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D-Dimero per determinare durata della TAO dopo TVP
Inserito il 29 marzo 2007 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La durata della terapia anticoagulante orale nei pazienti con tromboembolia venosa idiopatica può essere guidata dal dosaggio dei dei livelli di dimero D.

Quando si interrompe la terapia anticoagulante dopo un episodio di tromboembolismo venoso (VTE), e si riscontrano livelli elevati di D-dimero, sussiste il rischio di recidiva.
Al fine di valutare se i livelli del D-dimero possano essere utili per stabilire la durata della terapia anticoagulante è stato realizzato lo studio PROLONG.
Sono stati arruolati 608 pazienti trattati con anticoagulanti per un primo episodio di trombosi venosa profonda o di embolia polmonare.
Sono stati esclusi i soggetti con fattori di rischio tromboembolico (fratture, immobilizzazione, interventi chirurgici, cancro, anticorpi antifosfolipidi, deficit di antitrombina).
Dopo 3 mesi di terapia anticoagulante orale sono stati effettuati i dosaggi del D-dimero ad un mese dalla sospensione. I 385 pazienti che presentavano livelli normali di D-dimero non sono stati trattati nuovamente con anticoagulanti, mentre i restanti 223 soggetti sono stati destinati in modo random a riprendere oppure no la terapia. L'esito dello studio era rappresentato dall'end point composito di tromboembolia venosa recidivante ed emorragia maggiore durante un periodo di follow-up medio di 1,4 anni.
Il test del dimero D è risultato anomalo in 223 pazienti su 608 (36,7%). Tra i 120 pazienti (15,0%) che hanno interrotto la TAO si sono verificati in tutto 18 eventi, rispetto ai 3 eventi verificatisi tra i 103 pazienti che hanno ripreso la TAO (2,9%), con un Adjusted RR 4,26 (intervallo di confidenza [IC] al 95%: 1,23-14,6; p=0,02). La tromboembolia ha recidivato in 24 pazienti su 385 con un livello normale di dimero D (6,2%). Tra i pazienti che hanno interrotto la TAO, il rapporto di rischio aggiustato per la tromboembolia recidivante tra quelli con un livello anomalo di dimero D, rispetto a quelli con un livello normale di dimero D, è risultato pari a 2,27 (IC al 95%: 1,15-4,46; p=0,02).
Gli autori concludono che i pazienti con un livello anomalo di dimero D misurato un mese dopo la sospensione dell'anticoagulazione presentano un'incidenza significativa di tromboembolia venosa recidivante, che è ridotta dalla ripresa della TAO. Non è stato possibile stabilire con certezza la durata ottimale della TAO nei pazienti con un livello normale di dimero D normale che hanno comunque presentato recidive sia pure con minore frequenza.

Fonte:
Palareti G. for the PROLONG Investigators. D-Dimer Testing to Determine the Duration of Anticoagulation Therapy. N Engl J Med 2006 Oct 26; 355.1780-1789


Commento di Luca Puccetti

Secondo le Linee guida (1) La terapia con warfarin dovrebbe durare da 3 a 6 mesi per il VTE secondario a fattori di rischio transitori e più di 12 mesi per le forme ricorrenti. La durata ottimale non ben conosciuta ma ci sono prove che un uso prolungato (fino a 4 anni) del warfarin riduce le recidive.
Il presente studio si prefiggeva di valutare se la durata della TAO potesse essere stimata in base ai valori del dimero D misurati dopo 1 mese dalla sospensione della TAO proseguita primitivamente per 3 mesi.
Nel follow-up di quasi un anno e mezzo, l’incidenza dell’end-point primario (recidiva di VTE o episodi di sanguinamento maggiore) è stata significativamente più elevata tra i pazienti con elevati livelli di D-dimero che non hanno ripreso la TAO rispetto a quelli con ripresa della terapia anticoagulante (15% contro 3%). Tra i soggetti con D-dimero normale, l’endpoint è stato osservato nel 6% dei casi.
In definitiva lo studio è utile anche se non risolutivo. Seguendo le linee guida si potrebbe infatti valutare il dimero D dopo 3 mesi di terapia anticoagulante orale e proseguire la terapia nei pazienti con dimero D elevato, che in questa casistica rapprsentano circa 1 paziente su 3. Lo studio non fornisce risposte in merito alla durata della TAO nei soggetti con dimero D elevato, ma permette di individuare un ampia porzione di pazienti in cui la TAO può essere interrotta con basso rischio di recidiva. Ulteriori strategie di selezione mediante ulteriori variabili o mediante una stima ponderata di fattori di rischio anamnestico-clinici potrebbe ulteriormente individuare, tra i pazienti con dimero D normali, coloro i quali necessitino di una TAO più prolungata.

Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3136


Commento di Renato Rossi

La durata della terapia anticoagulante orale dopo un primo episodio di tromboembolismo venoso (TEV) non è ben codificata.
In linea generale si consigliano 3-6 mesi dopo una trombosi venosa profonda (ma anche più di 6 mesi se l'episodio è di tipo idiopatico) e 6-12 mesi dopo un'embolia polmonare. Nel caso di recidive la durata deve essere superiore, secondo alcuni si dovrebbe continuare per qualche anno o per tutta la vita se il paziente è particolarmente a rischio.
Per chiarire la questione in una meta-analisi [1] sono stati considerati i trials pubblicati tra il 1969 e il 2004 in cui la TAO era stata somministrata per periodi differenti (15 studi). Non è stato possibile identificare un periodo oltre il quale la TAO non riesce più a proteggere dal rischio di una recidiva di TEV, anche se la riduzione della possibilità di nuovi episodi diminuisce progressivamente con la durata della profilassi. Inoltre, anche dopo la sospensione dell'anticoagulante, è possibile osservare una certa azione protettiva, pur se attenuata. La meta-analisi conclude che prolungando la durata della TAO si riduce il rischio di recidive di TEV e che l'effetto protettivo persiste, anche piccolo, dopo la sospensione.
In uno studio di coorte [2] si è trovato che, dopo un primo episodio di TEV, eseguire i test per scoprire una trombofilia ereditaria non aiuta a identificare chi andrà incontro a recidiva nei 2 anni successivi alla sospensione della TAO mentre risulta più utile la valutazione clinica: in particolare i pazienti in cui l'episodio troboembolico era stato scatenato da un intervento chirurgico avevano un rischio molto basso di recidiva.
Sul rischio di recidiva sembra pesare anche il sesso del paziente: gli uomini hanno un rischio maggiore delle donne [3,4].
In un altro studio [5] è stato confermato che il sesso maschile, un primo episodio di trombosi venosa profonda idiopatica e i contraccettivi orali sono i maggiori fattori di rischio per le ricorrenze, mentre poco importanti appaiono le anomalie di laboratorio a carattere trombofilico (con l'esclusione degli anticorpi antifosfolipidi che non sono stati valutati dallo studio e che forse potrebbe valere la pena di richiedere).
In questo contesto il dosaggio del D-dimero potrebbe aiutare a decidere per quanto protrarre la TAO? Già uno studio [6] precedente si era occupato della questione e aveva suggerito che un D-dimero inferiore a 250 ng/ml dopo la sospensione dell'anticoagulante è associato ad un ridotto rischio di recidivia rispetto a chi ha valori più elevati: il rischio cumulativo di ricorrenza a 2 anni era del 3,7% per valori inferiori a 250 ng/ml e di 11,5% per valori più elevati.
Si rende necessario quindi stratificare i pazienti in base al loro rischio, considerando una terapia prolungata nei soggetti a rischio maggiore : TEV apparentemente idiopatiche, episodi recidivanti, soggetti costretti all'immobilità per importanti patologie, pazienti oncologici, sesso maschile, uso di contraccettivi orali. Nell'algoritmo decisionale si potrebbe prevedere anche il dosaggio del D-dimero e forse degli anticorpi antifosfolipidi. Tuttavia va ricordato che la soglia per definire anormale il D-dimero non è ancora ben codificata e probabilmente sono necessari studi ulteriori prima che tale parametro possa entrare a far parte della strategia decisionale di routine.


Bibliografia

1. Ost D et al. Duration of Anticoagulation Following Venous Thromboembolism . A Meta-analysis
JAMA. 2005 Aug 10; 294:706-715.
2. Baglin T et al. Incidence of recurrent venous thromboembolism in relation to clinical and thrombophilic risk factors: prospective cohort study. Lancet 2003; Aug 16; 362: 523-26
3. Kyrle PA et al. The Risk of Recurrent Venous Thromboembolism in Men and Women. N Engl J Med 2004 Jun 17; 350: 2558-2563
4. McRae S et al. Effect of patient's sex on risk of recurrent venous thromboembolism: a meta-analysis. Lancet 2006, 368:371-378
5. Christiansen SC et al. Thrombophilia, Clinical Factors, and Recurrent Venous Thrombotic Events
JAMA. 2005;293:2352-2361.
6. Eichinger S et al. D-Dimer Levels and Risk of Recurrent Venous Thromboembolism. JAMA. 2003 Aug 27; 290:1071-1074.



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