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Depressi resistenti ai farmaci: che fare?
Inserito il 03 ottobre 2006 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Come comportarsi di fronte al paziente depresso che non risponde al tentativo con due farmaci diversi?


Lo studio STAR D (Sequenced Treatment Alternatives to Relieve Depression ) si proponeva di valutare quali fossero le alternative per il paziente depresso che non risponde alla terapia farmacologica.
Nelle prime due fasi dello studio, pubblicate in precedenza, 4041 pazienti con depressione maggiore, molti dei quali affetti anche da altre condizioni patologiche o malattie, ricevettero dapprima, in aperto, per 12 settimane, il citalopram. Il farmaco ottenne una percentuale di remissione della depressione del 28%. La seconda fase dello studio interessò i pazienti non responders oppure quelli intolleranti al citalopram. I soggetti furono trattati con sertralina, bupropione oppure venlafaxina (si ottenne una pecentuale di remissione della malattia del 18%-25%, con nessuna differenza statisticamente significativa tra i tre farmaci) oppure continuarono il trattamento precedente a cui fu aggiunto bupropione oppure buspirone (si ottenne una percentuale di remissione del 30%, il buspropione era meglio tollerato e produceva un miglioramento sintomatologico più evidente).
Vengono ora riportati i risultati della terza fase dello studio STAR D, nella quale 235 pazienti con intolleranza o risposta inadeguata ai primi due tentativi sono stati randomizzati a mirtazapina (60 mg/die) oppure a nortriptilina (200 mg/die) per 14 settimane.
Alla 12° settimana la frequenza di remissione era del 12% per mirtazapina e del 20% per nortriptilina mentre non differiva la tollerabilità dei due farmaci.

Fonte:
1. Fava M et al. A comparison of mirtazapine and nortriptyline following two consecutive failed medication treatments for depressed outpatients: A STAR*D report. Am J Psychiatry 2006 Jul; 163:1161-72.
2. Menza M. STAR*D: The results begin to roll in. Am J Psychiatry 2006 Jul; 163:1123-5.




Commento di Renato Rossi

E' noto a tutti i medici che trattano pazienti depressi che la risposta ai farmaci è estremamente variabile e imprevedibile.
Un paziente che non risponde ad un farmaco puà rispondere ad uno di una classe diversa ma anche della stessa classe (triclicli, SSRI, SNRI). Non esistono criteri clinici o markers di tipo biochimico per poter stabilire a priori se un paziente risponderà meglio ad una terapia piuttosto che ad un 'altra, anche se è probabile che un paziente che ha tratto giovamento da un farmaco usato in precedenza risponda di nuovo in modo positivo allo stesso farmaco. Nonostante gli sforzi degli studiosi lo studio STAR D non ci dice nulla di sostanzialmente nuovo e che già non si sapesse per esperienza: quando un trattamento fallisce se ne deve provare uno diverso ricorrendo ad una molecola alternativa, oppure si può usare una molecola diversa ma della stessa classe, o ancora si può aumentare la dose o infine combinare tra loro due farmaci diversi. In linea generale l'associazione tra due antidepressivi non dovrebbe essere fatta di routine, ma nei casi resistenti un tentativo può essere ragionevole.
Ci sono comunque molti altri farmaci antidepressivi, oltre a quelli usati nello studio, che vengono comunemente usati nella pratica clincia e vi sono vari modi che i medici utilizzano per passare da un farmaco all'altro o per combinarli tra loro. Spesso più che alle linee guida i medici, in questi casi, ricorrono alla loro esperienza diretta.
Da notare che nello STAR D mancava un gruppo di controllo trattato con placebo, quindi in alcuni casi la remissione potrebbe essere dovuta ad un miglioramento spontaneo o addirittura alla guarigione, anche se si sa che la depressione maggiore tende spesso a recidivare nel tempo rendendo necessaria una terapia prolungata, talora anche di anni.

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