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Abortire non aumenta il rischio di depressione
Inserito il 28 ottobre 2005 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Rispetto al portare a termine una gravidanza indesiderata, l'abortire non sarebbe associato ad un maggior rischio di depressione della donna.

Sono state considerate oltre 6000 donne che nel 1979 avevano tra e 24 anni e che avevano partecipato ad un'indagine sulla condizione giovanile. Tra queste 1247 hanno avuto una gravidanza definita "indesiderata" (sono state escluse le donne con feti nati morti o in cui si era verificato un aborto spontaneo). Una parte di queste donne ha abortito (479), mentre la maggioranza di esse ha portato avanti la gravidanza "indesiderata" (768). La gravidanza è stata considerata "indesidearata" quando descritta come sgradita e non come "non voluta".
Il rischio di incorrere in una depressione "significativa" non è risultato significativamente più alto tra le donne che avevano abortito rispetto a quelle che avevano portato a termine la gravidanza "indesiderata" (OR 1,19 95% IC 0,85-1,66). Le donne che avevano portato a termine la gravidanza "indesiderata" appartenevano a strati sociali più poveri, a famiglie più numerose ed avevano ricevuto un livello di istruzione inferiore rispetto alle donne che avevano abortito. Questi elementi sono fattori di rischio indipendente per l'insorgenza di depressione.

Fonte BMJ 2005; on line first

Commento di Luca Puccetti

In un lavoro precedente alcuni Autori (1) avevano riscontrato che l'interruzione volontaria della gravidanza predisponeva le donne che la praticavano alla depressione in modo significativamente maggiore rispetto al portare avanti una gravidanza "indesiderata".
Questo studio invece non conferma tale ipotesi. Occorre dire che per entrambi gli studi ci sono molti problemi. Nel primo studio non era ben chiara la definizione di gravidanza "indesiderata" ed erano state escluse molte donne a maggior rischio di depressione e molto giovani. Ma anche questo studio presenta numerossimi problemi. Prima di tutto sono molte le donne che si sono rifiutate di dare informazioni circa l'interruzione della gravidanza e gli Autori hanno cercato di rimediare con un'analisi delle condizioni sociali, culturali, economiche e psicopatologiche. E' emerso che le donne più prone alla depressione hanno dato più frequentemente informazioni circa l'interruzione della gravidanza. Inoltre in molti casi, il presente studio in misura maggiore del precedente, sono state richieste informazioni su un evento che si è verificato molto tempo prima e dunque le valutazioni possono essere influenzate dal lungo lasso di tempo intercorso. E' comunque interessante notare che chi avrebbe potuto accogliere con meno disagio la vita abbia invece deciso di interromperla. Gli Autori concludono che se l'obiettivo è salvaguardare la salute psichica della madre, occorre preoccuparsi maggiormente di prevenire o mitigare l'effetto dovuto alla condizione di "sopportazione" di una gravidanza indesiderata. Sarebbe il caso anche di chiedersi se l'obiettivo sia solo quello di salvaguardare la salute della madre o di tutelare anche i diritti della vita in gestazione e di interrogarsi su quali siano le ragioni che abbiano portato alla IVG proprio coloro che avevano una migliore condizione economica, familiare, educazionale e psicologica per portare avanti una gravidanza "indesiderata".

1) BMJ, 2002; 234:151-152.

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