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Nuove linee guida sul tromboembolismo venoso
Inserito il 29 marzo 2007 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Sono state appena pubblicate le nuove linee guida sul tromboembolismo venoso (TEV) da parte di un panel di esperti dell' American College of Physicians e dell' American Academy of Family Physicians.



Le raccomandazioni delle due società scientifiche americane si possono dividere in diagnostiche e terapeutiche.

Raccomandazioni diagnostiche
Per diagnosticare un TEV si consiglia di usare uno strumento (per esempio lo score di Wells) che permette di stratificare il rischio del paziente.
Se la probabilità pre-test di un TEV è bassa è sufficiente il dosaggio del D-dimero per escludere o confermare la diagnosi.
Se la probabilità pre-test è media o elevata si raccomanda di sottoporre il paziente ad un'ecodoppler degli arti inferiori per diagnosticare una trombosi venosa profonda mentre nel caso si sospetti una embolia polmonare (EP) si devono eseguire test radiologici (TAC torace, angiografia polmonare)

Raccomandazioni terapeutiche
Per il trattamento della TVP in ospedale si consiglia una eparina a basso peso molecolare (piuttosto che l'eparina frazionata); per l'EP sono appropriate sia le eparine a basso peso molecolare che l'eparina standard. In casi attentamenti selezionati il paziente può essere trattato a domicilio.
Ad iniziare da un mese dopo la diagnosi di TVP e per almeno un anno si devono usare calze compressive per ridurre il rischio di sindrome post-trombotica.
La terapia con warfarin dovrebbe durare da 3 a 6 mesi per il TEV secondario a fattori di rischio transitori e più di 12 mesi per le forme ricorrenti. La durata ottimale non ben conosciuta ma ci sono prove che un uso prolungato (fino a 4 anni) del warfarin riduce le recidive.
La terapia a lungo termine del TEV con eparine a absso peso molecolare è sicura in pazienti selezionati (per esempio quelli nei quali è difficoltoso il controllo dell'INR) e può essere preferibile in quelli con neoplasie.
Per il TEV in gravidanza è difficile dare raccomandazioni specifiche per mancanza di studi: si devono evitare gli antagonisti della vitamina K; le eparine (standard o a basso peso molecolare) non passano la placenta e non sembrano provocare danni o sanguinamenti fetali.


Fonte:
1. Ann Fam Med 2007 Jan/Feb;5:57-62.
2. Ann Intern Med 2007 Feb 6; 146:204-240.

Commento di Renato Rossi

Queste linee guida costituiscono una summa dello stato dell'arte attuale sulla diagnosi e sul trattamento del TEV. In realtà nulla di nuovo sotto il sole: si tratta di raccomandazioni che dovrebbero ormai essere entrate a far parte delle conoscenze consolidate di ogni medico che abbia occasione di diagnosticare e trattare questa condizione morbosa.
Da osservare come nei protocolli diagnostici sia entrato ormai a far parte il dosaggio del D-dimero.
Vi sono numerosi studi che hanno dimostrato come una negatività del D-dimero possa fare escludere ragionevolmente una trombosi venosa [1,2]. Da ricordare che, in caso di probabilità pre-test media o elevata, un ecodoppler negativo non esclude una TVP, soprattutto se il D-dimero è alterato perchè l'esame potrebbe essere non diagnostico nelle prime 24-48 ore. In questi casi è opportuno ripetere l'indagine dopo alcuni giorni e nel frattempo, se il sospetto è forte, iniziare una terapia eparinica.
Merita un cenno anche il trattamento domiciliare della TVP. Da quando sono entrate in commercio le eparine a basso peso molecolare nei pazienti a basso rischio può essere proposta la terapia senza ricorrere al ricovero. Tuttavia conviene tenere a mente che gli studi in cui questa strategia si è dimostrata sicura prevedevano dei rigidi criteri di esclusione: precedente TEV, condizioni note di trombofilia, comorbidità importante, gravidanza, impossibilità ad aderire alla terapia, sospetta EP.
E' importante anche far capire al paziente che non desidera ricoverarsi che il trattamento eparinico riduce ma non annulla del tutto il rischio di una embolia polmonare, per cui è necessario un monitoraggio attento di eventuali segni e/o sintomi sospetti per poter predisporre un ricovero immediato. Ci sembra quasi inutile aggiungere che è opportuno ottenere un consenso informato sottoscritto e firmato in cui siano chiaramente specificati i rischi che il soggetto potrebbe correre nonostante il trattamento anticoagulante.
Da ultimo alcune considerazioni circa la durata della terapia con warfarin. In genere si consigliano 3 mesi nei casi di TVP distale, 6 mesi nella TVP prossimale e nell'EP. Altri consigliano 3 mesi se la TVP è dovuta a cause transitorie, 6-12 mesi (o anche più) in caso di EP o di TVP idiopatica o se primo episodio da anticorpi antifosfolipidi. Nei casi ricorrenti va esclusa una neoplasia occulta e va valutata l'opportunità di una terapia protratta per alcuni anni o addirittura sine die. Uno studio [3] ha dimostrato che prolungando la TAO (con INR 1,5-2) fino a 2 anni, si riducono le recidive con rischi emorragici trascurabili. Sembra quindi che prolungando la terapia con warfarin si riduca il rischio di recidiva ma gli ulteriori benefici diminuiscono progressivamente con la durata del trattamento [4]. Bisogna inoltre considerare che diverso è il rischio di recidiva nel caso l'evento trombotico sia stato causato da un fattore favorente (intervento chirurgico, trauma, fratture, ecc.) o se la TEV è apparentemente idiopatica. In uno studio [5], dopo 2 anni dall'evento, il rischio di recidiva era assente in chi aveva avuto un TEV post-chirurgico mentre era del 19,4% in coloro in cui la trombosi era apparentemente idiopatica. Nello stesso studio si poté determinare che la ricerca di un' eventuale trombofilia non permetteva di predire il rischio di recidiva. A questo scopo era più utile la storia clinica: globalmente i soggetti con TEV idiopatica avevano un rischio di recidiva di quasi il 20% contro un rischio di circa l'8% dei soggetti con TEV secondaria.
Un altro studio [6] ha invece esaminato il rischio di recidiva in relazione ai livelli di D-dimero, misurati 3 settimane dopo la sospensione della TAO: chi aveva valori inferiori a 250 mg/dL presentava un rischio di recidiva inferiore del 60% rispetto a chi aveva valori superiori. Questo dato è confermato anche da uno studio più recente [7] in cui si è dimostrato che dopo un episodio di tromboembolismo venoso valori di D-dimero alterati ad un mese dalla sospensione dell'anticoagulazione sono associati ad un aumento del rischio di recidiva ma che tale rischio si può ridurre riassumendo la TAO.


Bibliografia

1.Fancher TL et al. BMJ 2004; 329:821-824
2.Rathbun SW et al. Ann Intern Med 2004; 141:839-845
3.Ridker PM et al. Studio PREVENT. N Engl J Med 2003; 348:1425
4. Ost D et al. Duration of Anticoagulation Following Venous Thromboembolism. A Meta-analysis. JAMA 2005 Aug 10; 294:706-715.
5. Baglin T et al. Lancet 2003; 362: 523
6. Eichinger S et al. JAMA 2003 ; 290:1071.
7. . Palareti G. for the PROLONG Investigators. D-Dimer Testing to Determine the Duration of Anticoagulation Therapy. N Engl J Med 2006 Oct 26; 355.1780-1789
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3247

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