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Sospensione sperimentazione Ru486: Regione Piemonte va avanti
Inserito il 23 settembre 2005 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Esponenti della Giunta Regionale del Piemonte annunciano la loro intenzione di non interrompere la sperimentazione della pillola abortiva Ru486 ordinata dal ministro Storace.

Mercedes Bresso non vede la ragione di bloccare la sperimentazione della RU486. Le leggi valgono anche e soprattutto per i presidenti di Regione le ricorda il ministro. Storace giudica intollerabile la sfida della Bresso che intenderebbe andare avanti con la sperimentazione nonostante lo stop imposto dal governo. Storace, dopo aver letto la relazione degli ispettori dell'Aifa (Agenzia del farmaco) sulla sperimentazione della pillola abortiva in corso all'ospedale Sant'Anna di Torino, che metteva in evidenza irregolarità nelle procedure ed il mancato rispetto del protocollo previsto dal Consiglio superiore di Sanità, ha emesso un'ordinanza di sospensione della sperimentazione. Una decisione presa a tutela della salute della donna - aveva detto - che non ha nulla a che fare con l'etica. Io applico la 194. Tutti i trattamenti che riguardano l'interruzione di gravidanza vanno eseguiti in ambito ospedaliero. L'aborto, sia chirurgico sia farmacologico, deve svolgersi dentro le mura di un ospedale.
Ma la Bresso, che già ieri si era scagliata contro la decisione di Storace, giudicandola esclusivamente politica, rilancia. La sperimentazione per ora andrà avanti: le obiezioni degli ispettori non ci sembrano fondate. Quando riceveremo l'ordinanza esporremo le nostre ragioni e valuteremo se ci sono i termini per contestarla. L'assessore alla Sanità, Mario Valpreda, specifica che la Regione ha intenzione di appellarsi al Tribunale amministrativo. Ricorreremo al Tar contro la decisione di Storace. Sono due i punti che contesteremo. Prima di tutto l'interferenza illecita in problema di competenza regionale, poi nel merito perché non sussiste alcun pericolo per le pazienti. Storace ribatte: Un intervento che si propone di tutelare la salute delle donne viene contrastato attribuendomi altre intenzioni. Quello che è intollerabile è che il presidente di una Regione anziché porsi con spirito collaborativo per superare i nodi che mi hanno costretto ad interrompere la sperimentazione della RU486, arrivi a dire che la sperimentazione andrà avanti.

Commento di Luca Puccetti
Tutto è politica, è vero. Tuttavia quando si trascende su questi piani verrebbe voglia di non dare più conto di tali diatribe. Se la sperimentazione non è stata fatta coerentemente con il protocollo autorizzato da ISS è chiaro che la sperimentazione stessa rischia di esserne inficiata e rimane il fatto che le leggi, anche se non piacciono, debbono essere rispettate. In Italia la legge 194 stabilisce che l'interruzione di gravidanza debba avvenire in ambito ospedaliero. Tant'è, non rileva che per la metodica particolare usata si possa anche tecnicamente scegliere di lasciere alcuni fasi dell'aborto al di fuori dell'ambito ospedaliero. Una legge ha certamente una valenza ben superiore ad un'autorizzazione su una sperimentazione clinica. Qualunque protocollo non può che avvenire nell'ambito della normativa generale. E' del tutto irrilevante che potrebbero essere risparmiati soldi se alcune fasi abortive fossero svolte a casa. Esercitarsi su una situazione contra legem è un mero esercizio teorico che non può trovare nemmeno una possibilità di verifica in ambito sperimentale. Dunque prima si dovrebbe cambiare la legge 194. Rimane da valutare l'eventuale istituto della dimissione protetta e verificare se possa essere per questo caso una possibile soluzione praticabile, sia formalmente che praticamente. Quanto all'innocuità del metodo e quindi al fatto che una donna, specie se fuori dall'osservazione vigile del setting ospedaliero, non corra rischi, è assai questionabile, come ci ricorda FDA che richiama l'attenzione su un possibile legame tra uso di mifepristone e misoprostolo e gravi infezioni batteriche (1). Quattro decessi per sepsi si sono verificati negli USA in donne che avevano assunto mifepristone e misoprostolo tra il settembre 2003 ed il giugno 2005.
I batteri che hanno causato la sepsi sono stati identificati in 2 dei suddetti casi nel Clostridium sordellii. Gli altri 2 casi sono sotto analisi da parte della FDA, unitamente al Centers for Disease Control and Prevention. Tutti i casi hanno coinvolto una dose off-label di mifepristone (200 mg/os) seguito dall'applicazione intravaginale di 800 mcg di misoprostolo. I 2 casi confermati di Clostridium sordellii non presentavano gli usuali segni e sintomi di infezione.
Ciò ha comportato dei cambiamenti del foglietto illustrativo del presidio abortivo per la seconda volta in meno di un anno. Quanto all'aspetto etico è da valutare con attenzione che un'introduzione senza tracciabilità della Ru486 crei le condizioni per la privatizzazione dell'aborto con conseguente, ritorno alle conseguenze negative che avevano portato molti a turarsi il naso e votare per il mantenimento della 194 per evitare "la piaga dell'aborto clandestino", che, paradossalmente, potrebbe ripresentarsi sotto altra forma.

Fonte: il Giornale 226 del 23-09-2005 pagina 10

Bibliografia
1) Lancet 2005; 366; 344

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