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Più risultati vantaggiosi dai trials finanziati da soggetti a scopo di lucro
Inserito il 08 luglio 2006 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I trials pubblicati di recente in ambito cardiovascolare riportano più spesso risultati positivi a favore del nuovo trattamento rispetto allo standard di cura se sono finanziati da enti a scopo di lucro e se vengono usati end points surrogati.

Nel periodo antecedente al 2000 i trials finanziati da enti a scopo di lucro davano più spesso risultati positivi rispetto a quelli finanziati da enti non a scoipo di lucro. Per valutare se tale tendenza sia cambiata e quale sia l'impatto dei finanziamenti misti sono stati analizzati 324 trials di superiorità su argomenti cardiovascolari, pubblicati tra il gennaio 2000 ed il luglio 2005 su JAMA, The Lancet, and the New England Journal of Medicine. La principale misura era valutare se il trial favorisse il trattamento oggetto di valutazione rispetto a quello standard in base al tipo di finanziamento ricevuto per effettuare lo studio. Tra i 324 trials considerati 21 non riportavano la citazione della fonte di finanziamento. Tra i 104 trials finanziati esclusivamente da enti non profit 51 (49%) riportavano evidenze che favorivano significativamente il nuovo trattamento rispetto allo standard, mentre 53 (51%) riportavano evidenze in favore dello standard (P = .80). In contrasto con questi risultati, 92 (67.2%) dei 137 trials finanziati solo da enti a scopo di lucro riportavano dati che favorivano significativamente i nuovi trattamenti rispetto allo standard di cura (P<.001). Tra i 62 trials che avevano ricevuto un finanziamento misto (sia da enti a scopo di lucro che non a scopo di lucro), 35 (56.5%), presentavano risultati favorevoli ai nuovi trattamenti. Prendendo in esame i 205 trials randomizzati che valutavano farmaci, le proporzioni degli studi con risultati a favore dei nuovi trattamenti rispetto allo standard erano il 39.5%, tra quelli finanziati da enti non a scopo di lucro; il 54.4%, tra quelli con finanziamento misto; e il 65.5%, tra quelli finanziati da enti a scopo di lucro (P per la tendenza tra gruppi = .002). Dei 39 trials randomizzati che erano finalizzati a valutare devices cardiovascolari, le percentuali in favore dei nuovi trattamenti erano rispettivamente: il 50%, tra quelli finanziati da enti non a scopo di lucro, il 69.2%, tra quelli con finanziamento misto, e l'82.4%, tra quelli finanziati da enti a scopo di lucro (P per la tendenza tra gruppi = .07). Indipendentemente dal tipo di finanziamento, i trials che usavano end points surrogati, come angiografia quantitativa, ecografia intravascolare, parametri ematochimici, e misure funzionali riportavano più spesso risultati positivi (67%) rispetto ai trials che usavano end points clinici (54.1%; P = .02). Gli Autori concludono che anche i trials pubblicati di recente in ambito cardiovascolare riportano più spesso risultati positivi a favore del nuovo trattamento rispetto allo standard di cura se sono finanziati da enti a scopo di lucro e se vengono usati end points surrogati. I trials finanziati sia da enti a scopo di lucro che non mostrano una percentuale di risultati positivi a favore del nuovo trattamento che è intermedia tra quelle evidenziate dai trials finanziati esclusivamente da enti a scopo di lucro e non a scopo di lucro.

Fonte: JAMA. 2006;295:2270-2274 discussione su agorà medica

Commento di Luca Puccetti

I risultati di questo studio sono solo apparentemente sorprendenti. Si potrebbero ipotizzare conduzioni pilotate dei risultati o vere e proprie invenzioni od omissioni di dati nei trials finanziati da soggetti a scopo di lucro. Anche se tale evenienza non può essere esclusa giacché le frodi spudorate non sono infrequenti, come la famosa vicenda del falso reimpianto di gravidanza ectopica con relativa millantata nascita di un bimbo sano, avvenuta a Londra nel 1996 con ampia copertura mediatica. Più spesso si tratta di valutazioni preventive che il committente a scopo di lucro effettua prima di finanziare un trial. Se un soggetto a scopo di lucro deve finanziare uno studio si aspetta che dia risultati per lui positivi e dunque effettua una selezione accurata in via preliminare del disegno sperimentale, dei campioni da arruolare, dei competitori con cui confrontarsi, degli end points da considerare, della durata del trials etc. Solo se, in base a valutazioni basate su dati spesso in possesso solo del finanziatore, magari come data on file, o del tutto segreti, un determinato trial ha una ragionevole probabilità a priori di dare risultati favorevoli viene finanziato e realizzato. Per raggiungere tale scopo è spesso necessario scegliere end points più facili ed infatti la percentuale di trials con risultati positivi è maggiore se viene usato un end point surrogato. In teoria il finanziatore non a scopo di lucro, non partendo da interessi di parte precostituiti, dovrebbe porsi da un punto di vista neutro, pertanto non dovrebbe scegliere preventivamente quale trial finanziare in funzione di un possibile esito positivo, ma in funzione dell' idoneità a rispondere ad un quesito utile alla cura, prevenzione o riabilitazione della popolazione o di subset e pertanto dovrebbe usare disegni sperimentali corretti, end points forti, metodi statistici non preventivamente finalizzati a favorire un determinato esito, follow-up adeguati, etc. Questo effetto è verosimilmente quello più importante per spiegare l'elevato numero di risultati positivi nei trials sponsorizzati da enti a scopo di lucro: un trial che non abbia buone probabilità di dare risultati favorevoli non viene finanziato da enti a scopo di lucro. L'altro grande elemento per spiegare tali risultati è il publication bias. Semplicemente gli studi finanziati da enti a scopo di lucro con risultati negativi o sfavorevoli per il finanziatore non vengono proprio pubblicati. A tale problema può porre rimedio, almeno in parte, l'istituzione del registro pubblico dei trials e la decisione presa da parte del comitato internazionale degli editori medici (ICMJE) di non pubblicare più trials clinici non iscritti preventivamente in un pubblico registro. Poi esistono tutta una serie di aggiustamenti in corso d'opera di tipo tecnico statistico quali uso di sottili sbilanciamenti nelle modalità di arruolamento od omissioni di inclusione o di esclusione di dati dall'analisi in base a capziose interpretrazioni del protocollo, analisi post hoc, confronti multipli tra sottogruppi individuati con criteri scelti in modo da favorire un dato risultato, enfatizzazione di end points minori, premature interruzioni dello studio per dubbi problemi etici, ma si tratta di effetti, pur importanti, ma di minore impatto. Il dato che quando il finanziamento è misto la percentuale di risultati favorevoli rispetto allo standard sia proprio intermedia tra quelle osservate con finanziamenti da parte di enti a scopo di lucro e di enti non a scopo di lucro, testimonia la forza dell'effetto di selezione preventiva del trial da finanziare e del publication bias. Quando il finanziamento è misto è rara la mancata pubblicazione dei risultati e d'altro canto, se il finanziamento è stato misto, dal punto di vista del soggetto finanziatore a scopo di lucro c'era maggiore incertezza circa la possibilità a priori di risultati positivi e pertanto ha condiviso gli oneri. Ma vale pure un ragionamento inverso, ossia un soggetto non a scopo di lucro, ma sotto controllo politico, diretto od indiretto, potrebbe non avere interesse a dimostrare vantaggi marginali, specie se dilazionati nel tempo, rispetto a standard di cura attuali in quanto potenzialmente induttivi di maggiori costi nell'immediato a fronte di vantaggi futuri, magari giudicati modesti, da un punto di vista di un soggetto pubblico che ha problemi immediati di bilancio e può ritenere inopportuno o non vantaggioso fare un investimento con costi immediati e ritorni futuri dall'incerta capitalizzazione come consenso.

Commento di Renato Rossi

Lo studio pubblicato dal JAMA mette il dito su una problematica che non è nuova e che è già stata ampiamente segnalata.
Come fa notare Luca Puccetti non si tratta di truccare o di nascondere i dati degli studi clinici: possiamo dire che i trials sponsorizzati sono di per sè ontologicamente portati a risultati generalmente più favorevoli al trattamento testato rispetto agli studi non sponsorizzati.
Le soluzioni proposte presentano tutte dei limiti evidenti. E' ingenuo sperare in un maggior coinvolgimento di organizzazioni governative o comunque "non profit" nella sperimentazione clinica perchè le risorse sono limitate mentre studi clinici rigorosi richiedono tempo e investimenti ingenti in personale umano, mezzi e strutture. L'istituzione di un pubblico registro a cui si debbono iscrivere gli RCT pena la non pubblicazione risolve solo un aspetto del problema, è necessario anche obbligare i ricercatori e gli sponsor a pubblicare i dati, qualsiasi sia il risultato. Inoltre le riviste primarie, quelle cioè che pubblicano gli RCT originali, dovrebbero affiancare allo studio un commento rigoroso e imparziale che metta in evidenza le eventuali debolezze metodologiche del trial (uso di end-point surrogati, enfatizzazione di outcomes secondari, analisi per sottogruppi esasperate, ecc.). Questo però presuppone una indipendenza editoriale assoluta ma invero tutte le riviste mediche, anche le più prestigiose, ospitano in qualche modo pubblicità a vario titolo. Alcuni studiosi hanno proposto di eliminare in toto la pubblicità [1] ma si tratta di una soluzione difficilmente realizzabile in quanto nessuna rivista è in grado di reggersi solo con i ricavi derivanti dagli abbonamenti. Anche la dichiarazione di un eventuale conflitto di interessi da parte degli autori non è di per sè una condizione di garanzia di qualità assoluta. D'altra parte le industrie del farmaco non vanno demonizzate, costituiscono un bene prezioso e importante per la salute di tutti noi. E' ovvio però che non sono enti di beneficienza: pur maneggiando un prodotto etico devono fare i conti con i bilanci, gli azionisti, i mercati finanziari, ecc. e ad ogni investimento per un nuovo farmaco deve corrispondere un ritorno in termini economici pena il fallimento e la chiusura. Che fare? Si tratta di un nodo che non si può sciogliere? Non ci sono bacchette magiche e risposte "pronto uso" e un certo di conflitto tra i vari interessi in gioco è ineliminabile. A parere di chi scrive una soluzione ragionevole può essere quella di implementare e favorire la costituzione di gruppi, riviste secondarie e siti internet indipendenti e non sponsorizzati in grado di analizzare i vari studi e di fornire informazioni mediche affidabili, di alta qualità e non di parte. Queste informazioni dovrebbero poi essere rese facilmente disponibili e fruibili da parte degli operatori sanitari così da favorire il formarsi di un'opinione articolata e basata sull'esame di più fonti.


Bibliografia
1. PLoS Medicine 2006;3:e130.

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