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Digoxina di nuovo sugli scudi: riduce il rischio di morte nello scompenso cardiaco
Inserito il 22 marzo 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Un' analisi post-hoc dello studio DIG (Digitalis Investigation Group) indica che la digoxina riduce sia le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco che la mortalità.

Un'analisi post-hoc dello studio DIG (Digitalis Investigation Group) suggerisce che la digoxina riduce sia le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco che la mortalità. Nell'analisi sono stati inclusi 5.548 pazienti, dei quali circa un terzo assumeva digoxina e il rimanente era in trattamento con placebo. Dopo un follow-up di 40 mesi il 33% dei pazienti era deceduto e il 31% era stato ospedalizzato per scompenso cardiaco.
Per i soggetti che avevano un livello di digoxinemia compreso tra 0,5 e 0,9 ng/mL la mortalità fu del 29%, per quelli in terapia con placebo fu del 33%. La percentuale di ospedalizzazioni per tutte le cause fu rispettivamente del 64% e del 67% mentre quella per scompenso cardiaco fu del 23% vs 33%.
Per i soggetti che avevano una digoxinemia >= 1,0 ng/mL si notò una riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco (29% vs 33%) ma non della mortalità.

Fonte: Ahmed A. et al. Eur Heart J;27:127-129, 178-186.

Commento di Renato Rossi

La digitale è un farmaco storico nel trattamento dello scompenso. Nello studio DIG ha dimostrato di migliorare i sintomi e ridurre le ospedalizzazioni, ma non la mortalità[1].
Alcune preoccupazioni derivano dal fatto che uno studio a posteriori del DIG [2] suggerisce un aumento della mortalità nelle donne che assumevano digitale, ma non negli uomini, forse perché le dosi usate erano troppo elevate. Un'altra analisi del DIG [3] evidenzia che la mortalità è maggiore del placebo quando si usano dosi tali da portare la concentrazione ematica di digoxina > 1,2 ng/ml . Si consiglia quindi di mantenere la digoxinemia tra 0,5 e 0,8 ng/ml. Quest'ultima analisi post-hoc conferma in sostanza questi dati.
Un editorialista fa notare che negli anni recenti l'attenzione dei medici nel paziente scompensato si è rivolta soprattutto agli aceinibitori, ai betabloccanti ed allo spironolattone, tutti farmaci che hanno contribuito a ridurre la mortalità. Al contrario la digitale è scivolata in secondo piano dopo la pubblicazione del DIG, essendo passato il messaggio che non impatta sulla mortalità pur riducendo le ospedalizzazioni e i sintomi. Per questo molti medici prescrivono la digitale solo nel paziente con fibrillazione atriale oppure se il trattamento standard appare insufficiente. L'editorialista spera che questa analisi contribuisca a riabilitare un farmaco povero che non beneficia della campagna pubblicitaria delle aziende farmaceutiche. Giova ricordare però che si tratta pur sempre di un'analisi post-hoc con tutti i possibili limiti intrinseci a questo tipo di valutazioni.

Bibliografia

1. N Engl J Med 1997; 336:525
2. N Engl J Med 2002; 347:1403
3. JAMA 2003; 289:871

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