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Antinfiammatori aumentano il rischio di morte negli infartuati |
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Inserito il 15 novembre 2005 da admin. - cardiovascolare - segnala a:
L'impiego di antinfiammatori, sia COX selettivi che COX non selettivi, aumenta fino a 5 volte il rischio di morte in chi ha già subito un infarto miocardico.
Lo studio è stato presentato all'American Heart Association Scientific Sessions 2005. Sono stati considerati 58432 pazienti dimessi per IMA tra 1995 e il 2002 in Danimarca. Tra questi il 5,2% aveva ricevuto almeno una prescrizione di Rofecoxib, il 4,3% di Celecoxib, il 10,6% di Diclofenac, il 17,5% di Ibuprofene e il 12,7% di altri FANS. L'end point predefinito era il rischio di morte per tutte le cause e di reinfarto nei soggetti che avevano ricevuto prescrizioni di antifiammatori dopo la dimissione rispetto a coloro che non ne avevano ricevute. I risultati dimostrano che esiste un chiaro rischio dose-dipendente di morte per tutte le cause nei soggetti che avevano ricevuto prescrizioni di antinfiammatori, sia COX selettivi che non, rispetto ai soggetti che non avevano ricevuto alcuna prescrizione di antinfiammatori. Inoltre si evidenzia che mentre con i COX selettivi il rischio persiste, pur se ridotto, anche a dosi basse, con i FANS tradizionali il rischio esiste solo con le alte dosi. Infine è molto interessante notare che il rischio di reinfarto non è risultato significativamente associato con l'uso di alcun antinfiammatorio e che dunque l'aumento della mortalità generale risiede in un aumento del rischio per cause diverse dalla recidiva dell'IMA. Fonte: Heartwire 15/11/05
Commento di Luca Puccetti
I risultati di questi studi sono sempre da prendere con grande cautela. Il principale bias in questo caso può essere correlato proprio con la maggior aspettativa di sicurezza gastroenterica dei coxib che può aver indotto a trattare con questi farmaci i pazienti a maggior rischio. Purtroppo molte delle caratteristiche indicative di rischio gastroenterico lo sono anche per il rischio cardiovascolare e dunque non è peregrino ipotizzare che i pazienti più gravi siano stati trattati con i farmaci all'epoca ritenuti più sicuri. Il tentativo di correggere per i fattori confondenti con metodi statistici può essere sempre soggetto ad errori, sottovalutazioni, mancata considerazione di differenze, basali o sopravvenute, importanti. I risultati possono pertanto solo costituire una base per studi più robusti. In particolare lo studio mette in luce un aspetto importante ossia che mentre i COX selettivi anche a dosi basse sono associati ad un incremento del rischio di morte per tutte le cause, i COX non selettivi a dosi basse possono essere associati addirittura con una significativa diminuzione del rischio. Gli Autori dichiarano di aver corretto per i principali fattori confondenti, inclusi i trattamenti farmacologici concomitanti e pertanto se ne dovrebbe dedurre che si è corretto anche per l'impiego di ASA o di altri antiaggreganti. Tuttavia su questo aspetto è necessario avere maggiori dettagli rispetto a quelli resi disponibili nella presentazione effettuata ed è dunque necessario attendere la pubblicazione definitiva dello studio. Esiste infatti una serie di problemi quali l'interferenza tra ASA e antinfiammatorio usato che almeno teoricamente è diversa ad esempio per un Coxib e per l'ibuprofene e tra l'ibuprofene ed il diclofenac, la dose di ASA e l'eventuale resistenza, etc. Oltre all'azione antiaggregante degli antinfiammatori e le rispercussioni possibili a livello dell'incidenza di ictus, entrano in gioco anche quella ipertensivogena ed edemigena che possono aver aggravato situazioni di scompenso e/o di insufficienza renale.
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