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La pre-ipertensione diviene ipertensione in 4 anni
Inserito il 27 giugno 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La pre-ipertensione nel giro di 4 anni evolve in ipertensione in circa due terzi dei casi; il trattamento nei primi due anni con candesartan ritarda questo rischio.

La cosiddetta pre-ipertensione (definita come una PAS compresa tra 130 e 139 mmHg e una PAD compresa tra 85 e 89 mmHg) viene considerata il precursore dell'ipertensione e un predittore di rischio cardiovascolare. Lo studio TROPHY si proponeva di valutare se il candesartan è in grado di prevenire o ritardare la comparsa di ipertensione in soggetti con pre-ipertensione. A questo scopo 409 partecipanti con pre-ipertensione sono stati trattati con candesartan e 400 con placebo per due anni. Nei successivi due anni anche coloro che assumevano candesartan sono stati trattati con placebo. Tutti, inoltre, sono stati istruiti a mettere in pratica cambiamenti sullo stile di vita al fine di ridurre i valori della pressione. L'età media dei soggetti era di 48,5 anni, il 59,6% era di sesso maschile. Alla fine dello studio furono disponibili i dati di 391 soggetti del gruppo candesartan e di 381 del gruppo placebo. Durante i primi due anni si sviluppò un'ipertensione in 53 soggetti del gruppo candesartan e in 154 del gruppo placebo (riduzione del rischio relativo del 66,3%; p < 0,001). Dopo quattro anni si era sviluppata un'ipertensione in 240 del gruppo placebo e in 208 del gruppo candesartan (riduzione del rischio relativo del 15,6%; p < 0,007). Eventi avversi seri si verificarono nel 3,5% del gruppo candesastan e nel 5,9% del gruppo placebo. Gli autori concludono che la pre-ipertensione, se non trattata, nel giro di 4 anni evolve in vera ipertensione in circa due terzi dei casi e che il trattamento nei primi due anni con candesartan riduce questo rischio.

Fonte: N Engl J Med 2006 Apr 20; 1685-1697

Commento di Renato Rossi

Nello studio TROPHY l'end-point era determinato o dal riscontro, almeno una volta, di valori tensivi >= 159/99 oppure dal riscontro, in media su tre misurazioni, di valori >= 140/90. Sarebbe stato preferibile, prima di definire iperteso un individuo, integrare questi dati con automisurazioni o misurazioni domiciliari e/o con misurazioni tramite Holter pressorio perchè vari studi hanno dimostrato che i valori così ottenuti sono più correlati alla comparsa di eventi cardiovascolari di quelli che vengono riscontrati durante una visita medica. Inoltre, come fa notare un editorialista, un'ipertensione si verificò nel 40,4% dei soggetti del gruppo placebo nei primi due anni e nel 39,6% dei soggetti del gruppo candesartan nella seconda fase dello studio, quando i pazienti erano passati a placebo. Questo vuol dire che il candesartan, più che prevenire l'ipertensione, ne ritarda la comparsa: non sappiamo se prolungando l'osservazione la percentuale di ipertesi sarebbe stata simile nei due gruppi. Questo vuol dire anche che il trattamento andrebbe prolungato sine die. Ma il punto cruciale è un altro: lo studio TROPHY non ci dice se trattando la pre-ipertensione riduciamo le complicanze cardiovascolari rispetto alla strategia che preveda l'osservazione e il trattamento eventualmente alla comparsa di franca ipertensione. Per fare questo si dovrebbe disegnare un trial con casistica molto più numerosa e con follow-up di molti anni. Non è noto inoltre se altri farmaci antipertensivi, anche più economici, possano ottenere gli stessi risultati del candesartan. In mancanza di questi dati e considerando che il trattamento della pre-ipertensione avrebbe ripercussioni economiche sconvolgenti (si tratterebbe di trattare un numero enorme di soggetti, per il resto sani, per tutta la vita) qualsiasi decisione in merito va presa dopo studi importanti, dal disegno impeccabile, con valutazione di end-point "hard" e dopo aver esaminato attentamente il rapporto costi/benefici. Per il momento sarà utile consigliare, nella cosiddetta pre-ipertensione, l'adozione di uno stile di vita salubre, cercando di portare i valori su 130/80 mmHg con i farmaci solo in particolari soggetti a rischio come i diabetici o i nefropatici, come d'altra parte consigliato da tutte le linee guida.

Commento di Luca Puccetti

Ecco un tipico esempio di disease mongering. In questo caso si è addirittura scelto una sorta di premalattia. Oltre alle brillanti considerazioni di Renato Rossi viene da chiedersi quale sia l'eticità di questo studio. Se si partiva dall'assunto che la preipertensione fosse una condizione patologica meritevole di un trattamento farmacologico con un farmaco attivo in una platea considerevole di soggetti allora è sconcertante che al gruppo di controllo non sia stata fornita una terapia attiva alternativa. Si obietterà che le linee guida non raccomandano un trattamento farmacologico nella pre-ipertensione ed allora perché ad un gruppo è stato offerto un trattamento attivo potenzialmente foriero di effetti collaterali? Inoltre gli Autori dichiarano che tutti i soggetti arruolati hanno continuato a ricevere interventi non farmacologici durante lo studio. Sarebbe interessante avere molti più dettagli su questi interventi ad esempio se abbiano ottenuto una riduzione del fumo, del sovrappeso, della sedentarietà dell'eccesso di sale paragonabile nei due gruppi. E' comunque vero che un'apprezzabile e costante modifica degli stili di vita incongrui è difficilmente ottenibile e mantenibile nella comune pratica clinica. Stevo Julius, professore di medicina interna e di fisiologia alla Università del Michigan ha dichiarato che in base ai risultati del TROPHY quasi 16 milioni di americani diventeranno ipertesi nei prossimi 4 anni. Un intervento più precoce potrebbe posporre questo evento e ridurre gli eventi cardiovascolari conseguenti. Di fronte a cotanto autorevole disposto di frasi condizionali formalmente ineccepibili molti americani (in USA l'advertising diretto è consentito) penseranno che una terapia con un dato farmaco possa ritardare la comparsa dell'ipertensione e ridurre il rischio di eventi. La riduzione degli eventi, come già detto da Renato Rossi è solo ipotizzabile, ma questo è un dettaglio che ai più non interessa. Ben più allettante la prospettiva di ritardare l'ipertensione e, per inferenza logica, di avere più chances di evitare spiacevoli conseguenze. Qualcuno deve aver pensato: "gli obiettivi forti per i trials sulle malattie sono ormai una necessità, ma per le premalattie forse andranno bene anche quelli surrogati". Rimane interessante il dato che la preipertensione passa ad ipertensione in 4 anni in una vasta percentuale di casi ed è questo il vero valore del TROPHY.

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