantità di calcio nelle coronarie?
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