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Richieste pazienti condizionano prescrizioni
Inserito il 21 maggio 2005 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Le richieste dei pazienti possono influenzare sensibilmente l'operato del medico.

E' stato condotto un trial randomizzato per valutare se richieste precise dei pazienti, dovute all’influenza della pubblicità diretta dei farmaci, possano influenzare le decisioni terapeutiche dei medici. Attrici professioniste sono state invitate a recitare, presso gli studi di 152 medici di Sacramento, San Francisco e Rochester, la parte di pazienti che soffrivano di depressione maggiore o di un disturbo dell’umore e a porre in atto tre comportamenti diversi. Un primo gruppo, dicendo di aver sentito in TV la pubblicità di un farmaco branded a base di paroxetina, (abbondantemente pubblicizzato) chiedeva che fosse prescritto tale farmaco; un secondo diceva di aver assistito ad un programma televisivo in cui si parlava del trattamento della depressione e chiedeva se un farmaco avrebbe potuto aiutarle; un terzo gruppo non avanzava alcuna richiesta. Il tasso di prescrizione di farmaci era altissimo nel gruppo in cui era stata richiesta dal paziente una prescrizione in generale (prescrizione nel 76% dei casi), intermedio se l’assistita richiedeva specificamente un farmaco pubblicizzato (53%); e molto basso nel gruppo che non avanzava richieste (la prescrizione crollava al 10% dei casi). Nei pazienti che simulavano una depressione maggiore, i tassi di prescrizione di antidepressivi sono risultati 53%, 76% e 31% rispettivamente per il gruppo richiedente un farmaco specifico, un farmaco in generale, e nessuna richiesta (P<.001) mentre in quelle che mimavano un disturbo minore le analoghe percentuali erano 55%, 39%, e 10% (P<.001). Le richieste dei pazienti possono dunque condizionare pesantemente i comportamenti prescrittivi dei medici.

Fonte: JAMA. 2005;293:1995-2002

Commento di Luca Pucccetti
Lo studio ha certamente caratteristiche peculiari in quanto è stato realizzato in un paese in cui è consentita la pubblicità diretta ai pazienti. Anzi si spendono ingentissime risorse per lanciare messaggi pubblicitari diretti. In occasione della vicenda dei coxib alcuni commentatori si sono scagliati contro questa pratica accusandola di aver contribuito ad aumentare le prescrizioni di coxib e dunque ad aumentare i presunti eventi avversi. Qualche tempo fa il tema era stato posto anche nella UE. La decisione comunitaria è stata poi di mantenere all'interno della UE il divieto di fare pubblicità diretta per i farmaci non da banco. Nel setting italiano può essere interessante esaminare il comportamento del gruppo che aveva asserito di aver sentito trasmissioni sulla malattia. In tal caso è verosimile che le percentuali italiane non sarebbero state dissimili da quelle americane. A tutti è nota l'influenza nefasta delle trasmissioni televisive di pseudoinformazione al pubblico, spesso cavallo di troia per altre finalità molto meno elevate. Colpisce la percentuale alta di accondiscendenza dei medici nei confronti delle richieste delle pazienti e la bravura dei preparatori delle attrici. Stupisce che gli sperimentatori e le attrici siano stati capaci di mimare così bene la facies tipica del depresso maggiore tanto da ingannare molti medici. Stupisce anche la facilità con cui i medici abbiano prescritto farmaci a nuove pazienti, sarebbe interessante sapere che tipo di anamnesi abbiano rilevato e se la preparazione delle attrici sia stata così meticolosa da prevedere tutti i possibili dettagli di un vissuto di una depressa. La prassi dei medici di prescrivere qualcosa, magari anche per prendere tempo e per non perdere il contatto con la paziente è certamente assai diffusa, ma la prescrizione di antidepressivi non può essere considerata come quella dei ricostituenti. In Italia uno studio del genere porterebbe sicuramente ad una serie di denunce penali ed ad uno strascico infinito di polemiche.

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