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Automisurazione pressione predice meglio eventi
Inserito il 02 luglio 2005 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La pressione arteriosa automisurata a domicilio dal paziente presenta una capacità prognostica superiore rispetto a quella convenzionale misurata nell'ambulatorio medico.


Uno studio francese, condotto su 4.939 pazienti ipertesi anziani trattati farmacologicamente e seguiti per 3 anni da 1.429 medici di medicina generale, dimostra, insieme ad uno altro studio condotto in Giappone (Studio Ohasama) su larga scala, la superiorità prognostica della pressione automisurata rispetto a quella convenzionale misurata nell'ambulatorio medico. Nello studio SHEAF (Self-measurement of blood pressure at Home in the Elderly: Assessment and Follow-up) i pazienti (età media 70 [SD, 6.5] anni; 48.9% maschi) venivano sottoposti regolarmente a misurazione della pressione arteriosa da parte del medico ed a monitoraggio domiciliare della pressione. La soglia per definire non ben controllata la pressione è stata prederminata ad almeno 140/90 mm Hg per la misura in studio e 135/85 mm Hg per quella a domicilio.
Al termine dello studio che si è protratto in media per 3.2 (SD, 0.5) anni, si osservato che per ogni incremento di 10 mm Hg di pressione domiciliare sistolica il rischio di eventi cardiovascolari era aumentato del 17,2% contro il 5,8% per ogni aumento analogo di pressione sistolica misurata dal medico. Per un aumento di 5 mm Hg di pressione diastolica il rischio di eventi cardiovascolari era aumentato dell'11,7% con la misurazione domiciliare e dell'1,4% con la misurazione del medico. Inoltre l'automisurazione domiciliare ha permesso di identificare un 9% di soggetti con pressione ben controllata quando misurata dal medico, ma non a domicilio. Questi pazienti affetti da "ipertensione mascherata" avevano un'incidenza di eventi cardiovascolari superiore a quella degli altri pazienti dello studio.

Fonte:

JAMA 2004;291:1342-1349.



Commento di Luca Puccetti

Abbiamo rilanciato questo studio come tipico esempio di dato interessante che apre alla prospettiva di conseguire vantaggi in termini di stratificazione del rischio e conseguente indirizzo del trattamento. Purtroppo, come vedremo e come spesso accade in medicina, non sempre una migliore stratificazione e valutazione del rischio si traduce in effettivi vantaggi in termini di eventi. Il dato singolare di questo studio è che invece di smascherare i casi di ipertensione da camice bianco pare che evidenzi piuttosto un numero non irrilevante di soggetti che si comportano al contrario, ossia presentano valori normali in studio e non controllati a domicilio. Nel caso di valori discordanti lo studio indica che il rischio è molto maggiore se la pressione non è ben controllata alla misurazione domiciliare piuttosto che non in caso contrario. Lo studio sulla coorte di Ohasama (1), in Giappone è stato disegnato per validare le suddivisioni delle categorie di rischio individuate dalla classificazione (2) del Joint National Committee 7 (JNC-7) usando l'automisurazione vs la misura rilevata casualmente in studio dal medico. L'end point era l'incidenza di ictus. Sono stati valutati 1702 soggetti di età maggiore di 40 anni monitorati per ben 11 anni. I risultati dimostrano che i criteri JNC-7 sono più predittivi usando l'automisurazione piuttosto che la misura convenzionale effettuata a random. Uno studio (3) prospettico randomizzato per valutare l'efficacia dell'automisurazione per indirizzare la terapia antipertensiva è il THOP (Treatment of Hypertension Based on Home or Office Blood Pressure). Gli end points erano surrogati e non primari e dunque anche tale studio ha i suoi limiti. I risultati del THOP sono che i pazienti la cui terapia antipertensiva era guidata dall'automisurazione della pressione ricevevano meno farmaci, ma avevano anche un minor controllo pressorio ed una massa del ventricolo sinistro maggiore. Nel THOP si sono evidenziate le ipertensioni da camice bianco ed in questo la misurazione a domicilio è risultata utile. Un ulteriore studio (4), il PAMELA (Pressioni Arteriose Monitorate e Loro Associazioni), è stato realizzato a Monza monitorando 2051 soggetti di età compresa tra 25 e 74 anni, rappresentativi della popolazione generale. I pazienti sono stati sottoposti alla misura della pressione arteriosa convenzionale, dell'Holter pressorio e sono stati istruiti ad automisurarsi la pressione. Il follow-up è stato di 113 mesi. Tutte e tre le misure mostravano una relazione significativa diretta sia con la mortalità cardiovascolare che con quella globale. La relazione era migliore per la sistolica e per la pressione notturna. Nessuna delle tre misure è risultata statisticamente superiore in termini di predittività degli eventi rispetto alle altre, tuttavia l'aggiunta dell'automisurazione e della pressione notturna migliora, ma di poco, la capacità predittiva della pressione misurata in modo convenzionale.


Bibliografia

1) Stroke. 2004;35:2356
2) Hypertension. 2003;42(6):1206-52
3) JAMA. 2004;291:955-964
4) Circulation. 2005;111:1777-1783




Commento di Renato Rossi

Lo studio recensito in questa pillola mostra che la misurazione ambulatoriale non riesce a identificare sia una quota (13%) di coloro che hanno una buona prognosi (pressione alta dal medico e normale a domicilio) sia una parte di quelli (9%) che hanno una prognosi peggiore (pressione normale dal medico, ma elevata a domicilio). Questo doppio errore può portare il medico a cambiamenti inutili della terapia, oltre che a valutazioni prognostiche sbagliate. Secondo gli autori si dovrebbe far più affidamento sui dati dell'automisurazione domiciliare sia nella gestione della terapia, che nella valutazione della prognosi. Recentemente l'American Heart Association ha aggiornato le sue raccomandazioni sulla misurazione della pressione, enfatizzando il ruolo del paziente e l'automisurazione domiciliare [1]. Studi prospettici indicano che il monitoraggio ambulatoriale della pressione (ABPM = ambulatory blood pressure monitoring) è un indicatore migliore di esiti e di risposta al trattamento che le misurazioni effettuate dal medico ed è predittivo della severità della malattia ipertensiva [5]. Lo studio PAMELA [6] evidenzia però che non vi sono sostanziali differenze nella capacità predittiva di esito dei vari metodi di misurazione della pressione. Ma vi sono anche degli studi, per la verità con casistica meno numerosa e su end-point surrogati, che sono in controtendenza. Per esempio in uno studio [2] effettuato in tre general practices inglesi sono stati reclutati 200 pazienti con nuova diagnosi di ipertensione oppure ipertesi noti in trattamento, ma con un cattivo controllo dei valori pressori. Le letture effettuate dai medici erano piu' elevate di quelle riscontrate con l'ABPM (differenza 18.9 mmHg, IC 16.1-21.7), come lo erano misurazioni recenti effettuate in clinica (differenza 19.9 mmHg, IC 17.6-22.1). Ciò si verificò non solo per i pazienti di nuova diagnosi, ma anche per i pazienti già in trattamento. Vennero valutati anche altri metodi di misurazione della pressione: misurazioni ripetute da parte di personale infermieristico, ripetute automisurazioni, misurazioni a domicilio. Le letture della pressione sistolica effettuate dai medici ed in clinica erano quelle che meno si avvicinavano ai valori riscontrati con l' ABPM e non erano specifiche nel predire un cattivo controllo pressorio. Anche un altro piccolo studio su 133 pazienti evidenzia che paragonato alla misurazione da parte del medico l'automonitoraggio della pressione ha una riproducibilità superiore e può essere più utile nel valutare l'efficacia della terapia [3]. Ma vi sono altri dati recenti a favore della misurazione domiciliare della pressione da parte dei pazienti. Per esempio una meta-analisi di 18 RCT ha dimostrato che i pazienti che si autocontrollano la pressione a domicilio raggiungono più spesso i target pressori consigliati dalle linee guida rispetto a coloro che si accontentano di misurare la pressione solo dal medico [4]. Quali conclusioni trarre? L'ABPM non è sempre disponibile (costi elevati, tempi di attesa, mancanza di personale addestrato) ed inoltre è impensabile sottoporre tutti gli ipertesi a tale valutazione. E' quindi utile affidarsi a ripetute misurazioni da parte di personale infermieristico e/o da parte del paziente stesso a domicilio. Questo potrebbe portare ad una riduzione di diagnosi improprie di ipertensione (e dei conseguenti trattamenti non necessari) oppure di cambiamenti inopportuni della terapia e nello stesso tempo potrebbe aiutare ad individuare quei pazienti che mostrano valori poco controllati con l'automisurazione, ma che il medico non riesce a scoprire perchè trova sempre valori normali.


Bibliografia

1. Hypertension. 2005 Feb;45:2-21
2. BMJ 2002 Aug 3; 325: 254-257
3. Am J Hypertens 2002; 15: 101-104
4.BMJ 2004 Jul 17; 329:145
5. Hypertension 2002;40: 817-822.
6. Circulation. 2005;111:1777-1783



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