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La PCI ritardata dopo fibrinolisi efficace come la PCI primaria
Inserito il 07 agosto 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La rivascolarizzazione ritardata dopo una fibrinolisi è efficace come PCi primaria.

Scopo dello studio WEST era valutare se un pretrattamento farmacologico con un trombolitico in dose piena, usato quanto prima possibile, potesse, qualora associato a una coronarografia al bisogno o effettuata sistematicamente entro 24 ore, dimostrarsi in qualche modo equivalente a una strategia di rivascolariczzazione (PCI) primaria associata a clopidogrel e abciximab. Sono stati arruolati pazienti con infarto miocardio acuto esordito da meno di sei ore ed in cui non fosse prevedibile effettuare una PCI primaria entro 60 minuti dal primo contatto medico. La PCI di salvataggio andava fatta qualora a 90 minuti dal tenecteplase (TNK) non fosse stato osservata una regressione del sopraslivellamento di ST di almeno 50% oppure in caso di instabilità elettrica o emodinamica.

Questo approccio si diversifica dalla PCI facilitata tradizionale, in cui la procedura viene fatta immediatamente dopo la trombolisi, indipendentemente dal suo esito, e si avvicina invece alla PCI ritardata che aveva avuto risultati lusinghieri in Spagna nei due studi GRACIA. Lo studio è stato condotto in quattro centri canadesi e randomizzANDO 300 pazienti con infarto miocardiCo con sopralivellamento di ST e sintomi iniziati da meno di sei ore a tre diverse strategie: (Gruppo A) trombolisi con TNK e coronarografia solo su esigenza clinica; (Gruppo B) TNK e PCI entro 24 ore o prima in caso di necessità clinica; (Gruppo C) PCI primaria. L'end-point principale eè stato un indice composito che comprendeva la somma di morte, reinfarto, ischemia refrattaria, scompenso cardiaco, shock cardiogeno o aritmie ventricolari maggiori a 30 giorni. Tutti i pazienti sono stati pretrattati con aspirina e enoxaparina. L'abciximab era considerato un trattamento raccomandato per tutte le PCI eseguite oltre la tre ore dal trattamento con TNK. Dato il basso numero di pazienti arruolati i pazienti inclusi nel gruppo A avevano la percentuale più alta di donne, diabetici, pregressi infarti, pregresse PCI, infarti anteriori e classe Killip >1.

Il tempo di trattamento tra inizio dei sintomi e randomizzazione è stato in media di poco inferiore alle due ore. Il ritardo indotto dalla PCI è stato di 76 minuti, contro gli 8 minuti nel gruppo A e i 14 minuti del gruppo B di ritardo indotto dalla trombolisi. In circa il 40% dei pazienti che sono stati randomizzati in sede preospedaliera il ritardo tra l'inizio dei sintomi e la randomizzazione è stato 85 minuti nel gruppo A, 76 nel gruppo B e 72 nel gruppo C. Il ricorso alla PCI di salvataggio (rescue) è stato necessario in 14 pazienti nel gruppo A e in 29 pazienti nel gruppo B. Angioplastiche non rescue sono state eseguite in 44 e 52 pazienti negli stessi gruppi.


L'incidenza dell'end-point principale è stata simile nei tre gruppi (25% vs 24% vs 23% rispettivamente nei gruppi A B e C). Anche sommando i gruppi A e B non è stata evidenziata una differenza a favore della PCI primaria (Figura 1). Limitando l'analisi alla somma di morte o reinfarto a 30 giorni si è osservato un significativo vantaggio della PCI primaria sul solo gruppo A (causata principalmente un elevata incidenza di reinfarto (9%) nel gruppo A), mentre i gruppi B e C non hanno evidenziato differenze significative (p=0.38). Naturalmente la numerosità di questo studio di fatto impediva a priori di poter ottenere risposte definitive su questo tipo di end-point. Nei due gruppi che hanno ricevuto una strategia interventistica la mortalità è stata molto bassa (1%) forse per l'effetto di una selezione a favore dei pazienti a basso rischio e/o per un precoce trattamento preospedaliero, sia con TNK che con clopidogrel e abciximab

La strategia di TNK precoce e di spedizione del paziente per una PCI ritardata si conferma una strategia efficace e sicura e permette a tutti i protagonisti dell'emergenza di portare il loro contributo. Il punto forte clinico di questo tipo di approccio è evidentemente quello di lasciare libere le mani dell'emodinamista per l'utilizzo dei IIb/IIIa, mentre il punto forte organizzativo è quello di permettere alla rete di “respirare” non essendo obbligata a correre all'ospedale con emodinamica più vicino, potendo contare su qualche ora per organizzare il trasporto in almeno il 50% dei pazienti. I risultati potrebbero essere ancora migliori aumentando la percentuale di pazienti trattati al di fuori dell'ospedale.

Fonte: C. Fresco L'integrazione di trombolisi e PCI nel trattamento dell'infarto miocardico acuto: Il contributo dello studio WEST. www.infarto.it

Bibliografia

1) Eur Heart J. 2006 Jul;27(13):1530-8.
2) Eur Heart J. 2006 Jul;27(13):1511-2.

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