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Vitamine non fanno bene al cuore |
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Inserito il 07 aprile 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
Supplementi di vitamina B12, B6 e di acido folico non riducono gli eventi cardiovascolari.
Due studi, pubblicati anticipatamente dal NEJM, hanno valutato l'utilità di supplementi di vitamine del gruppo B e di acido folico nella riduzione degli eventi cardiovascolari. Nel primo RCT (denominato HOPE 2: The Heart Outcomes Prevention Evaluation 2) 5522 pazienti (età >= 55 anni) con malattia vascolare nota o diabete sono stati randomizzati ad acido folico (2,5 mg/die) + vitamina B6 (50 mg/die) + vitamina B12 (1 mg/die) oppure placebo per una media di 5 anni [1]. L'end-point primario era composto da morte da cause cardiovascolari, infarto miocardico e ictus. I livelli plasmatici di omocisteina si ridussero di 0,3 mg/L nel gruppo in trattamento attivo ed aumentarono di 0,1 mg/L nel gruppo controllo. Nonostante ciò non si notarono differenze per quanto riguarda l'end-point primario fra i due gruppi: 18,8% nel gruppo trattato e 19,8% nel gruppo controllo (RR 0,95; IC95% 0,84-1,07; P = 0,41). Si ebbero meno ictus nel gruppo trattato (RR 0,75; IC95% 0,59-0,97) ma più ricoveri per angina instabile (RR 1,24; IC95% 1,04-1,49). Gli autori concludono che supplementi di acido folico, vitamina B6 e B12 non riducono gli eventi cardiovascolari in pazienti con malattia vascolare o diabete per cui non è indicato l'uso di questi prodotti a scopo preventivo. Nel secondo RCT (denominato NORVIT: Norvegian Vitamin Trial) sono stati reclutati 3749 pazienti entro 7 giorni da un infarto miocardico, successivamente randomizzati ad acido folico (0,8 mg/die) + vitamina B12 (0,4 mg/die) + vitamina B6 (40 mg/die), oppure ad acido folico + vitamina B12, o a sola vitamina B6 oppure a placebo [2]. L'end-point primario combinato era costituito da recidiva di infarto miocardico, ictus, morte improvvisa coronarica. Il follow-up medio fu di 40 mesi. Non si notò nessuna differenza statisticamente significativa tra i vari gruppi per quanto riguarda l'end-point primario, addirittura chi ricevette la triplice associazione mostrava un trend di aumento del rischio (RR 1,22; IC95% 1,00 - 1,50; P = 0,05) che sfiorava la significatività statistica. Gli autori concludono che dopo un infarto miocardico la somministrazione di supplementi vitaminici e di acido folico non riduce il rischio cardiovascolare ed anzi potrebbe esserci un effetto deleterio con il trattamento vitaminico combinato. Fonti: 1. N Engl J Med. 2006, 354:1567-1577. 2. N Engl J Med. 2006; 354:1578-1588 Commento di Renato Rossi Studi di tipo epidemiologico hanno evidenziato un' associazione tra alti livelli di omocisteina plasmatica e rischio di malattie cardiovascolari (infarto ed ictus). E' ragionevole ipotizzare che la somministrazione di vitamina B12, B6 e di acido folico possa, riducendo i livelli di omocisteina, avere una azione preventiva sulle malattie coronariche e sullo stroke. L'idea è seducente in quanto si tratterebbe di una terapia poco costosa e ritenuta in genere priva di effetti collaterali. La somministrazione di vitamina B6, B12 e di acido folico era stata raccomandata anche per la prevenzione della restenosi dopo angioplastica e stent coronarico, soprattutto sulla base dello Swiss Heart Study [2] . Il dato era stato in qualche modo confermato da un altro studio su 553 pazienti [3] sottoposti ad angioplastica in cui la somministrazione di acido folico (1 mg/die) ha ridotto l'incidenza di eventi avversi maggiori, soprattutto ricoveri per rivascolarizzazione. Tuttavia uno studio più recente [1] ha dimostrato che abbassare l'omocisteina non serve a ridurre i markers di flogosi, che come si sa sono degli indicatori di rischio cardiovascolare, anche se si tratta di end-point surrogati. Un altro RCT in aperto su 593 pazienti non è riuscito a dimostrare che pazienti con storia di coronaropatia nota traggano beneficio dalla somministarzione di acido folico [4]. In uno studio [5] su 636 pazienti sottoposti a stent coronarico la terapia con acido folico mostrava un tasso più elevato di restenosi rispetto al placebo (escluse le donne, i diabetici e coloro che avevano livelli di omociteina >= 15 µmol/L al baseline). Risultati deludenti sono arrivati anche dallo studio VISP [6], effettuato su 3680 adulti con infarto cerebrale non disabilitante, che si proponeva di valutare se alte dosi di acido folico, vitamina B6 e vitamina B12 riducono il rischio di recidiva di stroke (end-point primario) o di altri eventi vascolari e di morte (end-point secondari) in un periodo di 2 anni rispetto a dosi vitaminiche più basse. Tutti i partecipanti ricevettero cure mediche e chirurgiche adeguate oltre a un preparato multivitaminico (alle dosi giornaliere consigliate dalla FDA). In più i pazienti vennero randomizzati a ricevere una formulazione ad alto contenuto di piridossina (25 mg), cobalamina (0.4 mg) e acido folico (2.5 mg) oppure a basso contenuto delle stesse vitamine (piridossina 200 µg, cobalamina 6 µg e acido folico 20 µg). Nel gruppo che riceveva dosaggi più elevati di vitamine si ebbe una riduzione media dell'omocisteina totale di 2µmol/L rispetto al gruppo a basso dosaggio; tuttavia non si notò alcun effetto clinico del trattamento su stroke, eventi cardiovascolari e morte. A 2 anni la probabilità di evento era del 18.0% nel gruppo ad alte dosi e del 18.6% nel gruppo di controllo. Ora gli studi HOPE 2 e NORVIT confermano che la somministrazione di acido folico, vitamina B6 e B12, anche se in grado di ridurre il livelli di omocisteina plasmatica, non impatta sul rischio cardiovascolare. Si ripropone quindi il dilemma se l'iperomocisteinemia sia una causa di patologia vascolare oppure un semplice testimone. Oppure se la riduzione dell'omociteinemia sia la strada giusta da percorrere, ma con mezzi diversi dai supplementi vitaminici. Bibliografia
1. Arch Intern Med. 2005; 165:1388-1394. 2. N Engl J Med 2001; 345:1593-1600. 3. JAMA 2002 ; 288:973-979 4. Heart 2005; 91: 1213-1214 5. N Engl J Med 2004; 350: 2673-2681 6. JAMA 2004; 291:565-575.
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