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Sovradiagnosi dello screening mammografico
Inserito il 25 maggio 2006 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La frequenza di sovradiagnosi dello screeening mammografico a 15 anni è del 10%.

Questo studio è un follow-up del Malmö mammographic screening trial (42.283 donne arruolate, età 45-69 anni al momento della randomizzazione) che si proponeva di valutare la frequenza di sovradiagnosi di cancro mammario nelle donne screenate 15 anni dopo la fine dello studio. Al termine dello studio la mammografia venne offerta ad entrambi i gruppi di donne di età 45-54 anni ma non a quelle di 55-69 anni. Venne valutata la frequenza di sovradiagnosi di cancro invasivo e di cancro in situ durante il periodo di randomizzazione (periodo 1), durante il periodo in cui la randomizzazione era terminata (periodo 2) e alla fine dei 15 anni di follow-up.
Per le donne che avevano un'età di 55-69 anni all'epoca della randomizzazione il rischio di sovradiagnosi fu di 1,32 (IC95% 1,14-1,53) durante il periodo 1, di 0,92 (0,79-1,06) nel periodo 2 e di 1,10 (0,99-1,22) alla fine del follow-up. Gli autori concludono che il pericolo di sovradiagnosi è presente soprattutto per le donne di 55-69 anni al momento della randomizzazione e che a 15 anni dalla fine dello studio la frequenza di sovradiagnosi è del 10%.

Fonte: BMJ 2006; 332:689-692

Commento di Renato Rossi

E' generalmente accettato che lo screening mammografico riduca la mortalità da cancro mammario, nonostante le critiche di una famosa meta-analisi [1]. Questa meta-analisi suggeriva che molti degli RCT sullo screening mammografico (guarda caso quelli che avevano dimostrato una riduzione della mortalità da cancro mammario) erano da scartare per problemi metodologici, mentre quelli di buona qualità non avevano dimostrato alcuna riduzione della mortalità. In ogni caso pur acecttando per buoni tutti gli RCT, per ogni 1000 donne screenate per 12 anni si aveva 1 decesso da cancro mammario in meno ma 6 morti in più. Ovviamente si è scatenato un putiferio con publlicazione di contro-metanalisi che invece dimostravano un beneficio dello screening. Qualcuno ha fatto notare anche che nel mondo reale i benefici dello screening potrebbero essere inferiori a quelli dimostrati negli RCT [3], in contrasto con altri studi di popolazione che hanno dimostrato, in Svezia, una riduzione della mortalità specifica dopo l'introduzione dello screening [4,5]. Nel Manuale di Clinica Pratica (www.pillole.org) gli autori hanno concluso che l'efficacia dello screening mammografico potrebbe essere sovrastimata e che comunque, visto che in letteraturatura sono stati avanzati dei dubbi, la posizione più corretta sarebbe quella di informare compiutamente la donne sui benefici, ma anche sui possibili rischi dello screening e lasciare a lei la decisione finale. Infatti, a parte le disquisizioni sulla qualità degli RCT, uno dei problemi dello screening mammografico è che porta alla diagnosi di un certo numero di tumori mammari che non sarebbero mai diventati clinicamente evolutivi (soprattutto tumori duttali in situ). La sovradiagnosi ed il sovratrattamento sono stati variamente stimati, dal 5% al 50%. Secondo uno studio potrebbero arrivare al 30%: dopo l'introduzione dello screening in Norvegia e in Svezia circa un terzo di tutti i casi diagnosticati di cancro mammario invasivo nella fascia d'età 50-69 anni potrebbero essere una sovradiagnosi. Cioè senza screening questi tumori non sarebbero mai diventati clinicamente evidenti durante la vita delle pazienti perché a basso grado di malignità e non sarebbero mai stati trattati [2]. Si tratta però di calcoli indiretti mentre lo studio pubblicato in questa pillola si basa sulla osservazione diretta delle donne che avevano partecipato al Malmö trial e fissa la percentuale di sovradiagnosi al 10%, evidente soprattutto per la fascia d'età 55-69 anni. Detto in altre parole: per ogni decesso da cancro mammario evitato si hanno due casi di sovradiagnosi con un danno sia psicologico che fisico per le conseguenze di terapie e interventi non necessari. E' necessario quindi informare correttamente le donne anche di questi aspetti perchè il consenso alla partecipazione allo screening non sia solo formale, ma sostanziale. Ma c'è da scommettere che questo consiglio da noi passerà del tutto disatteso, improbabile poi che si apra un dibattito su questi problemi.

Bibliografia
1. Olsen & Goetzsche. Lancet 2000; 355:129-134
2. Zahl PH et al. BMJ 2004; 328:921-924
3.Elmore JG et al. J Natl Cancer Inst 2005 Jul 20; 97 (14): 1035-1043
4. Tabar L et al. Lancet 2003; 361: 1405-1410
5. Otto JS et al. Lancet 2003; 361: 1411-1417

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