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Inosservanza del protocollo per la sperimentazione della Ru486 a Torino? |
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Inserito il 17 settembre 2006 da admin. - ostetricia - segnala a:    
La sperimentazione della Ru486, già sospesa dalla Direzione Aziendale del S. Anna in attesa degli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria in atto, non avrebbe rispettato il protocollo del Ministero della Salute.
Il Comitato etico regionale, pur non avendo ancora comunicato ufficialmente nulla alla Direzione Generale del S. Anna, avrebbe concluso che non sarebbe stato rispettato il protocollo del Ministero della Salute per la sperimentazione della pillola abortiva Ru486. La sperimentazione è stata sospesa dopo che 362 donne delle 400 previste hanno usufruito della Ru486.
Fonte: Ansa 15-09-2006.
Commento di Renzo Puccetti *
Le notizie sugli sviluppi torinesi della sperimentazione sulla Ru 486 riportati dai media (cfr. “La Stampa” del 15/9/2006 a pag 39 e le considerazioni espresse da una nota giornalista sull’opportunità di consentire la libertà di poter abortire a domicilio (“Liberazione” del 11/9/2006), meritano alcune considerazioni. La sperimentazione di Torino non aveva come end-point la verifica del profilo di sicurezza e tollerabilità del mifepristone o dell’aborto farmacologico con mifepristone/misoprostol, obiettivo che avrebbe richiesto un disegno sperimentale completamente diverso ed una dimensione del campione ben più ampia. Come ben specificato, l’intento dello studio era limitato al confronto di due schemi posologici diversi. Non è quindi giustificato considerare la registrazione del prodotto nel nostro paese un adempimento automatico una volta terminata la sperimentazione del S. Anna, che resta quindi un semplice studio clinico inseribile nella documentazione esaminata ai fini dell’eventuale registrazione del mifepristone per l’indicazione abortiva. L’elevato numero di donne che avrebbero abortito al di fuori della struttura ospedaliera, e che sembra avere attirato l’attenzione dei magistrati inquirenti, è solo un’ulteriore conferma della ormai consolidata letteratura medica, secondo cui l’aborto farmacologico non consente di prevedere temporalmente l’espulsione del prodotto del concepimento, fase del processo abortivo che, come riconosciuto dallo stesso Consiglio Superiore di Sanità, deve comunque avvenire in ospedale per la sicurezza della donna stessa (cfr. http://www.scienzaevita.info/public/site/downloads.asp?cat=21). Accostare ad ogni pie’ sospinto l’aborto farmacologico con l’articolo 15 della legge 194, in cui si auspica l’uso di tecniche più sicure e meglio tollerate, è “pre-scienza”, una scienza cioè che salta alle conclusioni senza averle dimostrate. Non esiste infatti un solo studio nella letteratura mondiale che abbia dimostrato una maggiore sicurezza della Ru 486 rispetto al metodo per isterosuzione, anzi, le evidenze sono piuttosto contrarie (cfr. Greene MD. N Engl J Med. Dec 2005 o le relazioni tenute ad Atlanta nel convegno organizzato congiuntamente da CDC ed FDA http://www.fda.gov/cder/meeting/clostridia_disease.htm). Occorre inoltre considerare l’elevato numero di donne che, una volta assunte le pillole abortive, non si presentano ai successivi controlli; si tratta di percentuali del 20% ed oltre, cifra che non può essere omessa nelle valutazioni generali sulla sicurezza del metodo e sul controllo sociale di un evento che comunque non può essere considerato “terapeutico”, ma piuttosto intrinsecamente patologico e come tale è incluso nell’ICD-10.
* Specialista in Medicina Interna, membro di Scienza & Vita
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