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Raloxifene riduce il rischio di cancro mammario invasivo
Inserito il 08 dicembre 2004 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Otto anni di trattamento con ralossifene hanno ridotto l'incidenza di tumori mammari invasivi del 66%, ma il rischio trombotico è raddoppiato.

Nello studio MORE (Multiple Outcomes of Raloxifene Evaluation) il raloxifene, somministrato per 4 anni a donne in menopausa affette da osteoporosi, ha dimostrato di ridurre il rischio fratturativo vertebrale, ma non femorale (Ettinger B et al. JAMA 1999 Aug 8; 282:637-645). Inoltre un'analisi dello studio suggerisce che il farmaco possa avere, a fronte di un aumento del rischio trombotico, un effetto protettivo sullo sviluppo del cancro mammario (Cummings SR et al. JAMA 1999 Jun 16; 281:2189-2197). Oltre 5.000 donne che avevano partecipato allo studio MORE hanno continuato l'assunzione di
raloxifene o placebo per altri 4 anni (studio CORE = Continuing Outcomes Relevant to Evista). Mentre nel MORE la dose di raloxifene era di 60 oppure di 120 mg/die, nel CORE la dose è stata di 60 mg. Alla fine dei 4 anni di follow-up il gruppo di donne che assumeva raloxifene mostrava una riduzione del 59% di tumori mammari invasivi. La riduzione era evidente per i tumori positivi per i recettori estrogenici (riduzione del 66%) ma non per quelli negativi per tali recettori. Considerando insieme gli 8 anni di trattamento (MORE + CORE) la riduzione del rischio è stata del 66% considerando i tumori totali e del 76% consideramdo solo quelli positivi per i recettori degli estrogeni.


Fonte: J Natl Cancer Inst 2004;96:1751-1761.


Commento
Stando ai risultati dei due studi si può dire che il raloxifene è una buona scelta nelle donne con osteoporosi post-menopausale che si ritiene essere a rischio aumentato di sviluppare un cancro della mammella (per esempio per forte familiarità). Bisogna però bilanciare gli effetti benefici della terapia (riduzione delle fratture vertebrali e del rischio neoplastico mammario) con gli eventi avversi: considerando gli 8 anni di trattamento il rischio di tromboembolismo è praticamente raddoppiato nelle donne in trattamento attivo rispetto ai controlli. Il raloxifene va quindi evitato nelle pazienti con pregresso oppure a rischio di evento tromboembolico. Solo studi futuri potranno inoltre stabilire se il farmaco potrà avere un ruolo nella prevenzione primaria del cancro mammario. Nel 2006 dovrebbero essere disponibili i risultati dello studio STAR in cui vengono paragonati tamoxifene e raloxifene nella prevenzione di quest neoplasia.

Renato Rossi

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