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Acidi grassi omega 3 negli ipercolesterolemici: studio JELIS |
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Inserito il 10 marzo 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
L'acido eicosapentenoico riduce gli eventi coronarici maggiori in giapponesi ipercolesterolemici.
In questo studio sono stati arruolati, tra il 1996 e il 1999, 18.645 soggetti con colesterolemia totale >= 250 mg/dL. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere acido eicosapentenoico (EPA) alla dose di 1800 mg/die associato ad una statina (n=9326) oppure solo statina (n=9319). L'end-point primario dello studio era ogni evento coronarico maggiore comprendente morte cardiaca improvvisa, infarto fatale e non fatale, angina instabile, angioplastica, stent, by-pass coronarico. L'analisi è stata effettuata secondo l'intenzione a trattare. Dopo un follow-up medio di 4,6 anni l'end-point primario si verificò in 262 pazienti (2,8%) del gruppo EPA e in 324 (3,5%) del gruppo controllo (riduzione del rischio relativo 19%; p = 0,011). Esaminando i vari elementi dell'end-point composto si nota che la morte cardiaca improvvisa e la morte coronarica non risultarono diversi tra i due gruppi mentre l'EPA ridusse l'angina instabile. Gli autori hanno effettuato anche un'analisi per sottogruppi a seconda se i pazienti arruolati avevano o non avevano una storia di coronaropatia: in prevenzione secondaria ebbero l'end-point primario 158 pazienti del gruppo EPA (8,7%) e 197 (10,7%) del gruppo controllo (riduzione del rischio relativo del 19%; P = 0,048); in prevenzione primaria si ebbero 104 eventi nel gruppo EPA (1,4%) e 127 nel gruppo controllo (1,7%), pari ad una riduzione del 18%, statisticamente non significativa. Gli autori concludono che l'acido eicosapentenoico riduce gli eventi maggiori coronarici, soprattutto quelli non fatali, nei giapponesi con ipercolesterolemia.
Fonte:
Yokoyama M et al. for the Japan EPA lipid intervention study (JELIS) Investigators Effects of eicosapentaenoic acid on major coronary events in hypercholesterolaemic patients (JELIS): a randomised open-label, blinded endpoint analysis Lancet 2007 Mar 31; 369:1090-1098
Commento di Renato Rossi
Gli acidi grassi omega 3 sono formati principalmente dall'acido eicosapentenoico (EPA) e dall'acido docosaesaenoico (DHA). Nello studio GISSI Prevenzione [1], condotto su oltre 11.000 pazienti infartuati, essi hanno dimostrato di ridurre, in pazienti con pregresso infarto miocardico, la mortalità e gli eventi cardiovascolari: si ebbe una riduzione del 15% degli eventi compresi nell'end-point primario (mortalità totale, reinfarto e ictus). Il beneficio era dovuto quasi per intero alla riduzione dei decessi, attribuiti alle proprietà antiaritmiche degli omega 3. Una revisione sistematica di 48 RCT e di 41 studi di coorte [2] non è riuscita però a dimostrare una riduzione della mortalità nè degli eventi cardiovascolari ad opera degli omega 3. La revisione tuttavia è stata criticata in quanto mostrava un' importante eterogeneità tra gli studi sottoposti al pooling. Lo studio JELIS, recensito in questa pillola, dimostra che supplementi di EPA (1800 mg/die) in giapponesi ipercolesterolemici sono in grado di ridurre un end-point composto da eventi coronarici maggiori, grazie ad una riduzione di quelli non fatali. Lo studio, valutato sull'outcome primario, ha avuto quindi esito positivo. Tenendo conto che nella popolazione giapponese il consumo alimentare di pesce è molto elevato si potrebbe ipotizzare che nelle popolazioni occidentali, che in genere sono caratterizzate da un minor consumo di pesce alimentare, i benefici potrebbero essere maggiori. Vi è da dire però che l'NNT dello studio non è particolarmente basso: bisogna trattare 149 soggetti (IC95% 85-600) per quasi 5 anni per evitare un evento. Un punto da considerare è che l'end-point primario dello studio era composto da 5 sotto-elementi (morte cardiaca improvvisa, infarto miocardico fatale, infarto miocardico non fatale, angina instabile e interventi di by-pass coronarico o angioplastica): la significatività statistica è dovuta essenzialmente alla riduzione dell'angina instabile (HR 0,76; IC95% 0,62-0,95) mentre non c'era nessuna riduzione statisticamente significativa degli altri end-point singoli. L'analisi per sottogruppi mostra che l'utilità dell'EPA è limitata ai pazienti in prevenzione secondaria dove si ha una riduzione in termini assoluti di eventi del 2% (da 10,7% a 8,7%) pari ad un NNT di 50. Anche in questo caso però la significatività statistica si otteneva solo per l'outcome angina instabile (HR 0,72; IC95% 0,55-0,95) mentre non risultavano ridotti gli altri end-point singoli. La riduzione di eventi registrata nei pazienti in prevenzione primaria è stata, in termini assoluti, solo di 0,3%, statisticamente non significativa. E' noto che le analisi per sottogruppi, anche se previste nel protocollo dello studio, devono essere interpretate con cautela, comunque questi dati non sono da trascurare e potrebbero giustificare la differenza di risultato riscontrata tra lo studio GISSI Prevenzione e la metanalisi citata [2]: gli omega 3 funzionano soprattutto in prevenzione secondaria. Un ampio studio [3] con la partecipazione dei medici di famiglia italiani è attualmente in corso (Studio Rischio e Prevenzione). In questo trial, della durata di 5 anni, sono arruolati pazienti a rischio cardiovascolare ma vi sono esclusi i soggetti con pregresso infarto o con neoplasia maligna che comporti una prognosi infausta a breve termine. I criteri di inclusione dello studio sono molto ampi: manifestazioni di pregressa patologia aterosclerotica (compresi ictus, angina, pregressi interventi di rivascolarizzazione coronarica), oppure almeno 4 fattori di rischio (età >= 65 anni, sesso maschile, ipertensione, ipercolesterolemia, fumo, BMI >= 30, storia familiare di malattia cardiovascolare precoce), oppure diabete associato ad un fattore di rischio, oppure altre condizioni di rischio particolarmente elevato a giudizio del medico curante. Come si vede non si tratta di uno studio esclusivamente di prevenzione primaria in quanto sono arruolati pazienti con una gamma di rischio molto variabile. Tuttavia, quando i risultati saranno disponibili fra qualche anno, lo studio Rischio e Prevenzione potrà forse precisare meglio in quale gruppo di pazienti gli omega 3, oltre agli infartuati, possono essere di particolare utilità.
Referenze
1. Studio GISSI Prevenzione. Lancet 1999; 354: 447-55 2. Acidi omega 3 non diminuiscono mortalità cardiovascolare e non aumentano il cancro 3. http://www.marionegri.it/-1546151973.d2.asp
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