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Esofago di Barrett: ablazione per tutti?
Inserito il 07 giugno 2007 da admin. - gastroenterologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nel Barrett due metodiche di ablazione della mucosa patologica si sono dimostrate efficaci nel mantenere l'esofago libero da recidive a 2 anni ma numerose questioni rimangono ancora aperte.


In questo studio sono stati arruolati 35 pazienti affetti da esofago di Barrett. Al baseline tutti i partecipanti sono stati trattati con rabeprazolo (20 mgx2/die) e sottoposti a pH metria esofagea per 24 ore. I soggetti sono stati randomizzati ad ablazione della mucosa del Barrett o tramite elettrocoagulazione multipolare oppure con coagulazione ad argon-plasma. I trattamenti sono stati ripetuti ogni 4-8 settimane finchè non erano più visibili i segni endoscopici del Barett oppure per un massimo di 6 sedute. Una volta ottenuta l'ablazione il rabeprazolo fu ridotto a 20 mg/die oppure alla dose necessaria a controllare i sintomi.
La rimozione completa del Barett fu possibile nell' 82,8% dei casi. Il follow-up, durato in media 2 anni, mostrò che il mantenimento dell'ablazione completa si verificò nel 68,5%. Questi risultati non dipendevano nè dalla lunghezza del Barrett, nè da altri fattori come la pH metria esofagea, la presenza o assenza di ernia jatale, l'età, il numero di sedute effettuate, la dose del PPI o il metodo ablativo adoperato.


Fonte:
Sharma P et al. A randomised controlled trial of ablation of Barrett’s oesophagus with multipolar electrocoagulation versus argon plasma coagulation in combination with acid suppression: Long term results. Gut 2006 Sep; 55:1233-9.



Commento di Renato Rossi

Nell'esofago di Barrett, a causa del continuo reflusso gastro-esofageo, la mucosa va incontro a modificazioni profonde ed il normale epitelio squamoso viene sostituito da epitelio colonnare con aree di metaplasia. Si tratta di una condizione ritenuta ad elevato rischio di trasformazione ina denocarcinoma. I maggiori fattori di rischio per evoluzione maligna sono la lunghezza del tratto di mucosa interessato, il sesso maschile, la durata del reflusso gastro-esofageo, la presenza di determinate lesioni come ulcere o stenosi all'esame endoscopico, la familiarità.
La terapia di prima scelta è un inibitore di pompa protonica usato a dosi tali da controllare i sintomi.
Tuttavia non esistono prove forti che il trattamento antisecretivo continuo riduca il rischio di progressione [1].
Viene consigliata inoltre una sorveglianza endoscopica periodica. Tuttavia è incerto se il follow-up periodico sia utile nei casi in cui l'esame istologico mostra una displasia assente o lieve.
Per esempio uno studio mette in discussione che la sorveglianza stretta nel Barrett sia necessaria perché l'evoluzione verso la neoplasia è rara, specialmente se il tratto di esofago interessato non supera i 3 cm e se non c'è displasia severa [2].
In un altro studio [3] si è visto che la maggior parte dei pazienti con Barrett muore per cause diversa dal cancro esofageo: su 143 Barrett sottoposti a sorveglianza endoscopica 5 svilupparono un adenocarcinoma ma solo uno venne svelato grazie alla sorveglianza; per contro su altri 266 casi di Barrett non sottoposti a sorveglianza endoscopica solo uno morì di cancro dell'esofago e ben 103 per altre cause. Gli autori di questo studio concludono che la sorveglianza può essere appropriata nei pazienti che oltre al Barrett hanno anche altri fattori di rischio come la presenza di ulcerazioni, stenosi, oppure un segmento di esofago interessato superiore a 8 cm.
Comunque nonostante queste incertezze le linee guida prevedono quanto segue:
a) se la sostituzione dell'epitelio squamoso con epitelio colonnare è di tipo gastrico (cardiale o fundico) si consiglia una endoscopia dopo 5 anni
b)se è di tipo intestinale vero e proprio si esegue una EGDS dopo 2 anni se non vi è displasia, in caso di displasia di alto grado il paziente va inviato al chirurgo per l'intervento o sottoposto ad ablazione endoscopica, in caso di displasia di basso grado si controlla dopo 3 mesi e se persistono le lesioni di basso grado si ricontrolla dopo 6 mesi, se al contrario la displasia è scomparsa si ricontrolla dopo un anno.
Nei casi di displasia di alto grado l'intervento di scelta è l'esofagectomia. Le procedure di ablazione endoscopica (resezione, elettrocoagulazione o argon-plasma coagulazione) hanno ovviamente il vantaggio di non essere gravate dalle complicanze legate all'intervento chirurgico e quindi sono di elezione nei pazienti in cui l'operazione è controindicata o presenta rischi, tuttavia non possono dare la certezza di una asportazione completa. Secondo lo studio recensito in questa pillola l'ablazione ottenuta mediante elettrocoagulazione o argon-plasma coagulazione si mantiene, a due anni, in un buona percentuale di casi, però non sappiamo se questi risultati perdurino per periodi più prolungati. Un altro punto aperto è quale tecnica ablativa scegliere. Non esistono dati per affermare che una sia superiore all'altra, tuttavia la resezione endoscopica permette di esaminare istologicamente il materiale asportato e nel caso si evidenzi un interessamento dei tessuti profondi si potrà valutare l'opportunità di un intervento di esofagectomia. Nel caso invece di ablazione tramite tecniche coagulative questo non è possibile.


Referenze

1. Spechler SJ. Barrett's esophagus. N Engl J Med 2002 March 14; 346:836-842
2. Conio M, et al. Long-term endoscopic surveillance of patients with Barrett's esophagus. Incidence of dysplasia and adenocarcinoma: a prospective study. Am J Gastroenterol September 2003;98:1931-9
3. Macdonald CE et al. Final results from 10 year cohort of patients undergoing surveillance for Barrett's oesophagus: observational study. BMJ 2000 Nov 18; 321.1252-1255


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