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Quale terapia per lo scompenso cardiaco diastolico?
Inserito il 04 giugno 2007 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Uno studio di tipo osservazionale suggerisce che i beta-bloccanti potrebbero ridurre la mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco e funzione sistolica conservata mentre un RCT non ha potuto stabilire con certezza l'utilità di perindopril anche se potrebbe esserci una riduzione dei ricoveri per scompenso e un miglioramento della sintomatologia.


In un primo studio [1] sono stati analizzati in maniera prospettica 443 pazienti affetti da scompenso cardiaco avanzato e funzione ventricolare sinistra >= 40% (cosiddetto scompenso diastolico). L'età media era di 78 anni, il 56% era rappresentato da donne e nel 33% dei casi la classe di scompenso era la IV secondo la classificazione NYHA. Alla dimissione vennero prescritti beta-bloccanti a 227 pazienti (51%). La durata media del follow-up fu di 25 mesi. Il decesso si verificò in 40 pazienti (17,6%) che erano trattati con beta-bloccanti e in 73 pazienti (33,8%) che non erano in terapia con tali farmaci. Dopo aggiustamento dei dati risultò che l'uso dei beta-bloccanti era associato ad una riduzione della mortalità totale del 43% (HR 0,57; IC95% 0,37-0,88; P = 0,01). Gli autori concludono che questo effetto dei beta-bloccanti sullo scompenso diastolico necessita di essere confermato in studi randomizzati e controllati.
In un secondo studio randomizzato e controllato in doppio cieco [2] sono stati arruolati 850 pazienti (età media 76 anni, 55% donne) affetti da scompenso con funzione sistolica conservata e senza anomalie valvolari. I partecipanti sono stati trattati con perindopril (4mg/die) oppure placebo. End-point primari erano la mortalità totale e i ricoveri non pianificati per scompenso cardiaco, con un follow-up minimo di 1 anno. Il follow-up medio fu di 2,1 anni. Sia l'arruolamento che gli eventi furono minori di quanto previsto (lo studio era stato pianificato per dimostrare una differenza nell'end-point primario del 35%). Molti pazienti smisero il perindopril (28%) e il placebo (26%) e dopo un anno inziarono ad assumere un aceinibitore. Comunque l'end-point primario si verificò in 107 pazienti assegnati al placebo e 100 assegnati a perindopril (P = 0,545). Al follow-up di 1 anno si osservò una riduzione dell'end-point primario non significativa (HR 0,692; IC95% 0,474-1,010; P = 0,055) e delle ospedalizazioni per scompenso (HR 0,628; IC95% 0,408-0,966; P = 0,033). Gli autori concludono che rimangono incertezze circa l'utilità del perindopril sulla mortalità e morbidità a lungo termine in quanto lo studio non aveva la potenza statistica necessaria per questi end-point primari, tuttavia potrebbe esserci un beneficio nel ridurre le ospedalizzazioni e nel migliorare i sintomi e la capacità di esercizio.


Fonte:
1. Dobrea D et al. Prescription of beta-blockers in patients with advanced heart failure and preserved left ventricular ejection fraction. Clinical implications and survival. European Journal of Heart Failure, avaible online 2006 October 5, doi:10.1016/j.ejheart.2006.07.008
2. Cleland JGF et al. The perindopril in elderly people with chronic heart failure (PEP-CHF) study. Eur Heart J 2006 Oct; 27: 2338-2345


Commento di Renato Rossi

Lo scompenso cardiaco diastolico dal punto di vista clinico è indistinguibile da quello da disfunzione sistolica ma l'ecocardiogramma mostra una frazione di eiezione conservata. Per questo motivo questa condizione viene definita anche come scompenso con frazione di eiezione conservata. Colpisce più spesso soggetti anziani mentre sono preferite le donne.
Contrariamente a quanto si riteneva, questo tipo di scompenso non ha una prognosi migliore di quello da disfunzione sistolica [1,2]: la mortalità ad un anno è del 20%-30%, mentre a 5 anni arriva al 65%. In uno studio [6] di coorte su 556 pazienti affetti da scompenso cardiaco si è visto che nel 55% dei casi la funzione ventricolare sinistra era conservata e che una disfunzione diastolica isolata era presente nel 44% dei casi. La mortalità a 6 mesi era del 16% sia nei pazienti con disfunzione sistolica che in quelli con disfunzione diastolica. In un altro studio osservazionale su oltre 41.000 soggetti ospedalizzati per scompenso acuto si è visto che la mortalità intra-ospedaliera e dopo la dimissione era più bassa in chi aveva una pressione arteriosa sistolica più elevata al momento del ricovero, indipendentemente dalla funzionalità del ventricolo sinistro: la mortalità era circa 4 volte più elevata in chi aveva una PAS < 120 mmHg rispetto a chi aveva una PAS > 161 mmHg [7]. Questi dati confermano quindi che lo scompenso diastolico non deve essere considerato una condizione meno rischiosa dello scompenso sistolico.
La terapia è largamente basata sull'opinione di esperti: in effetti non esistono per ora RCT che abbiano valutato quale siano i trattamenti di scelta nello scompenso diastolico. Vi è solo un braccio dello studio CHARM, il CHARM-preserved [3], in cui sono stati arruolati 3025 pazienti con frazione di eiezione > 40% con/senza aceinibitore, randomizzati a placebo o candesartan: non si ebbe alcuna differenza per quanto riguarda l'end-point primario (morte cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco); la frequenza dei ricoveri per scompenso era più bassa nel gruppo candesartan ma non raggiungeva la significatività statistica. Lo studio sul perindopril recensito in questa pillola non permette di trarre conclusioni sia perchè non aveva la potenza statistica inizialmente pianificata sia perchè vi è stata una elevata percentuale di soggetti nei due gruppi che ha violato il protocollo sospendendo il trattamento e iniziando ad assumere un aceinibitore. Gli autori concludono che potrebbe esserci una riduzione dei ricoveri per scompenso ed un miglioramento della sintomatologia ma, stante questi vizi metodologici, il dato va interpretato con prudenza. Lo studio sui beta-bloccanti è di tipo osservazionale, su una casistica limitata a qualche centinaio di pazienti e i due gruppi non erano stati preventivamente suddivisi in modo randomizzato. I risultati quindi vanno presi con le molle e, come giustamente sottolineano gli autori, sono necessari RCT disegnati ad hoc per valutare l'utilità dei beta-bloccanti in questo tipo di scompenso. Alcuni studi sono attualmente in corso, tra cui uno giapponese, e potranno in futuro fornire evidenze più stringenti.
Per ora, quindi, non abbiamo dati affidabili per raccomandare terapie particolari. La terapia di scelta sembra basarsi su aceinibitori, sartani, diuretici e betabloccanti [4]. Si ritiene che la digitale sia controindicata (o che comunque vada usata con molta cautela) perché l'effetto inotropo positivo potrebbe peggiorare la disfunzione diastolica e un' analisi ancillare recente del Digitalis Investogation Group (Studio DIG) evidenzia come la digoxina non riduca la mortalità nè abbia effetti su altri outcomes nel sottogruppo di pazienti con scompenso diastolico[5]; anche i duretici dovrebbero essere prescritti con una certa attenzione per la possibile riduzione della portata cardiaca. I calcioantagonisti diidropiridinici a lunga durata d'azione potrebbero essere farmaci di seconda scelta da usare negli ipertesi se i beta-bloccanti sono controindicati.


Referenze

1. Bhatia RS et al. Outcome of Heart Failure with Preserved Ejection Fraction in a Population-Based Study. N Engl J Med 2006 Jul 20; 355:260-269
2. Owan TE et al. Trends in Prevalence and Outcome of Heart Failure with Preserved Ejection Fraction. N Engl J Med 2006 Jul 20; 355:251-259
3. 3. Yusuf S et al. Effects of candesartan in patients with chronic heart failure and preserved left-ventricular ejection fraction: the CHARM-Preserved Trial. Lancet 2003; Sept 6; 362: 777-81
4. Satpathy C. et al. Diagnosis and Management of Diastolic Dysfunction and Heart Failure. Am fam Physician 2006 Mar 1; 73:841-846
5. Ahmed A et al. Effects of Digoxin on Morbidity and Mortality in Diastolic Heart Failure. The Ancillary Digitalis Investigation Group Trial". Circulation. 2006;114:397-403
6. Bursi F et al. Systolic and diastolic heart failure in the community. JAMA 2006 Nov 8; 296:2209-16.
7. Gheorghiade M et al. or the OPTIMIZE-HF Investigators and Coordinators. Systolic Blood Pressure at Admission, Clinical Characteristics, and Outcomes in Patients Hospitalized With Acute Heart Failure. JAMA. 2006 Nov 8;296:2217-2226.

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