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Pioglitazone riduce eventi nel diabete ma lo scompenso è più frequente
Inserito il 07 ottobre 2005 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il pioglitazone riduce il rischio di attacco cardiaco, stroke e morte del 16%, ma è associato ad un maggior numero di casi di scompenso.

E' stato presentato ad Atene, al 41° meeting dell'European Association for the Study of Diabetes (e successivamente pubblicato sul Lancet) lo studio PROactive (Prospective Pioglitazone Clinical Trial in Macrovascular Events).
Nello studio sono stati arruolati 5238 pazienti con diabete tipo 2 di 19 paesi europei. L'età media era di 61.8 anni, la durata media della malattia diabetica era di 9,5 e i soggetti avevano una evidenza di malattia cardiovascolare.
Si trattava quindi di diabetici particolarmente a rischio elevato. I pazienti sono stati randomizzati per 3 anni a ricevere pioglitazone o placebo. Inoltre i pazienti ricevevano la terapia standard per il diabete (più di metà assumevano metformina o una sulfanilurea e un terzo usava insulina in associazione agli antidiabetici orali). Oltre alla terapia antidiabetica i pazienti erano in trattamento ottimale con aspirina, statine, farmaci antipertensivi.
L'obiettivo dello studio era la valutazione di un end-point primario composto da sei diversi eventi (morte, infarto non fatale, sindrome coronarica acuta, interventi cardiaci, ictus, amputazione maggiore degli arti e by-pass coronarico o PCI). Questo end-point venne ridotto del 10% dal trattamento con pioglitazone ma non raggiunse la significatività statistica ( P = 0,095). Tuttavia l'analisi dell'end-point secondario principale (che era costituito dai componenti individuali dell'end-point primario) mostrava che il pioglitazone riduceva il rischio di attacco cardiaco, stroke e morte del 16%, una riduzione significativa dal punto di vista statistico ( P = 0,027).
Inoltre il pioglitazone ridusse del 50% il numero di pazienti in cui si rendeva necessario l'uso dell'insulina.
Il 6% dei pazienti trattati con pioglitazone e il 4% di quelli nel gruppo placebo vennero ricoverati per scompenso cardiaco tuttavia la percentuale di casi di scompenso cardiaco fatale non differiva tra i due gruppi.
Secondo gli autori ogni 500 pazienti diabetici tipo 2 ad alto rischio trattati per 3 anni con pioglitazione si hanno 10 eventi (ictus, attacco cardiaco o morte) in meno.

Fonte: Fonte: Lancet 2005; 366:1279-1289

Commento di Renato Rossi
I glitazoni (rosiglitazone e pioglitazone) agiscono aumentando la sensibilità dei tessuti periferici all'insulina; oltre a questo sono in grado di migliorare l'ipertensione e l'ipercolesterolemia e sembrano dotati di proprietà antinfiammatorie e vascolari. Questi effetti li hanno resi particolarmente interessanti, ma vi sono preoccupazioni circa il loro profilo di sicurezza. Possono provocare infatti, specialmente in associazione all'insulina, aumento di peso e ritenzione idrica e perciò vanno evitati nel paziente scompensato o cardiopatico sintomatico [1]. Sono state segnalate anche reazioni epatiche ed ematologiche per cui è necessario un monitoraggio frequente della funzionalità epatica e dell'emocromo durante il loro uso. Recentemente sono stati sottoposti ad esame dal NICE, l'organismo inglese che valuta rischi e benefici dei trattamenti [2], che ne consiglia l'uso solo nei casi di diabete non controllato in cui l'associazione sulfoniluree/metformina sia controindicata o non tollerata. Sempre il NICE consiglia di evitare l'uso dei glitazoni con l'insulina, anche se la FDA ha approvato il rosiglitazone in monoterapia o associato all'insulina [3].
Fino ad ora inoltre non c'erano dati a lungo termine circa la loro efficacia sugli esiti clinici e per la verità non erano molti neppure gli studi sugli altri trattamenti (vedi a tal proposito una pillola recente che si è occupata di
questo aspetto). Anzi lo studio UKPDS (circa 5000 pazienti arruolati con follow-up di 10 anni) aveva mostrato che la terapia ipoglicemizzante aggressiva riduce gli eventi microvascolari, ma ha scarso impatto su quelli macrovascolari e che l'unico farmaco in grado di ridurre la mortalià sembra essere la metformina.
Lo studio PROactive è il primo studio che ha valutato un glitazone su esiti clinici. Se si deve valutare lo studio sulla base dell'end-point primario (che è quello sul quale viene tarata la potenza del trial) si dovrebbe dire che l'esito è
stato negativo. Però esaminando gli end-point secondari risulta che il trattamento ha ridotto attacchi cardiaci, ictus e morte del 16%; l'NNT è 50: si evita uno di questi tre eventi ogni 50 pazienti trattati per 3 anni.
Queste le notizie positive. Ma vi sono anche dei dati che debbono richiamare alla cautela: il pioglitazone aumenta il rischio di scompenso cardiaco e di aumento del peso corporeo rispetto al placebo; inoltre non sappiamo per certo quale sia il profilo di rischio del farmaco quando associato all'insulina, come fa notare un editorialista commentando lo studio.
Quali sono le conclusioni, necessariamente provvisorie, che si possono trarre per il medico pratico?
La prima conclusione è che sicuramente sono necessari ulteriori studi sia per confermare questi dati che per valutare completamente il rapporto rischi/benefici e gli effetti collaterali della terapia a lungo termine.
La seconda conclusione è che nello studio erano arruolati diabetici tipo 2 particolarmente a rischio elevato, non è detto che i risultati siano automaticamente trasferibili ai diabetici meno a rischio.
Infine si può dire che per ora i glitazoni rimangono farmaci di seconda scelta che possono avere un ruolo nei pazienti a rischio elevato in cui la terapia standard non riesca a raggiungere equilibri glicemici accettabili.

Bibliografia:
1. AHA/ADA Consensus Satetement. Circulation 2003;108:2941
2. Medscape Medical News 2003 Feb 28; sito internet: www.medscape.com
3.Medscape Medical News 2003 Feb 28; sito internet: www.medscape.com

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