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Il fenofibrato riduce gli infarti non fatali nel diabete tipo 2
Inserito il 02 febbraio 2006 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il fenofibrato, riduce gli infarti non fatali nel diabete tipo 2, ma non diminuisce significativamente l'insieme degli eventi coronarici.

Lo studio, denominato FIELD (Fenofibrate Intervention and Event Lowerung in Diabetes), è stato presentato a Dallas, al meeting annuale dell'American Heart Association e contemporaneamente pubblicato online dal Lancet.
Il trial ha arruolato 9.795 pazienti con diabete tipo 2, randomizzati a ricevere fenofibrato (200 mg/die) o plabebo.
L'end-point primario era costituito da eventi coronarici che comprendevano la morte coronarica e l' infarto non fatale, con un follow-up di 5 anni.
Si ottenne una riduzione statisticamente significativa del 24% per quanto riguarda l'infarto non fatale contro una riduzione non significativa dell'11% di ogni evento coronarico, inclusi gli eventi fatali, rispetto al placebo.
La terapia con fibrato non comportò nessun miglioramento della sopravvivenza totale.
Un altro risultato del fenofibrato fu la riduzione degli eventi legati alla microangiopatia diabetica, una riduzione del 24% degli interventi di rivascolarizzazione, una riduzione della progressione della microalbuminuria ed una minor necessità di ricorrere al trattamento laser per retinopatia.
Gli autori fanno notare che non essendo in cieco molti pazienti che assumevano placebo furono messi in terapia con statine. Secondo la loro opinione non si deve pensare di sostituire le statine con i fibrati nel diabetico, ma che vi può essere un vantaggio nell'associare, nel diabetico, fenofibrato a statina.

Fonte: Dallas. Meeting annuale dell'AHA. Novembre 2005. Lancet, published online.

Commento di Renato Rossi
Solo due annotazioni a commento di questo studio.
Anzitutto, a costo di rimarcarlo fino alla noia, si deve sottolineare che l'end-point primario, il vero obiettivo dello studio, non è stato ridotto dalla terapia con fenofibrato; la riduzione di un singolo componente dell'end-point primario o di alcuni end-point secondari possono far ipotizzare una certa utilità del farmaco che però dovrebbe essere dimostrata da ulteriori ricerche.
In secondo luogo lo studio era contro placebo, ma si sa che il diabetico è un soggetto ad alto rischio, paragonabile a quello di un infartuato; gli autori infatti, quasi per giustificare dei risultati che evidentemente non ritengono molto sodd
disfacenti, rimarcano che nel gruppo placebo molti pazienti hanno assunto statine; viene allora spontaneo chiedersi perchè non sia stato fatto un confronto diretto con questa classe di farmaci.
Il fenofibrato non dovrebbe sostituire le statine, nel diabete tipo 2, ma esservi associato, come sembrano concludere gli autori?
Criteri prudenziali fanno rietenere che tale associazione possa essere prevista SOLO in pazienti ben selezionati, a rischio estremanente elevato, e SOLO se altre opzioni dovessero rivelarsi incapaci di portare i valori di colesterolo a livelli ragionevoli.

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