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Anche il naproxene aumenta il rischio cardiovascolare?
Inserito il 19 maggio 2007 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo i dati dello studio ADAPT anche il naproxene aumenterebbe gli eventi cardiovascolari rispetto al placebo, ma non tutti concordano.


Sono stati pubblicati i dati dello studio ADAPT [1] (Alzheimer's Disease Anti-Inflammatory Prevention Trial) sponsorizzato dai NIH Americani (National Institutes od Health). Lo studio doveva valutare la capacità dei farmaci antinfiammatori non steroidei di ridurre il rischio di morbo di Azheimer ma era stato interrotto anticipatamente nel 2004. Nel trial, che doveva durare tre anni, erano stati arruolati circa 2500 pazienti randomizzati a placebo, naproxene o celecoxib. Lo studio era stato interrotto a scopo precauzionale a causa delle notizie apparse a suo tempo sui coxib. Tuttavia l'analisi ad interim dei dati aveva mostrato che era il naproxene ad essere associato ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari rispetto al placebo, mentre tale problema non risultava per il celecoxib. La FDA avvertiva i pazienti di non assumere per periodi superiori ai 10 giorni prodotti da banco contenenti naproxene senza aver preventivamente consultato un medico. Tuttavia i dati completi dello studio sono stati resi disponibili solo ora.
Per la mortalità totale non c'era differenza tra celecoxib vs placebo (HR 1,11; IC95% 0,47-2,64) e tra naproxene vs placebo (HR 1,37; IC95% 0,60-3,10). Neppure per la mortalità cardiovascolare vi erano differenze statisticamente significative: rispettivamente HR 1,96 (IC95% 0,44-8,76) per celecoxib vs placebo ed HR 1,48 (IC95% 0,30-7,32) per naproxene vs placebo. Per quanto riguarda gli eventi cardiovascolari si avevano i seguenti dati:
- infarto miocardico: celecoxib vs placebo HR 0,91 (0,38-2,19); naproxene vs placebo HR 1,49 (0,69-3,22)
- ictus: celecoxib vs placebo HR 1,47 (0,52-4,20); naproxene vs placebo HR 2,13 (0,81-5,60)
- scompenso cardiaco: celecoxib vs placebo HR 0,63 (0,16-2,44); naproxene vs placebo HR 1,70 (0,62-4,69)
- morte cardiovascolare + infarto miocardico: celecoxib vs placebo HR 1,08 (0,50-2,36); naproxene vs placebo HR 1,29 (0,61-2,72)
- morte cardiovacolare + infarto miocardico + ictus: celexoxib vs placebo HR 1,14 (0,61-2,15); naproxene vs placebo HR 1,57 (0,87-2,81)
- morte cardiovascolare + infarto miocardico + ictus + scompenso cardiaco: celecoxib vs placebo HR 1,06 (0,60-1,88); naproxene vs placebo HR 1,66 (1,00-2,77)
- morte cardiovascolare + infarto miocardico + ictus + scompenso cardiaco + TIA: celecoxib vs placebo HR 1,10 (0,67-1,79); naproxene vs placebo HR 1,63 (1,04-2,55).
Gli autori concludono che, seppur non definitivi, i loro dati suggeriscono un aumento degli eventi
cardio-cerebrovascolari dovuti al naproxene rispetto al placebo.
Un editorialista [2] però fa notare che lo studio è stato interrotto non dal comitato etico ma dai NIH, sull'onda delle emozioni causate dal ritiro del rofecoxib, e che i risultati possono essere non affidabili: se si considera l'end-point morte cardiovascolare + infarto + stroke ci sono stati 17 eventi nel gruppo celecoxib, 23 nel gruppo naproxene e 22 nel gruppo placebo (differenze non significative) e solo aggiungendo anche lo scompenso cardiaco e i TIA si poteva a malapena raggiungere la significatività statistica. Egli nota ancora che i ricercatori non erano in cieco: se si continua ad "osservare" i dati durante lo svolgimento dello studio può capitare che transitoriamente questi raggiungano a malapena la significatività statistica (sia in termini di beneficio che di rischio), ma si tratta di "segnali" non affidabili, per i quali è errato sospendere lo studio. Infine ricorda una meta-analisi pubblicata recentemente dal JAMA secondo la quale il naproxene non era gravato da un eccesso di rischio cardiovascolare, mentre la FDA nel 2005 consigliò che il naproxene fosse il farmaco di paragone quando si doveva valutare il rischio cardiovascolare di un nuovo FANS. Infine richiama a nuove regole che si dovrebbero adottare prima di interrompere un trial, confidando in significatività statistiche ben più importanti di quelle trovate nello studio ADAPT.

Fonte:
1. ADAPT Research Group (2006) Cardiovascular and cerebrovascular events in the randomized, controlled Alzheimer's Disease Anti-inflammatory Prevention Trial (ADAPT). PLoS Clin Trials 1(7): e33. doi:10.1371/journal.pctr.0010033
2. Nissen SE (2006) ADAPT: The wrong way to stop a clinical trial. PLoS Clin Trials 1(7): e35. doi:10.1371/journal.pctr.0010035


Commento di Renato Rossi

Sembra che la classe dei FANS non abbia pace. Sono appena stati pubblicati i risultati dello studio MEDAL [1] che un nuovo contributo viene a confondere ancora le acque. Della precoce interruzione dello studio ADAPT questa testata si era occupata a suo tempo [2].
Che dire? Sono affidabili i risultati ora finalmente pubblicati oppure ha ragione l'editorialista a richiamare a regole più ferree?
In effetti si vede che di tutti gli end-point esaminati nessuno ha raggiungo la significatività statistica se si eccettua l'ultimo, quello che ha assemblato insieme ben 5 end-point singoli. Viene allora da chiedersi se questa benedetta significatività sia reale o sia solo un artificio legato all'uso di un outcome composto. Inoltre se si osserva l'intervallo di confidenza dei vari esiti si vede come quasi sempre questo sia molto ampio, il che in genere vuol dire scarsa riproducibilità.
L'editorialista cita inoltre una metanalisi del JAMA di studi osservazionali [3] da cui risulta che il naproxene è un farmaco sicuro rispetto al placebo per quanto riguarda il rischio cardiovascolare. Giova ricordare però anche un'altra meta-analisi [4], quest'ultima di RCT, in cui ancora una volta si conferma la sicurezza cardiovascolare del naproxene rispetto al placebo: HR 0,93 (IC95% 0,67-1,26).
In conclusione i dati dello studio ADAPT non sembrano modificare quanto abbiamo già consigliato più volte sull'uso dei FANS e che abbiamo richiamato anche di recente [1]: usare con estrema prudenza i FANS nei pazienti affetti da (oppure a rischio di) patologie cardiovascolari, alle dosi più basse possibili e per il tempo strettamente necessario, rivalutando periodicamente l'opportunità del trattamento.

Commento di Luca Puccetti

Oltre alle osservazioni già opportunamente fatte da Renato Rossi, può essere interessante notare che la significatività dell'incremento dell'indice composto degli eventi cardiovascolari è presente solo nei pazienti trattati con naprossene che non facevano uso di ASA, mentre coloro che assumevano aspirina a basso dosaggio hanno presentato un'incidenza dell'indice composito cardiovascolare non significativamente diversa rispetto al gruppo placebo. Questa distinzione non si è invece evidenziata nel gruppo trattato con celecoxib che non ha presentato un aumento significativo dell'indice composito cardiovascoalare, indipendentemente dall'assunzione concomitante di ASA.
Nella valutazione di questo dato occorre sempre ricordare che si tratta di un'analisi per sottogruppi per cui è più da considerare come un'ipotesi di studio che come un dato acquisito. Un'ulteriore osservazione riguarda il fatto che sia i pazienti trattati con celecoxib (47%) che quelli trattati con naprossene (45%) hanno presentato un aumento significativo di nuovi trattamenti antiipertensivi rispetto a quanto osservato nei tre anni dello studio nel gruppo placebo (34%) con HR rispettivamente di 1,56 (95%IC 1,26-1,94) e 1,40 (95%IC 1,12-1,75).

Referenze

1.http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2888
2.http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1556
3. McGettigan P et al. Cardiovascular Risk and Inhibition of Cyclooxygenase. A Systematic Review of the Observational Studies of Selective and Nonselective Inhibitors of Cyclooxygenase 2. JAMA 2006 Oct 4;296:1633-1644
4. Kearney P M et al. Do selective cyclo-oxygenase-2 inhibitors and traditional non-steroidal anti-inflammatory drugs increase the risk of atherothrombosis? Meta-analysis of randomised trials. BMJ 2006 Jun 3 ; 332:1302-1308

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