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Forame ovale pervio non aumenta il rischio di ictus
Inserito il 16 dicembre 2005 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Uno studio prospettico su 585 soggetti suggerisce che la pervietà del forame ovale non costituisce un rischio indipendente di ictus.

I soggetti partecipanti allo studio sono stati sottoposti ad ecocardiografia transesofagea e seguiti poi, in media, per 5,1 anni. Il 24,3% dei partecipanti aveva un forame ovale pervio e 11 soggetti (1,9%) avevano avevano un aneurisma del setto atrale (di cui 6 con associata una pervietà del forame ovale). Durante il follow-up uno stroke o altri eventi cerebrovascolari si verificarono in 41 soggetti. Il forame ovale pervio non
risultò un fattore di rischio indipendente per ictus mentre la presenza di un aneurisma del setto atriale aumentava il rischio di circa quattro volte (ma l'importanza statistica di questa associazione è dubbia a causa del basso numero di pazienti).
Gli autori concludono che il forame ovale pervio non sempre riveste la parte del colpevole in uno stroke da causa indeterminata, potrebbe essere un semplice testimone: non necessariamente quindi il riscontro di questa anomalia indica la necessità di un intervento chirurgico di chiusura.

Fonte: J Am Coll Cardiol In Press: December 5, 2005. doi:10.1016/j.jacc.2005.10.044

Commento di Renato Rossi

La responsabilità del forame ovale (FO) pervio nello stroke apparentemente idiopatico è oggetto di controversie.
La pervietà del forame permetterebbe il passaggio di emboli formatisi nel circolo venoso al circolo arterioso e questo
sarebbe il meccanismo che può rendere conto dello stroke. Una meta-analisi di studi caso-controllo [1] ha confermato che il FO pervio è frequente in soggetti con stroke criptogenetico di età <= 55 anni ma non in pazienti più anziani. Questa associazione è stata documentata anche in studi di tipo prospettico [2].
Tuttavia nonostante tutto il ruolo patogenetico di questa anomalia è stato messo in discussione sia perchè l'embolismo paradosso richiede un aumento di pressione nelle sezioni cardiache destre per permettere il passaggio di emboli nelle sezioni sinistre sia perchè è necessaria una sorgente di emboli nel distretto venoso ed entrambi questi eventi sono stati raramente dimostrati nei pazienti con stroke e FO pervio. Però è anche vero che la mancata visualizzazione di una fonte embolica potrebbe dipendere dal fatto che quando si verifica lo stroke il trombo si è già sciolto (in effetti anche nell'embolia polmonare non si documenta una trombosi venosa nel 20-30% dei casi).
Il meccanismo con cui il forame ovale pervio determina lo stroke potrebbe anche essere diverso (per esempio l'innescarsi di una tachiaritmia atriale oppure la formazione di un trombo "in situ").
Mentre l'anomalia è molto frequente (fino al 27% dei soggetti sani possono avere un FO pervio), il rischio di stroke sarebbe molto basso, inferiore allo 0,1% [3].
Queste incertezze si riflettono poi nel trattamento. L'approccio più consigliato è la terapia con warfarin per 3-6 mesi, sostituito poi da aspirina. La chisura chirurgica del FO è attualmente consigliata nei soggetti con recidive nonostante terapia oppure in quelli ad alto rischio trombotico che non possono assumere warfarin.

Bibliografia

1. Neurology 2000;55:1172-9.
2. Circulation 2002;105:2625-31.
3. Circulation 2000;101:838.

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