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Antidiabetico approvabile da FDA associato a maggiori eventi cardiaci
Inserito il 21 ottobre 2005 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il muraglitazar, capostipite di una nuova classe di antidiabetici, giudicato approvabile dal FDA Advisory Panel, è risultato associato ad un incremento della mortalità e degli eventi cardiovascolari in confronto a placebo o pioglitazone.


Si rischia un nuovo caso foriero di gravi implicazioni per la salute pubblica e di contestazioni per FDA, già messa in discussione per le recenti vicende sui coxib e sul primo farmaco con indicazioni legate all'apparteneza razziale. Allo scopo di verificare la sicurezza di muraglitazar nei diabetici trattati con questo farmaco, capostipite degli agonisti dei Peroxisome proliferator–activated receptors (PPARs) sono stati considerati gli studi di fase 2 e 3 coinvolgenti oltre 3000 pazienti diabetici. L'end point predefinito era cosituito da un indice composito che includeva la morte, l'infarto non fatale e l'ictus non fatale; outcome secondario un indice ancor più composito che includeva anche lo scompenso e i TIA. Nei pazienti trattati con muraglitazar l'indice combinato principale è stato osservato in 35 su 2374 pazienti (1.47%) vs 9 su 1351 (0.67%) di un gruppo di controllo combinato che includeva placebo e pioglitazone (RR, 2.23; 95%CI, 1.07-4.66; P = .03). Relativamente all'end point secondario, che includeva anche lo scompenso e i TIA, l'incidenza è stata di 50 su 2374 (2.11%) per il muraglitazar vs 11 su 1351 (0.81%) per il gruppo di controllo (RR, 2.62; 95% CI, 1.36-5.05; P = .004).
Gli autori chiedono di non mettere in commercio il muraglitazar e di effettuare uno specifico trial disegnato ad hoc per valutarne la sicurezza cardiovascolare.

Fonte: JAMA. 2005;294doi:10.1001/jama.294.20.joc50147

Commento di Luca Puccetti

Ecco un nuovo caso che rischia di sortire un putiferio di contrasti. Il diabete è una grave malattia in aumento, specie nei paesi del mondo occidentale. Le medicine disponibili sono insufficienti a contrastare i danni macrovascolari della malattia e questo si traduce in un rilevante aumento del rischio di morte e di morbilità cardiovascolare. E' naturale che si guardi con speranza a nuove classi di farmaci potenzialmente foriere di benefici per controllare questa temibile malattia. Che cosa è successo ? La ditta candidata a commercailizzare il prodotto, oggetto di richiesta di approvazione da parte della FDA, ha portato gli stessi dati del lavoro qui riassunto, giungendo ad affermare che non esiste evidenza di un aumento del rischio cardiovascolare associato con l'uso del muraglitazar. Infatti i dati sono stati presentati calcolando anche la durata dell'esposizione al trattamento in termini di eventi per paziente/anno, inoltre le comparazioni sono state effettuate non tra 2 gruppi, ma tra 3, senza cumulare i gruppi placebo e pioglitazone, infine sono stati considerati anche i pazienti trattati con dosi subterapeutiche di muraglitazar, il cui utilizzo in questo contesto è discutibile. Essendo stati usati test diversi, avendo aumentato il numero delle comparazioni ed insluso anche i pazienti trattati con dosi subterapeutiche le differenze non sono emerse in modo significativo.
Inoltre i pazienti trattati con muraglitazar hanno mostrato un incremento ponderale da 2 a 4-kg, un aumento dell'incidenza di edema del 10% e 13 casi di scompenso vs 1 caso nei controlli nonostante un'accurata esclusione dei pazienti con insuffcienza cardiaca moderata o severa. Una pausa di riflessione e nuovi studi disegnati specificamente per valutare la sicurezza cardiovascolare del farmaco appaiono decisioni sagge al fine di evitare di incorrere in un bis della vicenda rofecoxib.

Commento di Renato Rossi

La fiducia è una cosa seria e si dà alle cose serie. Questo tormentone di un vecchio "Carosello" di decenni fa mi è venuto in mente leggendo la pillola sul muraglitazar, il nuovo antidiabetico orale che la FDA si è dichiarata pronta ad approvare. L'analisi degli studi pubblicata da Nissen e coll. solleva molti dubbi sulla effettiva sicurezza del farmaco.
La prima considerazione che si impone è che sempre più sarà necessario disporre di fonti di informazione serie e indipendenti che valutino, con la necessaria rigorosità scientifica, i dati disponibili e la sicurezza dei farmaci, soprattutto quelli che stanno per essere immessi in commercio o quelli di nuova introduzione sul mercato. Infatti le informazioni derivanti dalle ditte farmaceutiche potrebbero non essere del tutto imparziali e presentare i risultati sotto una luce eccessivamente favorevole. E' difficile per dei medici pratici, che non si occupano di ricerca e di statistica, stabilire se sia più corretta l'analisi dei dati presentata dallo sponsor farmaceutico oppure quella presentata su JAMA da Nissen e coll. In questo caso però non vale l'assunto "in dubio pro reo", ma esattamente il contrario: nel dubbio deve prevalere il criterio prudenziale, in attesa di ulteriori trials che chiariscano la questione. In campo medico gli interessi commerciali, legittimi e sacrosanti, dell'industria farmaceutica devono confrontarsi con un interesse più importante e prioritario, che è quello della salute pubblica e di tutti noi.
Gli enti preposti al controllo e alla regolazione del mercato dei farmaci non sono stati particolarmente brillanti in questi ultimi anni, come dimostrano i casi della cerivastatina e dei coxib. Il rischio di un deterioramento di credibilità è reale ed è un rischio che non possono correre.
La seconda considerazione è questa: anche all'industria del farmaco conviene vengano immessi sul mercato farmaci efficaci e sicuri, pena non solo la perdita di immagine e di fiducia presso il grande pubblico, ma addirittura il pericolo di subire gravi danni economici legati alle cadute sui mercati azionari e alle richieste di risarcimenti miliardari, come le recenti vicende insegnano.

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