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Screening: domande e risposte
Inserito il 10 settembre 2007 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Una serie di domande e risposte sugli screening.

Domanda
Non passa giorno che non vengano proposte iniziative di screening delle più varie patologie quando non addirittura di fattori di rischio di malattia. Scusa la domanda oziosa, ma cosa si intende esattamente per screening?

Risposta
La domanda non è affatto oziosa, tanto è vero che un recente articolo di Lancet sull’uso e abuso dei test di screening inizia proprio con la constatazione che le principali caratteristiche degli screening (razionale, aspetti metodologici e valutativi) sono poco conosciuti ma soprattutto poco compresi.
Con il termine screening si deve intendere un esame sistematico condotto, con mezzi clinici (anamnesi, esame obiettivo o utilizzo di questionari) , strumentali o laboratoristici, nella popolazione nel suo insieme o in un sottogruppo di essa, volto ad identificare o malattie in una fase preclinica, o precursori/indicatori della malattia, o indicatori di situazione di rischio. Lo screening deve essere inteso come un processo complesso volto a determinare un obiettivo di salute ( ridurre la mortalità totale, ridurre la mortalità causa-specifica, ridurre la morbilità causa-specifica, ridurre la invalidità, etc).

Domanda
Parli di processo complesso, ma cosa c’è di complesso, per esempio, nel prescrivere una mammografia ad una paziente ultracinquantenne?

Risposta
Questa domanda rivela appunto quando detto sopra sulla scarsa conoscenza delle caratteristiche di un processo di screening. Generalmente questo è composto da un test di screening che suddivide i soggetti esaminati in positivi e negativi e da una serie di esami successivi di approfondimento diagnostico per i soggetti risultati positivi. In realtà, si parla di programma di screening per indicare tutte le singole specifiche azioni necessarie per raggiungere l'obiettivo di salute che ci si è posto. Con questo termine si vuole anche sottolineare la necessità che un programma di screening sia sottoposto continuamente a delle azioni di monitoraggio e di controllo.

Domanda
Se ho capito bene la prescrizione di una mammografia ad una paziente asintomatica allo scopo di diagnosticargli in fase precoce un cancro e ridurre il rischio di morte, non è una attività di screening?

Risposta
Il problema non è dare un nome piuttosto di un altro alla prescrizione di un test diagnostico, ma di capire i differenti contesti in cui si opera. Quello che preme sottolineare in questo occasione è la differenza che esiste fra screening, diagnosi precoce e diagnosi tempestiva. Nello screening si opera su una popolazione asintomatica invitata attivamente a sottoporsi al test di screening. Nella diagnosi precoce, invece, si opera sul singolo individuo asintomatico che si sottopone ad un esame preventivo. La diagnosi tempestiva, infine, è quella che deve essere fatta sulla persona che presenta un qualche sintomo che ha un certo grado di predittività per una malattia. Per esempio, se un soggetto riferisce al proprio medico la presenza di un nodulo mammario e il medico conseguentemente richiede gli esami necessari per individuare l'eventuale presenza di una neoplasia, siamo in presenza di diagnosi tempestiva; se una persona richiede di effettuare una mammografia perché è sorella di persona affetta da carcinoma mammario, si deve parlare di diagnosi precoce. Infine, se la richiesta di eseguire una mammografia viene rivolta a tutte le donne ultracinquantenni del proprio elenco di pazienti è un processo di screening.

Domanda
Credo di aver capito. Nei primi due casi non occorre avere un' organizzazione particolare. Nel caso decidessi di invitare tutte le donne oltre i 50 anni a fare una mammografia ( o qualunque altro test di screening) dovrei organizzarmi, per esempio inviando una lettera a tutte le donne che rientrano nel gruppo target. Se invece richiedo una mammografia solo alle donne che ho occasione di contattare per altri motivi?

Risposta
E’ importante pensare allo screening come ad un programma, ovverosia un insieme coordinato e controllato di azioni; in realtà, il singolo test di screening può essere effettuato anche senza un livello di organizzazione collettivo, quello che viene chiamato screening opportunistico, cioè offerto solo ai soggetti con cui si viene in contatto per altri motivi. L'esperienza però ha dimostrato che lo screening opportunistico è quasi sempre meno efficace e più dispendioso (meno efficiente) di uno screening centralizzato. Questo non vuol dire che ogni programma di screening debba per forza essere totalmente centralizzato, ma è bene che permanga una forma centrale di organizzazione e di controllo.

Domanda
Quali sono le caratteristiche principali di una patologia che può beneficiare di una attività di screening?

Risposta
L'obiettivo principale di un'attività di screening è quello di individuare la malattia in una fase precoce della sua storia naturale, partendo dal presupposto che quanto più precoce è la diagnosi tanto più elevata è la probabilità di modificare la storia naturale della malattia tramite un trattamento efficace. Tutte queste caratteriste devono essere contemporaneamente presenti, cioè la malattia deve avere una storia naturale ben conosciuta, deve avere una fase di latenza prima di manifestarsi clinicamente sufficientemente lunga, in questa fase pre-clinica deve essere possibile diagnosticarla e con mezzi possibilmente semplici, deve essere possibile curarla e infine, fondamentale, deve essere chiaramente dimostrato che la terapia in fase precoce è in grado di modificare il decorso della malattia rispetto ad un trattamento effettuato in fase tardiva.

Domanda
Quest’ultima considerazione mi sembra la scoperta dell’acqua calda, è intuitivo pensare che un trattamento precoce migliori gli esiti.

Risposta
Sarà anche intuitivo, ma purtroppo non sempre vero. Poichè è ampiamente dimostrato che non sempre una diagnosi precoce ( e conseguentemente una terapia precoce) apporta maggiori benefici di quanto non avvenga attendendo che la malattia si manifesti clinicamente, è bene prendere atto di queste incertezze e dedicarsi solo agli screening in cui ciò sia chiaramente dimostrato, per esempio con un trial randomizzato.

Domanda
Mi puoi fare un esempio?

Risposta
Un esempio eclatatante in cui non esistono ancora prove di efficacia ( si stanno attendendo i risultati di 2 trials) è lo screening del tumore della prostata con PSA. Un’altro esempio di inefficacia dello screening nel determinare un beneficio tangibile nei pazienti oggetto dello screening è il neuroblastoma.

Domanda
Possiamo esaminare passo a passo queste caratteristiche: deve esserci una fase pre-sintomatica e in questa fase deve essere possibile identificare la malattia con un test diagnostico?

Risposta
La fase preclinica di una malattia inizia quando il processo patologico è presente per la prima volta, ma per la maggior parte delle malattie l'inizio della malattia, appunto perchè asintomatica, è difficilmente identificabile; la fase pre-clinica termina generalmente quando la persona si rivolge al medico per la presenza di sintomi. Nell'intervallo di tempo la patologia passa attraverso vari stadi di progressiva gravità, lo screening in genere viene utilizzato per quelle patologie che si sviluppano attraverso stadi progressivamente più gravi della malattia. Infatti se una malattia ha una storia naturale per cui da uno stadio di bassa malignità si passa improvvisamente alla fase sintomatica la finestra temporale entro cui svolgere una pratica di screening sarebbe troppo ridotta.

Domanda
In sostanza deve esssere ben conosciuta la storia naturale della malattia, ma questa è nota per molte patologie tumorali. I dati che attualmente conosciamo non sono sufficienti per definire la storia naturale delle patologie oggetto di screening?

Risposta
In realtà è vero per poche patologie e in ogni caso, anche in queste patologie, ci possono essere casi in cui la malattia in stadio precoce non evolve, oppure scompare, o addirittura rimane in fase asintomatica per tutta la durata della vita del soggetto. Ti sarà noto che, per esempio, un’altissima percentuale di soggetti anziani deceduti per tutt’altre cause è portatore asintomatico di k prostatico. Se questi soggetti fossero stati screenati e trattati si sarebbe detto che avremmo guarito una enorme quantità di cancri. In realtà non avremmo guarito nessuno perchè quei cancri si sono mantenuti asintomatici per tutta la vita del paziente. Ci sono tuttavia cancri prostatici che si manifestano e sono particolarmente aggressivi ed altri meno aggressivi che evolvono comunque fino a divenire sintomatici. A causa di tali variazioni, un gruppo di persone con malattia in fase preclinica includerà casi con manifestazioni diverse della malattia e con diverso grado di evolutività. Fino a quando non riusciremo a differenziare questa evolutività non potremo dire di conoscere bene la storia naturale di quella malattia.

Domanda
La proporzione di soggetti malati che si trovano nella fase preclinica diagnosticabile è un determinante importante dell'utilità dello screening nel controllare la malattia?

Risposta
Certamente, è un’altro punto che discrimina l’utilità o meno di uno screening. Infatti, se la patologia è estremamente rara, lo screening è di scarsa utilità. Questa considerazione deriva da una speculazione teorica, ma anche testata nella pratica si è dimostrata vera. Riporto a questo proposito l’esempio già citato del neuroblastoma.

Domanda
E’ inquietante l’ipotesi che hai fatto sul cancro prostatico asintomatico degli anziani quando dici che se questi soggetti fossero stati screenati e trattati si sarebbe detto che avremmo guarito una enorme quantità di cancri, ma in realtà non avrebbe guarito nessuno. Nella realtà degli screening attualmente validati questo non succede?

Risposta
Quando si valuta l’effetto dello screening sul controllo di una patologia occorre tener conto di alcune possibili distorsioni legate alla storia naturale della malattia e delle varie possibilità di evoluzione della stessa. In genere in seguito all' introduzione di uno screening si osserva negli anni successivi un aumento della sopravvivenza nella popolazione screenata ed un incremento della percentuale dei soggetti guariti definitivamente.

Domanda
Ottimo, è segno che lo screening funziona. Ma ti vedo perplesso, non mi sembra di aver detto una sciocchezza o manca qualcosa per fornire certezza di efficacia di uno screening?

Risposta
Infatti queste due sole osservazioni non bastano per definire l’efficacia di uno screening. L’aumento della sopravvivenza riscontrabile in popolazioni sottoposte a screening può essere dovuto semplicemente alla anticipazione diagnostica ( quello che gli anglosassoni chiamano lead time bias). L’anticipazione della diagnosi si traduce in un allungamento del periodo di osservazione della malattia, anche in assenza di qualsiasi intervento terapeutico ma c’è una ovvia differenza fra questo allungamento del periodo di osservazione e l’allungamento della sopravvivenza: sono 2 cose profondamente diverse.

Domanda
Punto fondamentale, mi pare di capire, ma poco chiaro. Puoi spiegare con un esempio?

Risposta
L’esempio più pertinente è senz’altro lo screening del cancro polmonare. Ti invito a valutare i dati riportati nella tabella 1 che riepiloga i risultati di studi effettuati negli anni settanta negli USA. In questi studi un gruppo di forti fumatori fu sottoposto ad esame radiografico del torace e citologico dell’escreato ogni 4 mesi e confrontato con un gruppo di controllo non sottoposto a screening. Cosa ci dicono questi risultati?
La tabella 1 riassume i risultati.


Tabella 1

Cancri diagnosticati
Gruppo screening = 87
Gruppo controllo = 57

Incidenza per 1000 esaminati
Gruppo screening = 0,44%
Gruppo controllo = 0,30%

Cancri sintomatici
Gruppo screening = 11%
Gruppo controllo = 67%

Cancri operabili
Gruppo screening = 62%
Gruppo controllo = 28%


Domanda
Mi sembra di poter affermare che lo screening si è dimostrato capace di identificare neoplasie asintomatiche ed in stadio precoce. L’anticipazione diagnostica è stata notevole e rispetto al gruppo di controllo le neoplasie diagnosticate durante lo screening erano in misura assai maggiore aggredibili chirurgicamente. Mi sfugge qualcosa?

Risposta
I dati sono incompleti. Ti ricordo che l’obiettivo di uno screening è un miglioramento della salute ( ridurre la mortalità totale, ridurre la mortalità causa-specifica, ridurre la morbilità causa-specifica, ridurre la invalidità, etc).

Domanda
Mancano i dati sulla mortalità?

Risposta
Esatto. Sono riepilogati nella tabella 2. Gli studi effettuati non hanno dimostrato alcuna differenza di mortalità tra i 2 gruppi a confronto. La notevole anticipazione diagnostica raggiunta non è stata sufficiente a determinare cambiamenti nel tasso di mortalità. Evidentemente anche la diagnosi precoce è giunta in un momento della storia naturale della malattia nel quale le terapie disponibili non avevano comunque il potere di controllare la malattia.


Tabella 2. Decessi nel gruppo screening e nel gruppo controllo

John Hopkins
Screening = 3,4%
Controllo = 3,8%

Memorial Sloan Kettering
Screening = 3.2%
Controllo = 3.0%

Mayo Clinic
Screening = 2.7%
Controlo = 2.7%


Domanda
Questi risultati segnano il de profundis per lo screening del cancro polmonare?

Risposta
Questo non si può dire una volta per tutte. Se avremo metodi di screening che riescono ad anticipare ulteriormente la diagnosi nel paziente asintomatico rispetto alla tradizionale radiografia ( come per esempio la TC spirale), unito a terapie più efficaci rispetto al passato, può darsi che un programma di screening riesca a migliorare la mortalità del cancro polmonare. Questo dovrà essere valutato con trial ben condotti che valutino la mortalità come end-point, poichè, come abbiamo visto, la sola anticipazione diagnostica non garantisce l’efficacia dello screening.

Domanda
Voglio fare l’avvocato del diavolo. Lo screening mi consente comunque di rilevare cancri in fase precoce e di sottoporre i pazienti a interventi meno mutilanti, per esempio una lobectomia invece di una pneumonectomia.

Risposta
Nel bilancio costi benefici questo è l’unico vantaggio che però risulta assai modesto rispetto all’anticipazione della coscienza di malattia e agli effetti collaterali delle terapie ( anche se meno invasiva e destruente una lobectomia è effettuata molti mesi prima di una pneumonectomia ). Non vanno poi sottaciuti i costi monetari di uno screening notevolmente aggressivo ed il danno psicologico nella popolazione esaminata.

Domanda
Questo è un aspetto poco valutato: si richiede ad una popolazione sana di sottoporsi a indagini, talvolta anche fastidiose, per il beneficio di relativamente pochi soggetti ( ma fra questi ci potremmo essere noi o qualche persona che ci è cara). Come si taglia questo nodo gordiano?

Risposta
Effettuando solo screening di documentata efficacia. Cochrane (3) definisce il concetto di efficacia come lacapacità di modificare la storia naturale della malattia in senso positivo. In base a questa considerazione ci possiamo trovare di fronte a 4 possibilità:

1) lo screening determina un' anticipazione diagnostica in grado di modificare la storia naturale della malattia nei suoi caratteri essenziali ( riduzione della mortalità, aumento della sopravvivenza). A queste condizioni uno screening è utile.

2) lo screening non determina un' anticipazione diagnostica utile per modificare la storia naturale della malattia. In questo caso lo screening è inutile.

3) lo screening determina un' anticipazione diagnostica cui non corrisponde alcuna modifica della storia naturale della malattia ( perchè, per esempio, non vi sono ancora cure efficaci – vedi epatite cronica HCV correlata). In questo caso lo screening non solo è inutile ma anche probabilmente dannoso.



Domanda
Perchè?

Risposta
A fronte di nessun benefico per l’individuo e la società, ci sono tutti i rischi connessi all’attività di screening. Nel caso dell’epatite C, per esempio, ci sarebbero da fare un numero elevato di biopsie epatiche, indagine non del tutto innocua.

Non dimentichiamo poi tutti i problemi connessi con la conoscenza anticipata di una malattia sulla cui storia naturale non abbiamo possibilità di incidere.

Domanda
La quarta possibilità? è favorevole o contraria allo screening?

Risposta
La situazione è simile alla precedente. Riguarda l’anticipazione diagnostica di una malattia che, pur presente e diagnosticabile, non si sarebbe mai manifestata clinicamente e non avrebbe quindi inciso su morbilità e mortalità, nè a livello di singolo nè di popolazione. Sarebbe un tipico esempio di screening il cui unico risultato è stato quello di produrre sovradiagnosi. Uno screening assolutamente dannoso.


Referenze

1. David A Grimes, Kenneth F Schulz Uses and abuses of screening tests Lancet 2002; 359: 881-84.
2. Ciatto S. Screening in medicina Il Pensiero Scientifico Editore 1996.
3. Cochrane A. Efficienza ed efficacia. Riflessioni sui servizi sanitari. Pensiero scientifico editore 1999.

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