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Terapia anticoagulante nella fibrillazione atriale
Inserito il 19 gennaio 2008 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Uno studio suggerisce che i medici non seguono le raccomandazioni delle linee guida nella prescrizione della terapia antitrombotica in presenza di fibrillazione atriale.

Alcuni ricercatori di Seattle hanno rivisto le cartelle cliniche di 596 pazienti a cui era stata posta una diagnosi di fibrillazione atriale (FA) di nuova insorgenza. Furono giudicati a rischio elevato di tromboembolismo 437 soggetti (pari al 76% del campione), di questi il 17% era in terapia con aspirina, il 48% con warfarin, l'11% con aspirina + warfarin, ma ben il 24% non assumeva alcuna terapia antitrombotica.
Secondo i ricercatori l'unico criterio che veniva usato per decidere se somministrare o meno una terapia antitrombotica era la classificazione della fibrillazione: nei pazienti con FA intermittente o persistente la terapia era prescritta al 70% dei pazienti mentre nel caso di FA transitoria solo il 25% dei casi veniva messo in trattamento, indipendentemente dal rischio di stroke.
Un altro dato preoccupante trovato dai ricercatori è che solo il 48% dei pazienti in terapia con warfarin era nel range terapeutico di INR. In più nel 28% dei casi di trattamento con warfarin vi erano delle controindicazioni al suo uso.


Fonte:

Glazer NL et al. Newly detected atrial fibrillation and compliance with antithrombotic guidelines. Arch Intern Med 2007 Feb 12; 167:246-52.



Commento di Renato Rossi

Questo studio dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, di quanto lontana sia la pratica clinica dalle raccomandazioni delle linee guida.
Nel caso di fibrillazione atriale si consiglia di stratificare il rischio di stroke e di decidere quindi la strategia terapeutica sulla base di questo rischio.
Nei pazienti con meno di 65 anni e nessun altro fattore associato (cosiddetta "lone atrial fibrillation") il rischio di stroke è basso per cui si può prescrivere aspirina anche se in realtà secondo alcuni il trattamento antitrombotico si potrebbe omettere perchè finora mancano dimostrazioni convincenti che la terapia sia superiore al non trattamento in questi soggetti. In molti casi tuttavia, se non vi sono controindicazioni, si prescrive l'asa per motivi medico-legali.
Nei pazienti di 65-75 anni e senza altri fattori di rischio si può prescrivere asa o warfarin, bilanciando il ridotto rischio di stroke ottenibile con la TAO rispetto all'asa con l'aumentato rischio emorragico.
Per i soggetti a rischio elevato di stroke (per rischio elevato si intende la presenza di uno o più dei seguenti fattori: età > 75 anni, valvulopatie mitraliche, ipertensione, compresa quella in trattamento, precedente TIA o ictus, scompenso cardiaco o disfunzione ventricolare sinistra) si raccomanda l'uso del warfarin, a meno che non esistano controindicazioni come una compliance non adeguata, un'ipertensione poco controllata con terapia ottimale, un' insufficienza renale, precedenti emorragie, alcolismo o abuso di droghe.
Il punto interessante dello studio recensito è che i medici, per decidere se instaurare o meno una terapia antitrombotica, si basano più sulle caratteristiche dell'aritmia che sul rischio di ictus. Succede così che nei casi di FA persistente o intermittente la percentuale di pazienti trattati con antitrombotici è elevata mentre di fronte ad un soggetto che ha uno o due episodi di FA transitoria si tende a non prescrivere la terapia quando si ha il ritorno al ritmo sinusale. Eppure è noto da studi di monitoraggio elettrocardiografico continuo che nei soggetti che hanno avuto un episodio parossistico di FA si possono verificare altri episodi parossistici asintomatici in percentuali variabili (secondo alcuni studi fino al 25% dei casi). Spesso si tratta di episodi brevi che passano inosservati, magari perchè gli antiaritmici assunti riducono la frequenza ventricolare. Ma sono probabilmente questi episodi asintomatici responsabili di molti casi di stroke ischemico nei pazienti che erano apparentemente in ritmo sinusale, come è stato dimostrato dallo studio AFFIRM [1]. In definitiva la scelta se prescrivere o meno una terapia antitrombotica dovrebbe basarsi sul rischio di ictus, considerando i fattori precedentemente segnalati, e non tanto sulle caratteristiche dell'aritmia: per esempio in un paziente anziano iperteso e con disfunzione ventricolare sinistra la terapia con warfarin andrebbe considerata pur in presenza di ritmo sinusale se vi sono stati alcuni episodi transitori di FA.


Referenze

1. N Engl J Med 2002 Dec 5; 347: 1825-33



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