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I sartanici come farmaci di prima scelta? Una valutazione critica
Inserito il 11 maggio 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Non sembrano sussistere motivi convincenti per proporre una terapia a base di ARBs come trattamento "first step" in condizioni dove possono essere utilizzati altri farmaci.

Gli antagonisti del recettore dell’Angiotensina II (ARBs) hanno fatto registrare un' importante crescita dei consumi, con un significativo incremento di spesa a carico del SSN: oltre il 64% in confronto con un incremento del 5.4% per gli ACE inibitori (ACEi). Scopo di questa analisi è verificare se esistono evidenze sufficienti a giustificare l'utilizzo di queste molecole come farmaci di prima scelta in condizioni per cui è previsto il loro utilizzo. Gli obiettivi della valutazione critica si identificano nelle necessità di fornire risposte ai seguenti quesiti:
a) la terapia con ARBs comporta un aumentato rischio di infarto miocardico?
b) la terapia con ARBs offre particolari vantaggi in alcune categorie di pazienti in termini di incidenza di end-point 'maggiori'?
c) E' giustificato adottare come farmaco di prima scelta un ARBs per il trattamento di condizioni in cui possono essere utilizzati farmaci diversi?
La necessità di fornire una risposta precisa alla prima domanda è giustificata dalla segnalazione di un' aumentata incidenza di infarto con i sartani che è tuttavia basata su una revisione non sistematica della letteratura. La ricerca della letteratura su Medline è stata ristretta agli anni 2004-2006 e ai soli RCT vs qualsiasi comparatore su ogni indicazione clinica che giustificasse l'impiego di sartani e che prendesse in esame end points non surrogati. Le risposte fornite dai risultati della revisione ai 3 quesiti sono:

a) La terapia con ARBs comporta un aumentato rischio di infarto miocardico?
risposta: La revisione dotata di maggior qualità metodologica non ha confermato una maggior incidenza di infarto nei pazienti trattati con ARBs ma ha sottolineato l'esistenza di ampi intervalli di confidenza nei risultati di efficacia riferiti a questo outcome, a testimonianza di una potenziale imprecisione della stima e a sostegno implicito della probabile necessità di ulteriori conferme

b) la terapia con ARBs offre particolari vantaggi in alcune categorie di pazienti in termini di incidenza di outcome "maggiori"?
risposta: Gli ARBs rispetto al placebo non hanno dimostrato in varie categorie di pazienti alcun effetto sulla mortalità generale; la significatività statistica è stata però sfiorata per i pazienti con nefropatia diabetica . Sempre rispetto al placebo, nello scompenso cardiaco gli ARBs hanno ridotto il rischio di ospedalizzazione [14] mentre negli ipertesi diabetici e nei pazienti affetti da nefropatia diabetica hanno ridotto la progressione verso forme avanzate di insufficienza renale.

c) E' giustificato adottare come farmaco di prima scelta un ARBs per il trattamento di condizioni in cui possono essere utilizzati altri farmaci?
risposta: Confrontati con qualsiasi altro trattamento gli ARBs non hanno dimostrato maggior efficacia nel ridurre la mortalità totale. Una delle metanalisi recensite ha rilevato che in pazienti ad alto rischio di malattia diabetica gli ARBs sono in grado di ridurre, rispetto ad altri trattamenti, l'incidenza di nuovi casi di diabete. Nei confronti diretti con gli ACEi gli ARBs non hanno ridotto l'incidenza di infarto e nei pazienti affetti da scompenso cardiaco non hanno ridotto la mortalità generale o il numero di ospedalizzazioni . In diverse categorie di soggetti a rischio gli ARBs hanno ridotto l'incidenza di fibrillazione atriale, ma ciò è stato osservato anche utilizzando gli ACEi . Nei pazienti scompensati gli ARBs, in protocolli di associazione con ACEi gli ARBs , hanno dimostrato rispetto all'utilizzo dei soli ACEi di ridurre il rischio di ospedalizzazione e l'incidenza dell' end-point composito morbilità + mortalità , senza effetti peraltro sulla mortalità generale e solo nei soggetti non sottoposti a terapia betabloccante .

Conclusioni

In base ai risultati delle revisioni recensite non sembrano sussistere motivi convincenti per proporre una terapia a base di ARBs come trattamento "first step" in condizioni dove possono essere utilizzati altri farmaci.

Fonte : A. Battaggia, A. Vaona, Saffi Ettore Giustini: Esistono buone ragioni per scegliere un inibitore dei recettori della Angiotensina II come farmaco di prima scelta? 21 Aprile 2006 Critical Apraisal EQM - Evidenza, Qualità e Metodo in Medicina Generale
http://www.evidenzaqualitametodo.it/files/REVISIONE_UTILIZZO_ATII_PER_IL_SITO.pdf

Commento di Luca Puccetti

La revisione critica della letteratura operata dai colleghi Battaggia, Vaona e Saffi Giustini rappresenta un lodevole sforzo per cercare di rispondere alla domanda di fondo: i sartani valgono quello che costano? La metodologia e la selezione rigorosa delle fonti sono state finalizzate ad assemblare dati per quanto possibile omogenei dal punto di vista della qualità metodologica. La scienza di fare metanalisi si è evoluta divenendo uno strumento assai potente e sofisticato che, se correttamente usato, può dare indicazioni importanti confermate anche dai risultati sul campo, come è stato ad esempio per il tamossifene. In questo caso gli Autori hanno valutato anche la qualità delle metanalisi attribuendo un punteggio secondo i criteri di Oxman. I dati nel complesso non sembrano giustificare il ricorso ai sartani nella popolazione generale come farmaco di prima scelta nelle condizioni cliniche in cui il loro impiego è stato approvato. Dal punto di vista pratico nell'ipertensione, che è di gran lunga l'indicazione di più frequente impiego, l'utilità di tale apprezzabile sforzo è limitata dal fatto che per raggiungere i target delle L-G solo una parte dei pazienti può essere trattata con un solo farmaco. Da un lato le misure sullo stile di vita sono efficaci quanto un farmaco, ma sono poco sostenibili nel tempo. Di fatto, come anche dimostrato dall' Allhat, oltre il 60% dei pazienti necessita di una politerapia. Nel contesto della pratica clinica inoltre prendono forza argomenti non solo correlati agli end points dei trials. Ad esempio la tollerabilità è un elemento importante assieme all'associabilità con altri farmaci, al costo, alla presenza di indicazioni per patologie concomitanti. La pratica clinica giornaliera ci conferma che gli ACE-inibitori ed ancor più i sartani, sono tra i farmaci meglio tollerati e dunque con maggiori chances di essere assunti a lungo. Non dimentichiamo che una riduzione a livello di popolazione di eventi può essere ottenuta solo con un trattamento protratto e condotto a dosi terapeutiche. Personalmente non amo le metanalisi in cui si comparano classi di farmaci in quanto sono ontologicamente prone ad acuire i problemi (presenti anche nei megatrials) dovuti all'arruolamento di popolazioni diverse, trattate con farmaci diversi in contesti diversi. La forza delle evidenze fornite da un RCT, meglio se monocentro e su una popolazione sufficientemente ampia ed omogenea in cui siano comparati due singoli farmaci è molto superiore a quella delle metanalisi di classi di farmaci. Tuttavia per valutare end points non surrogati, specie per confronti con farmaci attivi, occorrono campioni enormi che non possono essere ottenuti, se non eccezionalmente, con singoli RCT. Per evidenziare differenze marginali su eventi rari siamo dunque costretti ad usare metanalisi che, come tutte le cose (compresi i monotrial) possono essere fatte più o meno bene. Dunque possiamo concludere che dai trials e dalle metanalsi si conferma che nessun farmaco è migliore degli altri e sarà così fintanto che cureremo con presidi di cui ignoriamo la risposta recettoriale a livello di singolo soggetto e che vengono prescritti discernendo sulla base di profili di rischio o di patologie concomitanti.

Commento di Renato Rossi

L'analisi critica della letteratura effettuata dal gruppo di Alessandro Battaggia suggerisce che, per il momento, non esistono prove che gli inibitori dell'angiotensina II (ARB) siano superiori agli altri trattamenti antipertensivi in termini di riduzione di outcomes clinici.
Non viene però neppure confermato il sospetto che gli ARB possano aumentare il rischio di infarto. In una pillola precedente, in occasione della recensione di una meta-analisi pubblicata dal BMJ, ci eravamo occupati di questi aspetti (http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1986) ed eravamo giunti a conclusioni simili a quelle di Battaggia e Coll. Del resto lo stesso gruppo di Evidenza Qualità e Metodo ha pubblicato recentemente un altro lavoro in cui si sottolinea che l'analisi degli studi sui farmaci antipertensivi, se effettuata sulla base di criteri metodologici corretti e rigorosi, non mostra sostanziali differenze tra i vari trattamenti usati. In pratica tutti gli antipertensivi sono egualmente efficaci nel ridurre le complicanze dell'ipertensione con differenze marginali tra una classe di farmaci e l'altra. Il recente studio ASCOT-BPLA [1], se analizzato dal punto di vista dell'end-point primario (che è quello che più conta), non è riuscito a dimostrare la superiorità dei nuovi trattamenti (associazione di aceinibitore e calcioantagonistica) rispetto ai vecchi (associazione di diuretico e betabloccante).
Lo stesso studio ALLHAT nel braccio che confrontava doxazosina e clortalidone è stato sospeso prematuramente sulla base di un end-point secondario, mentre non c'era differenza tra i due trattamenti per l'end-point primario. Allora, se queste sono le evidenze di letteratura, quali dovrebbero essere i criteri di scelta di un trattamento antipertensivo? Come già sostenuto altrove [2], se si accetta il principio (non astratto ma sulla base dei dati esistenti) che tutti i farmaci antipertensivi sono tutto sommato equivalenti, la scelta deve prendere in considerazione altri parametri e tra questi acquistano importanza il costo, la tollerabilità da parte del paziente, l'esistenza di specifiche controindicazioni oppure di indicazioni particolari, l'efficacia nel singolo caso, la necessità di usare trattamenti polifarmacologici per raggiungere il target pressorio consigliato. Il problema del costo non è irrilevante sia perchè le risorse da destinare alla sanità non sono infinite, sia perchè è del tutto ragionevole usare, a parità di efficacia e di tollerabilità, i farmaci più economici. Il risparmio che si potrebbe attuare solo obbedendo ai criteri appena esposti è notevole se si considera che i farmaci antipertensivi rappresentano una parte rilevante della spesa farmaceutica globale e che una percentuale stimabile attorno al 30-35% dei soggetti ipertesi non complicati può essere agevolmente trattata con un solo farmaco.

Bibliografia
1. Lancet 2005; 366:895-906
2. Quaderni Veneti di Medicina Generale 2003; 2:5-9

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