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Atorvastatina in diabetici non iperlipemici non riduce gli eventi: studio ASPEN
Inserito il 10 novembre 2006 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nello studio ASPEN l'atorvastatina non è risultata utile nei diabetici con valori di colesterolo LDL inferiori al target consigliato dalle linee guida


In questo studio in doppio cieco durato 4 anni sono stati reclutati 2.410 soggetti affetti da diabete tipo 2 nei quali i livelli di colesterolo LDL erano al di sotto del target consigliato dalle linee guida. I pazienti sono stati randomizzati ad atorvastatina (10 mg/die) oppure placebo. L'end-point primario era composto da morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, stroke non fatale, interventi di ricanalizzazione, by-pass coronarico, rianimazione per arresto cardiaco, peggiormanento o angina instabile richiedenti il ricovero. I livelli medi di colesterolo LDL al baseline erano di 113 +/- 25 mg/dL nel gruppo atorvastatina e di 114 +/- 26 mg/dL nel gruppo placebo. Alla fine dello studio i valori medi di colesterolo LDL furono ridotti del 29% dall'atorvastatina rispetto al placebo (P < 0,0001).
Tuttavia l'end-point primario non differiva tra i due gruppi: 13,7% vs 15,0% (HR 0,90; IC95% 0,73-1,12).
Nei 1.905 soggetti senza precedente infarto o senza procedure di intervento coronarico l'end-point primario si verificò nel 10,4% del gruppo atorvastatina e nel 10,8% del gruppo placebo (HR 0,97; IC95% 0,74-1,28).
Nei 505 pazienti con precedente infarto o procedura di rivascolarizzazione coronarica l'end-point primario si verificò rispettivamente nel 26,2% e nel 30,8% (HR 0,82; IC95% 0,59-1,15).
Anche la riduzione dell'infarto fatale e non fatale sia in prevenzione primaria che secondaria non raggiunse la significatività statistica.


Fonte:
Knopp RH et al. Efficacy and Safety of Atorvastatin in the Prevention of Cardiovascular End Points in Subjects With Type 2 Diabetes The Atorvastatin Study for Prevention of Coronary Heart Disease Endpoints in Non-Insulin-Dependent Diabetes Mellitus (ASPEN). Diabetes Care 2006 Jul; 29:1478-1485


Commento di Renato Rossi

Le statine sono utili nei diabetici? Stando ai risultati dello studio ASPEN si dovrebbe rispondere che non riducono gli eventi cardiovascolari e questo nonostante fosse stato previsto un end-point composto da ben 7 sotto-endpoint (il che in genere favorisce il raggiungimento di risultati significativi). Come spiegano gli autori, diversi aspetti dello studio potrebbero giustificare questi risultati negativi, per cui, concludono, vale sempre il comandamento che la maggioranza dei diabetici debba essere trattata con una statina per ridurre il colesterolo LDL al di sotto del target consigliato dalle linee guida. E' probabile infatti che i risultati completamente diversi rispetto a quelli dello studio CARDS [1] dipendano dal fatto che in quest'ultimo erano stati arruolati soggetti a maggior rischio (vi era un maggior numero di uomini, l'età media erà più avanzata, vi erano più ipertesi e più fumatori). Un altro aspetto da considerare è che lo studio originariamente doveva arruolare solo diabetici in prevenzione secondaria ma, in itinere (dopo due anni dall'inizio), a causa dell'aumentare delle prove dell' utilità delle statine nei diabetici anche in prevenzione primaria, il protocollo dello studio è stato modificato in modo da poter arruolare anche pazienti in prevenzione primaria, i quali sono poi diventati la maggioranza della popolazione studiata. Ancora, mentre si stava svolgendo lo studio, a causa del cambiamento delle linee guida, solo il 67% dei pazienti del gruppo atorvastatina e il 58% di quelli del gruppo placebo continuarono il trattamento a cui erano stati originariamente allocati, mentre il 26,9% del gruppo placebo e il 15,4% del gruppo atorvastatina iniziarono un farmaco antidislipidemico. Secondo gli autori anche l'aver incluso nell'end-point primario i ricoveri per peggiormanento o per angina instabile può aver in qualche modo annacquato l'effetto dell'atorvastina.
Nello studio ASPEN risultati positivi non sono stati raggiunti neppure nei soggetti in prevenzione secondaria: l'end-point primario risultò ridotto del 18% ma non raggiunse la significatività statistica. Questo dipende dal fatto che i pazienti in prevenzione secondaria rappresentavano solo il 20,9% della popolazione arruolata, e tale numero non aveva probabilmente la potenza statistica necessaria per evidenziare differenze tra i due gruppi.
Al contrario lo studio HPS aveva dimostrato che i diabetici a rischio (circa un quarto dei pazienti arruolati) traggono beneficio dalle statine. In altri due studi i risultati sono stati diversi. Nello studio ASCOT-LLA i benefici delle statine non erano evidenti nella sottopopolazione dei diabetici e nelle donne, nello studio ALLHAT-LLT, in cui i diabetici rappresentavano il 35% dei soggetti arruolati, addirittura la statina non ha portato a risultati migliori della cosiddetta "usual care".
I dati appaiono quindi contrastanti. Anche alcune meta-analisi di sono occupate della questione. Nella prima (per un totale di oltre 90.000 pazienti) le statine si sono dimostrate efficaci nel ridurre gli eventi coronarici anche nei diabetici in prevenzione primaria (vedi http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1920), nella seconda si suggerisce che le statine portano ad una riduzione degli eventi coronarici simile sia nei diabetici (in prevenzione primaria e secondaria) che nei non diabetici (vedi: http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2460).
Al di là comunque di eccessive spiegazioni e valutazioni tecniche, qual è il messaggio "take away" per il medico pratico? In attesa di ulteriori studi che portino altri contributi, a mio avviso conviene considerare i diabetici come portatori di uno spettro molto variegato di rischio. In altre parole: probabilmente una statina è utile in chi ha livelli elevati di colesterolo oppure altri fattori di rischio associati o un precedente cadiovascolare, ma altrettanto probabilmente esistono diabetici a rischio meno elevato in cui la terapia ipocolesterolemizzante potrebbe non produrre i benefici attesi.
Una impostazione simile è condivisa anche dai consulenti del bollettino indipendente Drug and Therapeutics Bulletin che, dopo aver passato in rassegna i vari studi in cui sono state valutate le statine nei diabetici, consigliano la terapia in prevenzione primaria nei pazienti > 40 anni con almeno un altro fattore di rischio associato oppure negli uomini > 50 anni; nelle altre categorie, prima di prescrivere una statina, conviene valutare il rischio cardiovascolare globale [2].



Bibliografia
1. Colhoun HM et al. Primary prevention of cardiovascular disease with atorvastatin in type 2 diabetes in the Collaborative Atorvastatin Diabetes Study (CARDS): multicentre randomised placebo-controlled trial. Lancet 2004 Aug 21; 364: 685-96
2. Drug and Therapeutics Bulletin. Edizione Italiana. Anno 2006, Numero 8 (agosto), pag. 57-60.

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